Vanessa e Greta liberate

Greta Ramelli e Vanessa Marzullo © Reuters

Greta Ramelli e Vanessa Marzullo © Reuters

—  Chiara Cruciati, 15.1.2015

Siria. La conferma del governo nel tardo pomeriggio: «Torneranno presto in Italia». Media arabi parlano di un riscatto di 12 milioni di dollari. Per i gruppi qaedisti la presa di ostaggi serve a fare cassa e rafforzare la propaganda.

Comin­ciata con un tweet e finita con un tweet. Dopo il tam tam sui social net­work par­tito alle 17.40 di ieri e lan­ciato da un account vicino al gruppo qae­di­sta Fronte al-Nusra, nel tardo pome­rig­gio è arri­vata la con­ferma di Palazzo Chigi, di nuovo su Twit­ter: «Greta Ramelli e Vanessa Mar­zullo sono libere, tor­ne­ranno pre­sto in Ita­lia». Saranno di ritorno que­sta mat­tina: faranno scalo a Ciam­pino, accolte dal mini­stro degli Esteri Gen­ti­loni. A breve saranno sen­tite dalla Pro­cura di Roma.

Si con­clu­dono così 5 mesi di pri­gio­nia per le due gio­vani coo­pe­ranti lom­barde, rapite in Siria lo scorso 31 luglio. A dare per prime la noti­zia del rila­scio sono state fonti vicine ai ribelli. Vanessa e Greta si tro­ve­reb­bero ora in Tur­chia, pronte al rim­pa­trio, secondo dichia­ra­zioni della coo­pe­ra­zione ita­liana in Siria e di atti­vi­sti anti-Assad.

Quel con­fine, tra Tur­chia e Siria, era quello che ave­vano attra­ver­sato la scorsa estate, ille­gal­mente viste le dif­fi­coltà ad entrare in un paese in piena guerra civile. Dopo pre­ce­denti espe­rienze all’estero, erano arri­vate alla fine di luglio per por­tare aiuti uma­ni­tari con l’ong Hor­ryaty. Pochi giorni dopo erano scom­parse da Abi­zmu, loca­lità vicino Aleppo, da tempo divisa a metà: una parte sotto il con­trollo di Dama­sco, un’altra occu­pata dall’Esercito Libero Siriano e da sac­che di isla­mi­sti appar­te­nenti al gruppo qae­di­sta di al-Nusra. A rapirle, si era detto in un primo momento, una banda di cri­mi­nali comuni che le avrebbe poi cedute al Fronte al-Nusra, lega­tosi da qual­che mese allo Stato Isla­mico da un patto di non belligeranza.

Di loro non si erano avute più noti­zie, fino al 31 dicem­bre: in un video di 23 secondi Vanessa e Greta, vestite di nero e a capo coperto, ave­vano fatto appello al governo ita­liano, “accu­san­dolo” – com’è ovvio, su spinta dei rapi­tori – di essere respon­sa­bile della loro sorte. Una voce a cui si era aggiunta quella di uno dei lea­der di al-Nusra, Abu Fadel, che aveva riven­di­cato il rapi­mento per­ché Roma «sostiene tutti gli attac­chi con­tro di noi in Siria».

Ieri noti­zie sono giunte anche su padre Paolo Dall’Oglio, reli­gioso ita­liano rapito il 29 luglio 2013 in Siria, dove da anni svol­geva atti­vità di soste­gno alla popo­la­zione. Secondo fonti vicine ad al-Nusra (le stesse che hanno dato la noti­zia del rila­scio di Greta e Vanessa), padre Dall’Oglio «è vivo, dete­nuto in una pri­gione di Raqqa», “capi­tale” del califfato.

Più che di un con­fronto poli­tico con l’Occidente, la stra­te­gia della presa di ostaggi ha un signi­fi­cato molto più con­creto: il bot­tino, il riscatto, denaro indi­spen­sa­bile alla stra­te­gia dei gruppi estre­mi­sti che ope­rano nella regione. Se i ser­vizi segreti ita­liani non hanno mai voluto rila­sciare dichia­ra­zioni, trin­ce­ran­dosi fin da subito die­tro un secco “no com­ment”, i movi­menti die­tro le quinte sono stati con­ti­nui. Nes­suno ieri par­lava di riscatto. E di prove certe non è dato sapere, sep­pure ieri alcuni media arabi – tra cui la tv satel­li­tare Al Aan di Dubai – abbiano avan­zato l’ipotesi di un paga­mento ad al-Nusra di 12 milioni di dollari.

Nei mesi pas­sati, più di un mili­ziano jiha­di­sta ha rac­con­tato alla stampa della mag­giore “arren­de­vo­lezza” di alcuni governi occi­den­tali nel ver­sare un riscatto per avere indie­tro pro­pri cit­ta­dini. L’Italia è uno di que­sti, una poli­tica avver­sata dagli Stati uniti (sep­pur la stessa ammi­ni­stra­zione Washing­ton ne abbia fatto uso in pas­sato per veder tor­nare in patria pro­pri con­cit­ta­dini). E quando ciò non accade le ope­ra­zioni mili­tari e di intel­li­gence per libe­rare occi­den­tali nelle mani di gruppi ter­ro­ri­stici si è più di una volta con­clusa con bagni di san­gue, come acca­duto a dicem­bre in Yemen con la morte di Luke Somers e Pierre Korbie.

Le casse di gruppi come al-Nusra e Isis si sono ingros­sate a dismi­sura gra­zie ai riscatti pagati dopo la presa di ostaggi, usato per sti­pen­diare i mili­ziani arruo­lati nelle pro­prie file. Die­tro, un con­si­stente tor­na­conto eco­no­mico oltre che di imma­gine: ai gruppi jiha­di­sti tra Siria e Iraq inte­ressa poco di fare pres­sioni sui governi della coa­li­zione, che ad oggi non è riu­scita a met­tere in piedi una seria stra­te­gia anti-Isis. Inte­res­sano molto di più denaro e pro­pa­ganda: non sono pochi i nuovi adepti atti­rati tra le file del calif­fato e dei suoi gruppi satel­lite dalla forza del mes­sag­gio inviato con i rapi­menti di occi­den­tali e dai salari ver­sati con quel denaro.

In un tale con­te­sto la testar­dag­gine con cui Washing­ton chiude la porta in fac­cia al pre­si­dente Assad appare sem­pre di più con­tro­pro­du­cente: il con­fine dei ter­ri­tori occu­pati da Isis e al-Nusra si allarga, il calif­fato è a soli 35 km da Aleppo e la sola forza fre­nante è ad oggi l’esercito di Dama­sco. L’unico che punta ancora sulla solu­zione nego­ziale è l’inviato dell’Onu, Staf­fan de Mistura, che ieri ha annun­ciato il via a 10 giorni di tre­gua tra eser­cito gover­na­tivo e ribelli nella città di Homs, per por­tare aiuti uma­ni­tari e cibo ad una popo­la­zione allo stremo.

fonte: il Manifesto
http://ilmanifesto.info/vanessa-e-greta-liberate/