Usura, operai e famiglie nella rete degli strozzini

Non c’è solo l’Italia dei «forconi» a raccontare un paese in cui il disagio finisce per spingere a gesti estremi. C’è anche un’altra Italia, molto più silenziosa, che restituisce la misura esatta della vulnerabilità.

È l’Italia di Antonio, imprenditore edile, stretto tra i lavori che non gli vengono pagati e i fornitori che gli stanno alle costole. Un finto benefattore gli presta i soldi e in poco tempo finisce strozzato dai debiti. È l’Italia dei Giulio e Alice, venditori ambulanti, assediati da Equitalia e dalle finanziario. O di Giacomo, autotrasportatore, proprio come lo zoccolo duro della protesta dilagata nelle ultime settimane: il figlio tossicodipendente per far fronte ai debiti lo costringe a consegnare l’azienda a una banda di estorsori.

Da anni, gli sportelli antiusura della Capitale, nell’ombra, raccolgono voci e grida dal disagio di piccoli imprenditori, commercianti e non solo. Negli ultimi cinque anni, le persone finite nella spirale dei prestiti usurai sono più che raddoppiate. E c’è una regola in questa escalation che fa paura. Fino a cinque anni fa, le vittime erano commercianti, artigiani, piccoli imprenditori. Adesso, invece, ad essere strozzati dai debiti sono anche – anzi, soprattutto – i lavoratori dipendenti.