No alla scuola-impresa, venerdì studenti in piazza in 80 città
da il Manifesto. Roberto Ciccarelli, ROMA, 6.10.2014
La protesta. Il 10 ottobre in decine di migliaia in corteo contro il “patto educativo” del governo Renzi. Al centro delle polemiche: il sistema dalla valutazione e della punizione, la tentazione a mettere tutti in concorrenza, l’ingresso della finanza e dei privati nelle aule. Una generazione denuncia i rischi di un progetto sul quale continua la consultazione online
Venerdì 10 ottobre decine di migliaia di studenti medi manifesteranno nelle strade di almeno 80 città italiane contro la riforma della scuola e la legge delega sul Jobs Act proposti dal governo Renzi. Insieme a loro ci saranno i Cobas, che hanno dichiarato lo sciopero generale, i docenti precari, la Flc-Cgil. In rete la controffensiva degli studenti contro la scuola modello «Valutare e punire» proposta nele 136 pagine de «La buona scuola» dal presidente del Consiglio Renzi e dal ministro dell’Istruzione Giannini è iniziata da un paio di settimane. Prosegue a colpi di hashtag su twitter: #entrainscena e #10O sono quelli lanciati dall’Unione degli Studenti. «La grande bellezza siamo noi» rilancia la Rete degli Studenti. Mentre la rete «StudAut» ha iniziato a manifestare già il 3 ottobre scorso, sarà in piazza venerdì e tornerà a manifestare il 16 ottobre, prima giornata di sciopero sociale promossa da studenti medi e universitari, occupanti di case, facchini, precari, giovani.
In attesa delle prevedibili occupazioni, l’agenda prevede un altro appuntamento: venerdì 14 novembre, una giornata di «sciopero sociale» promossa da studenti, movimenti sociali e precari insieme ai sindacati di base. Quel giorno l’Usb ha annunciato 4 ore di sciopero, mentre farà uno sciopero generale venerdì 24 ottobre.
La consultazione pubblica sulla «buona scuola» sta entrando nel vivo. Per il momento è online all’indirizzo labuonascuola.gov.it. Sono previsti 150 dibattiti entro metà novembre ma ad oggi i numeri sono deludenti. Molti esponenti dell’esecutivo avevano auspicato una partecipazione travolgente di milioni di persone. Dai primi dati disponibili, a tre settimane dall’inizio della consultazione, risultano invece solo 23 mila risposte al questionario in rete. «Le opinioni — sostengono gli studenti dell’Uds — possono essere orientate se non anche manipolate, in ogni caso non è difficile renderle funzionali alla costruzione del consenso. Quello in corso è un esperimento di democrazia plebiscitaria. Il Governo vuole evitare il conflitto e i due mesi di “grande dibattito diffuso” sulla scuola servono a confondere le acque, visto che in questo arco di tempo l’intenzione è portare a casa il JobsAct, la riforma del mercato del lavoro più precarizzante e deleteria di sempre, in questo caso, se necessario, anche evitando la discussione parlamentare».
A tenere banco è l’approfondita analisi de «La Buona scuola». In queste settimane gli studenti hanno pubblicato materiali molto interessanti e raffinati sui loro siti, mentre continuano a discutere con competenza sulle radio di movimento. «Si tagliano i fondi ad università e ricerca per fare il gioco delle tre carte e non sbloccare risorse pubbliche, intanto si punta tutto su quelle private» sostengono gli studenti dell’Uds in un testo intitolato programmaticamente «My name is Bond, Social Impact Bond». L’oggetto della loro denuncia è la finanziarizzazione dell’istruzione attraverso l’uso degli strumenti presi dalla «finanza sociale». Il modello è quello Usa o inglese in cui l’impresa finanzia progetti e viene ricompensata con lo «School Bonus». Tra incentivi agli investimenti delle aziende e liberalizzazione dei contributi volontari delle famiglie, emerge il «Social Impact Bond» (Sib) definito anche «Pay for Success Bond» (Psb). A differenza delle obbligazioni finanziarie (bond) tradizionali, in questo caso il tasso d’interesse non è fisso ma vincolato al raggiungimento di un obiettivo sociale, come la riduzione della dispersione scolastica o l’innalzamento del livello di competenze in una data area disciplinare. Per il governo questa «finanza sociale», insieme ai soggetti che beneficeranno della riforma del Terzo settore, permetterà alla scuola di attirare fondi che lo Stato non può più erogare. Gli studenti, che appartengono ad una generazione nata nella crisi e ormai sensibilizzata dai rischi mortali che la finanza comporta sulla vita e la sua riproduzione, hanno lanciato l’allarme rosso: «Nel mezzo di una crisi economica causata proprio da una finanza sfrenata e senza vincoli — scrivono — il governo Renzi discute non su come porre regole e limiti alle speculazioni finanziarie, o su come redistribuire le ricchezze, ma su come convincere l’1% di speculatori e alta finanza a investire sul sociale».
La battaglia dell’autunno studentesco sarà contro la finanziarizzazione dei beni comuni e la precarizzazione dei diritti delle persone.
fonte: http://ilmanifesto.info/no-alla-scuola-impresa-venerdi-studenti-in-piazza-in-80-citta/