SIMONA MAGGIORELLI9 LUGLIO 2020CULTURADIRITTIOPINIONIPOLITICASOCIETÀ
Lodate e ringraziate durante il lockdown. E poi scaricate dalla politica. Le donne, le più colpite dalla crisi economica, fanno rete per ripensare insieme una società più inclusiva e democratica. Dove l’identità femminile sia finalmente riconosciuta
Le donne, insieme ai giovani, sono le più colpite dalla crisi economica seguita alla pandemia da Covid-19. Moltissime hanno perso il lavoro perché impiegate nei servizi, nel turismo, e nei settori economici che più hanno risentito del lockdown. Ma non solo per questo. Chi invece durante la quarantena non ha mai smesso di lavorare, insieme allo smart work ha dovuto pulire casa e aiutare i figli con le lezioni online. In questi lunghi mesi, sui media – specie in tv – è stato tutto uno sperticarsi per lodare la capacità delle donne di essere multitasking, di sapersi occupare di tutto contemporaneamente, come se fosse una innata dote femminile e non un’immane fatica dettata dalla necessità; come se “la cultura della cura” fosse un fatto di natura, biologico, quasi un istinto e dunque destino naturale per le donne. Quasi che sensibilità, affetti, capacità di comprendere le esigenze degli altri, fossero estranee al maschile. Del resto la storia insegna. Per millenni le donne sono state negate e annullate. Con il predominio della razionalità maschile e delle religioni monoteiste sono state considerate solo in quanto mogli e madri. La pandemia non ha fatto che acuire e portare al pettine antichi nodi ancora in parte irrisolti insieme a vecchie disparità. Riportando drammaticamente alla luce anche la questione della violenza di genere fra le mura di casa che ha conosciuto un forte incremento. Rispetto a tutto questo è mancata una risposta politica e culturale. Invece di pensare a come affrontare questa drammatica situazione, invece di pensare a come poter creare lavoro c’è chi, come il leghista Salvini si preoccupa delle culle vuote. Il capitano (armato di rosario che cita la Thatcher) profetizza un Paese senza futuro perché le italiane non fanno più figli mettendo così a rischio la stirpe. Ma se le destre vorrebbero riportare le donne sotto il giogo di “Dio, patria e famiglia” il centrosinistra non brilla nel sostenere le scelte delle donne. I provvedimenti del governo, a questo riguardo, si fermano a una visione cattolica e assistenzialista. Dal Family act al fiume di soldi regalati alle paritarie, purtroppo, siamo ancora lì. Quanti più figli fai, più soldi riceverai dallo Stato, assicura la cattolicissima ministra Elena Bonetti di Italia Viva. Lo avevamo denunciato ai tempi del governo Renzi che varò il “dipartimento mamme”, lo abbiamo gridato ai tempi del governo giallonero e dell’oscurantista Congresso di Verona a cui aderì l’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini. E pesa ancor più doverlo ripetere ora che abbiamo un governo di centrosinistra, sulla carta, democratico e progressista. Ma a ben vedere la questione va anche molto al di là del governo. Il punto è che, incapace di liberarsi del retaggio cattolico, nemmeno la sinistra ha ancora fatto quel salto culturale necessario per riconoscere pienamente (al di là del riconoscimento formale di diritti civili) l’identità umana della donna. Considerando la donna solo come moglie e madre, finisce per negarne la vitalità, la creatività, le capacità professionali, finisce per non valorizzare quell’intelligenza emotiva, fatta anche di sensibilità, di intuito, che permette di avere una marcia in più. Le donne sono maschi mancati, sono animalini irrazionali, instabili, capaci di ogni tipo di pazzia, secondo i millenari pregiudizi coniati dai più antichi filosofi e resi dogma dalla Chiesa. Stereotipi duri a morire, insieme a quella misoginia che ancora alligna quotidianamente, riverberata dai media, e che purtroppo non può essere cancellata per legge. (Avremo modo di riparlarne quando la norma contro omotransfobia e misoginia andrà alla Camera il 27 luglio).
È tempo che le cose cambino. Le donne di oggi sono diventate consapevoli di se stesse e non sono più disposte a stare un passo indietro. Nell’ultimo secolo…per continuare a leggere cliccare: https://left.it/2020/07/09/usciamo-dal-silenzio/