approfondita riflessione sul voto espresso al San Raffaele

Accordo al San Raffaele, accettarlo per garantirsi il posto di lavoro, o respingerlo per garantire la dignità del lavoro?
I lavoratori dell’Ospedale San Raffaele hanno partecipato in massa al referendum sull’accordo del 21 gennaio: 2551 votanti su 3000 aventi diritto. In 1365 (53,5%) hanno detto NO all’accordo, in 1110 lo hanno approvato (43,5%), poche le schede nulle (65), pochissime (11) le bianche. Sarebbe riduttivo vedere l’accordo come un caso isolato fine a se stesso, ma sarebbe altrettanto riduttivo limitarsi a questo periodo storico senza fare un breve cenno su quella che è la strada intrapresa dal diritto del lavoro negli ultimo decenni. Senza avere alcuna pretesa di completezza solo un breve cenno: Le norme cardine del nostro diritto del lavoro erano norme inderogabili: nessuno, neppure le parti sociali anche se rappresentative potevano derogarvi, se non per garantire condizioni migliori al lavoratore. Basti pensare all’ormai sepolta legge sul contratto a termine (la 230 del 1962): norma inderogabile: non sono previste altre figure di rapporto di lavoro a termine se non quelle tassativamente indicate dalla norma di legge, tutto il resto è (meglio era) a tempo indeterminato. Abbiamo poi le un periodo di recessione: la norma di legge tutela, ma il contratto collettivo può derogare, stavolta anche in peggio, alla norma di legge, sono le così dette norme a derogabilità collettiva.
Ulteriore passo indietro: per alcune norme il contratto collettivo non può porre condizioni migliorative. In questo contesto arriviamo alla situazione attuale, due parole su quello che succede nella Sanità, su quelli che sono i Contratti Collettivi Nazionali di riferimento:
Sanità Pubblica
Sanità Privata (CCNL ARIS-AIPO)
UNEBA (originato per i servizi assistenziali)
Cooperative Sociali
Sono tutti contratti a caduta… scendendo da un contratto all’altro le condizioni di lavoro peggiorano, il salario diminuisce, la flessibilità e la prestazione di lavoro aumenta. L’impostazione datoriale è quella di far transitare i lavoratori da un contratto all’altro… ovviamente verso il basso. Un esempio per tutti: l’Istituto Sacra Famiglia (in Lombardia la sede principale è in Cesano Boscone): da Sanità Pubblica a Sanità Privata, per poi avere come faro il contratto UNEBA ed i lavoratori stanno così sbarcando nel porto Uneba. In questo contesto un ulteriore elemento di criticità si inserisce: bisogna mantenere il contratto attuale! Ad esempio va mantenuto il contratto ARIS AIPO senza passare ad UNEBA! Giustissimo peccato che, per fare ciò, il rinnovo del contratto ARIS preveda, sostanzialmente senza aumenti salariali, il passaggio dalle 36 alle 38 ore settimanali equiparandosi così, per i parametri maggiormente rilevanti, al contratto UNEBA, al quale pertanto non vi è più necessità di riferirsi.
Un corsa al ribasso dunque per rendere tutti uguali… un po’ come dire c’è la fame nel terzo mondo, portiamola anche qua! In fondo non basta esser uguali? Se poi essere uguali non è per star tutti bene, bensì tutti male poco cambia… Veniamo al San Raffaele, dove si evidenziano elementi oggettivamente certi (come vi è un buco di bilancio), se ne nascondono altri altrettanto certi come il nome dei soggetti che hanno creato questo buco (chi sono? Sono chiamati a risarcire? Fatto del tutto irrilevante non è oggetto di discussione!). In questi due ingredienti vengono miscelati principi ineccepibili e falsità: basta leggere l’ipotesi di accordo respinta dai lavoratori: la riduzione di stipendio deve avere carattere di equità, dunque deve essere ripartita in percentuale, più alta a chi riveste una qualifica più alta! Peccato che il personale della dirigenza (in primo luogo i medici) sia esclusa da quest’accordo. Con questo non si vuol certo sostenere che dovevano essere inclusi, semplicemente che il principio sbandierato è del tutto falso. Ma il dato stomachevole è un altro: o si accetta un accordo al ribasso che pone una concreta riduzione di salario (fino al 10,3%, pensate al vostro stipendio mensile ridotto del dieci per cento), o scatta la rappresaglia: 244 lavoratori saranno licenziati.
O si accettano le regole di risanamento che altri hanno pianificato, o si rischia il posto di lavoro! Votare no significa così votare anche no alla sicurezza del posto di lavoro!
Ma è vera quest’ultima affermazione? Quale sarà il punto finale di caduta? Nessuno può saperlo… ma quando la persona cade, per l’istinto di conservazione, tenta di arrestare il prima possibile la caduta, per attutire le conseguenze dell’urto e per risalire il più agevolmente possibile… e così hanno fatto quei 1365 lavoratori del San Raffaele che hanno votato no, attaccandosi ad una radice di dignità che sporgeva lungo la scarpata.
Marco Mascherpa