Urbanistica rosa

Urbanistica. Il potere alle donne

“C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico. Io vivo altrove e sento..”. Grazie Giovanni, basta così. Effettivamente c’è qualcosa di nuovo nelle polverose e tetre stanze degli assessorati all’urbanistica delle città italiane, ospitati in antichi conventi disastrati o in vecchie industrie sempre più dismesse. Può essere un vaso con dei fiori freschi, un libro di racconti, una rivista di viaggi, un foulard dimenticato. Tutti segni che denotano una inequivocabile presenza femminile. Eh sì, perché da qualche anno a questa parte sono sempre di più le gentili signore spedite dai sindaci a gestire gli assessorati all’urbanistica. Sarà forse perché l’incarico dell’urbanistica pesa poco, è sinonimo di grane e scarsi risultati, per cui si tratta di posti  poco remunerativi (sempre sotto l’aspetto politico, non cominciate a pensare male) e quindi scarsamente appetiti  dai maschietti rampanti in carriera, fatto sta che le donne messe a capo dell’area  urbanistica sono sempre più numerose. L’elenco sarebbe lungo ed incompleto, cito solo quelle di cui ho conoscenza  diretta. Ada De Cesaris a Milano, Ilaria Curti a Torino (anche se ora ha cambiato seggiola), Patrizia Gabellini a Bologna, Elisabetta Meucci a Firenze, l’assessora preferita da Renzi ora fresca presidente di AUDIS, l’associazione delle aree dismesse, a Roma era in procinto di diventare assessore Marina Dragotto, pericolo scampato per la valorosa direttrice di AUDIS alla quale auspichiamo un luminoso avvenire nella sua città, Venezia, anche per risollevarla dalla melma del Mose. E tante altre ancora nelle città capoluogo di provincia, Cristina Balbi a Vicenza, Roberta Fusari a Ferrara, Michela Tiboni a Brescia, solo alcune che conosco personalmente, valentissime e determinate.  Sarò grato a chiunque mi segnali altri casi. Poi le assessore si portano dietro le funzionarie, ancora poche a dire la verità. Gli uffici pullulano di donne. Nelle mie ultime visite all’assessorato di Firenze ho cercato inutilmente tracce maschili, scomparsi tutti. Tanto che mi sono chiesto se non fosse ora di pretendere le quote azzurre. Ma non è finita lì. Nei gangli delle regioni, dove l’urbanistica qui sì conta ancora qualcosa, troviamo Anna Marson in Toscana, Angela Barbanente in Puglia.

Ed infine una notizia esplosiva. Nell’ultima assise di Salerno con  unanime  consenso è stata eletta nuova presidente dell’INU Silvia Viviani, donna e per di più professionista e non accademica. Alla quale mi lega una profonda stima ed amicizia nata  dalla consuetudine di lavoro con il padre Romano Viviani, eccellente urbanista ed hombre vertical, come dicono gli spagnoli. Un fatto epocale per un’associazione fortemente maschilista e da sempre strettamente connessa alle baronie universitarie.

Uno può dire: va bene, l’urbanistica non è l’unico posto dove trovi delle  donne nei posti di comando, ma cosa vuol dire? Che sono brave come e più degli uomini? Questo lo sapevamo già! Ma cosa c’è di diverso che le donne fanno al posto degli uomini? Vero è, questa è la domanda da cento milioni, proviamo a rispondere.

Nella mia lunga attività professionale spesso mi sono trovato a coordinare equipes all’interno delle quali c’erano donne. Ebbene, ho sempre preferito lavorare con loro, e perché? Perché a differenza degli uomini, che di solito partono da posizioni di principio  spesso anche ideologiche,  con i quali è molto più facile scontrarsi che collaborare, le donne affrontano i problemi in maniera pragmatica, ora si direbbe orientata al problem solving, a risolvere i problemi, non a qualunque costo ma sempre con equità e buon senso. Tutto questo rientra nel DNA femminile – uno potrebbe dire – perché da secoli sono abituare a risolvere i piccoli e grandi problemi della quotidianità, mentre gli uomini sono più portati a cimentarsi con i grandi perché della vita, e si vede con quali risultati. Mi rendo conto che è una tesi semplicistica e anche banale, ma qualche fondo di verità ce l’ha.

Quando Silvia Viviani doveva mandare il suo primo messaggio ai soci dell’INU, mi chiesi cosa avrei scritto io se fossi stato al suo posto. Certamente sarei partito da una quadro generale del momento storico che stiamo vivendo, avrei prospettato i grandi scenari possibili, per poi scendere alle linee d’azione ed alle proposte concrete. Solo così mi sarei sentito con la coscienza a posto, di aver fatto il mio dovere.  Invece Silvia, come sempre, mi ha preso in contropiede. E’ partìta dal momento bruttissimo che stiamo attraversando, dai problemi della gente che ogni giorno deve far quadrare il bilancio, dalle piccole cose che ognuno di noi può fare per alleviare le pene dell’altro. Non un proclama (come sarebbe stato il mio) ma un messaggio di speranza dove si è coinvolta in pima persona. Proprio quello di cui ha bisogno la gente per sopravvivere. E non sono stato l’unico a dirle che era un messaggio profondamente femminile.

Ebbene, in una situazione drammatica come l’attuale, particolarmente grave sul piano dell’edilizia e dell’urbanistica, dove i progetti sono bloccati e nessuno si muove, io mi aspetto moltissimo da questo esercito in rosa. Nelle città che amministrano, con sapienza, umiltà e tanta  e buona volontà stanno portando avanti non i grandi progetti di un tempo per i quali non ci sono più le condizioni, ma  programmi fatti di piccoli passi finalizzati a migliorare le condizioni di vita della gente e la qualità del nostro vivere. In conclusione l’approccio femminile è sicuramente il più indicato per uscire dal famoso tunnel. E quindi largo alle donne. Forse occorre che facciano più sistema, uscendo da una condizione di minorità. Ad esempio si veda come procede stentatamente il dibattito sulle leggi nazionali, riforma urbanistica, consumo di suolo, rigenerazione urbana, gestito esclusivamente da esperti di sesso maschile. A proposito un suggerimento a Renzi. Per piacere, nel prossimo rimpasto, metta una donna al ministero della città e del territorio. Le cose non potrebbero che andar meglio.

Non è tutto. Abbiamo detto e ripetuto fino alla nausea che l’urbanistica è un passaggio essenziale, ma non è che un tassello nella famosa filiera che Guglielmo Pelliccioli si affanna a ricostruire (ammesso che ci sia mai stata). Una filiera composta di tanti segmenti che vanno dal pubblico al privato, in molti dei quali la presenza femminile è ancora pressochè inesistente. Guglielmo, lascia che te lo dica, se ci fosse più rosa nei CDA, CEO e quant’altro, nel mondo delle banche, degli investors, del development, del real estate, forse le cose andrebbero meglio.

Non prendete questo mio sfogo come un divertissement estivo. E’ l’articolo più serio che ho scritto negli ultimi tempi.

 Dionisio Vianello

N.B. Ringraziamo l’amico Ing. Urbanista Dionisio per averci inviato in anteprima questo simpatico articolo che verrà pubblicato prossimamente su “Il quotidiano immobiliare”