Per tentare di dipingere un ritratto della città che sta vivendo un momento decisamente positivo dopo il grande cimento dell’Expo, Zanichelli si affida, oltre che alle immagini, alle voci e ai visi (ripresi con una vicinanza che sembra quasi cercare un’identificazione tra i volti delle persone e quelli possibili di Milano) di quattro testimoni: sono quattro voci “colte” e creative – Giorgio Fontana scrittore, Gianni Mura giornalista, Maia Sambonet artista visuale, Marina Spada regista – che raccontano la città da diverse distanze anagrafiche, determinanti nello stabilire il tenore dei giudizi sulla Milano di oggi: dalla visione nostalgica di Mura, insofferente verso la Milano di oggi “che scambia la frenesia per efficienza” a quella pragmatica della Spada, a quelle più positive, anche se in vario grado problematiche, dei “giovani” Fontana e Sambonet.
Dall’altra parte, Zanichelli, con una troupe minimale e uno scooter per gli spostamenti, esplora per immagini la città muovendosi lungo diversi assi; oltre a quello “anagrafico” di cui si è detto, e a quello storico, che accosta le vestigie romane e romaniche alle costruzioni futuribili della nuova Isola o di CityLife, la perlustrazione spaziale avviene sia in orizzontale (spostandosi verso le varie zone, dal Naviglio Martesana al centro, dalla Bicocca alla Darsena) che in senso verticale, dal sottosuolo della metropolitana alle numerose panoramiche dall’alto, con la sorpresa (per chi non conosce bene la città) delle montagne all’orizzonte. La stessa camera si fa di volta in volta affascinare da movimenti orizzontali, seguendo il traffico o il flusso dei pedoni, che verticali, dal basso verso i nuovi palazzi o le guglie del Duomo, o viceversa, dalla sommità dei grattacieli verso la città all’intorno ai loro piedi.
Quello che emerge è un ritratto molto articolato e sfaccettato, certamente molto più interessante da quello fornito da altri film documentari anche recenti, e con firme a vario titolo illustri, che dà conto di una città certamente ricca di contraddizioni, al primo impatto non facile da vivere e da apprezzare, ma affascinante, viva e vitale.
Zanichelli regala d’altra parte a Milano quello che sembra un atto d’amore: la città che dipinge è sempre solare, limpida, benedetta nella maggior parte delle immagini da un cielo azzurro e limpido, che rievoca (anche nelle parole della Spada) quel manzoniano “cielo di Lombardia, così bello quand’è bello”. Pur essendo stato girato nell’arco di due anni, l’autore sembra infatti aver cancellato le brutte stagioni, i cieli grigi, le nuvole, le nebbie e le foschie, la pioggia o la neve, che pure fanno parte costituente dell’immaginario della città. Sembra quasi che, innamorato della qualità tecnica ed estetica delle immagini (in 4K, riprese con videocamera e telefonino ad alta definizione), Zanichelli abbia rimosso, dalle immagini e dall’inconscio del film, tutto quello che (agenti atmosferici, buio notturno) avrebbe potuto attenuare od offuscare lo splendore di un’immagine nitida, cristallina, luminosa.
Molto curato anche il sound design del film, che alterna alle voci dei testimoni le musiche, i rumori del traffico, il rombo di sottofondo delle grandi città, i silenzi, riuscendo a restituire, oltre che il volto, anche il respiro acustico-sonoro di Milano.
Per chi non volesse perdersi Il volto di Milano, una data sicura è il 6 febbraio: il film (dalla durata di 55 minuti) verrà proiettato alle ore 20 al Cinema Rondinella di Sesto San Giovanni, prima del film Sully di Clint Eastwood, programmato per le ore 21.15.