VENDERE LE CASE POPOLARI?

Oscar Giannino, prima di autoaffondarsi con i falsi master universitari, ha cercato di movimentare la campagna elettorale proponendo la vendita di tutti gli alloggi pubblici. Una proposta intelligente? Fattibile? Utile all’Italia? Tentiamo di fornire una risposta postando l’articolo scritto su questo tema dal nostro redattore Angelo Gerosa per il Giornale dell’Architettura del maggio 2011 sapendo che nei quasi 2 anni trascorsi dalla pubblicazione ad oggi la crisi ha ulteriormente peggiorato la situazione in termini di aumento della domanda di case popolari.
Alienare per riedificare: una formula in crisi. In diversi Consigli Regionali si discute di alienare parte del patrimonio di edilizia residenziale pubblica (ERP).
Osserviamo questa discussione con attenzione in quanto il raggio d’azione della nostra associazione (Associazione Aree Urbane Dismesse) si è ampliato dai terreni abbandonati dall’industria all’insieme delle aree dismesse, lambendo così il tema della rigenerazione delle periferie a rischio di fatiscenza. Luoghi spesso caratterizzati dalla presenza dell’ERP che, provocatoriamente, denominammo “città da rottamare” nel convegno organizzato alla Facoltà di Architettura di Roma nel 2006. Dell’alienazione di questo patrimonio si discute da decenni.
“Alienare il vecchio ERP per riedificarne di nuovo” è uno slogan dall’approccio pragmatico che pare esaudire ogni desiderio: il sogno degli assegnatari di divenire proprietari; il bisogno delle famiglie in attesa di una casa popolare; l’ambizione degli amministratori locali a corto di quattrini per edificare; la voglia dell’opinione pubblica di liberarsi di ciò che considera un fardello per la finanza pubblica.
Uno scenario credibile?
Per rispondere occorre capire cosa avvenne nel 1993 quando, contestualmente all’abrogazione della trattenuta Gescal sugli stipendi, la Legge 560 obbligò a vendere una parte consistente del patrimonio ERP.
Contestualità non casuale: l’obiettivo era sostituire il contributo Gescal con gli incassi delle vendite.
Si stima che si vendette circa 200.000 alloggi ma si riedificò poco e l’ERP in Italia scese a circa il 4%, e cioè a meno di un terzo di quanto presente nei più importanti paesi europei.
Una depauperazione anche in termini qualitativi in quanto si alienò sopratutto la parte migliore ed acquistò la fetta più benestante degli assegnatari (si stimò che il canone medio, correlato al reddito, diminuì a circa 80 €/mese).
Esauriti gli incassi delle alienazioni ci si trovò nell’impossibilità di rispondere all’imponente fabbisogno manutentivo del patrimonio abitativo rimasto.
Parcellizzazione della proprietà e comparsa dei condomini misti pubblici/privati complicarono il recupero delle periferie.
Nei caseggiati misti ci si scontrò con l’impossibilità di utilizzare i contributi pubblici a favore degli alloggi privati, parti comuni e pertinenze comprese, e le più importanti azioni di recupero si realizzarono nei rioni popolari storici che, saggiamente, molti comuni e IACP esclusero dall’alienazione.
Oggi cosa è cambiato rispetto agli anni novanta?
Per scoprirlo è utile osservare l’esperienza lombarda dove l’alienazione è ripresa da oltre tre anni e la Legge Regionale disciplina la vendita all’asta degli alloggi sfitti ad un prezzo base stimato dall’Agenzia del Demanio e la vendita agli assegnatari degli alloggi occupati con uno sconto pari al 36%. rispetto a tale prezzo.
Il piano vendita realizzato da Aler Milano, la maggiore Azienda per la casa d’Italia, evidenzia una inferiore propensione all’acquisto da parte degli assegnatari ed una minore opportunità di nuova edificazione di edilizia sociale.
Molte aste sono andate deserte, meno di un terzo degli 11.000 assegnatari a cui è stato offerto l’alloggio ha accettato l’acquisto e le vendite sono state dilazionate in quanto non si prospettano opportunità di riedificazione tali da renderne urgente l’incasso.
Alienare per edificare è diventato più arduo.
Le cause? La crisi economica, l’esaurimento dei Piani di Zona elaborati dai comuni ai sensi della spesso dimenticata Legge 167/62 ed il sempre più complicato iter di esproprio dei terreni.Un quadro che porta a dubitare della possibilità di raggiungere l’obiettivo della rigenerazione delle periferie mediante l’alienazione del patrimonio ERP. Obiettivo che oltralpe spesso viene raggiunto chiedendo all’edilizia pubblica di garantire un offerta di alloggi in affitto adeguata in termini qualitativi e quantitativi e non di fare assistenza sociale. Ma su questo argomento l’Europa è ancora lontana.
Angelo Gerosa (Direttivo Associazione Aree Urbane Dismesse – Audis)