Ringrazio Bruno Pallo per avermi inviato per iscritto le sue profonde sensazioni, che ovviamente condivido ampiamente, riguardo ciò che sta per succedere nella nostra città!
Immagina di vivere in un quartiere residenziale, un luogo dove i bambini giocano sui marciapiedi e nei cortili, gli anziani chiacchierano seduti sulle panchine all’ombra degli alberi. Un quartiere come tanti altri, denso di vita, pulsante di energie quotidiane. Ora, immagina che, al centro di questo microcosmo, una casa funeraria venga improvvisamente eretta, proprio nel cuore di un condominio dove abitano più di cento famiglie. Una struttura silenziosa, certo, ma che porta con sé un’ombra inevitabile, non solo per coloro che ci vivono accanto, ma per l’intero quartiere che ne respira l’atmosfera.
Ora è giusto sapere che tutto ciò stava per accadere veramente, proprio in una zona centrale di Sesto, per l’esattezza all’interno del cortile del civico 84 di Via Rovani. La cosa ha dell’incredibile se non fosse che invece è vera. Nei fatti succede che una società immobiliare, proprietaria dei locali commerciali che si affacciano sul 133 di via risorgimento, sta cercando di vendere a una società Sestese che opera nei servizi funerari. Mi preme avvisare che non si tratta della solita trovata marketing di Taffo, tanto per chiarirvi il quadro fino in fondo. Ora questa società acquirente ha già presentato un progetto, con tanto di rendering per dare “vita”, lo so è un paradosso, ad una casa funeraria.
Non è difficile comprendere perché una tale decisione potrebbe generare malcontento, e non solo tra i residenti del condominio. L’idea di abitare vicino a un luogo dove la morte è costantemente presente rischia di trasformare il volto del quartiere, di offuscarne la vivacità. Le famiglie che si affacciano dalle loro finestre potrebbero essere costrette a convivere con l’immagine ricorrente di cortei funebri e auto nere che entrano ed escono, portando via un frammento di pace. Il semplice passaggio quotidiano potrebbe essere segnato da una sottile inquietudine, un pensiero che si insinua nelle menti di chi, fino a quel momento, aveva percepito quel luogo come un rifugio dalla frenesia della città.
Questa scelta, dunque, non influenzerebbe solo la vita dei residenti del condominio, ma dell’intero quartiere, un’area ad alta densità abitativa, dove la presenza di una casa funeraria potrebbe mutare radicalmente la percezione degli spazi e della comunità. In un quartiere fatto di centinaia di famiglie, l’idea di avere sempre davanti agli occhi il simbolo della morte può alterare la serenità di chi vi abita, trasformando le case in luoghi di riflessione malinconica piuttosto che in spazi di vita e di crescita.
La quotidianità del quartiere potrebbe essere sconvolta dal costante movimento di carri funebri, dalle cerimonie, dalle visite di persone in lutto. Il traffico, già intenso, rischierebbe di congestionarsi ulteriormente. Le strade, già affollate, diverrebbero più caotiche, le aree parcheggio, già intasate ora, diventerebbero un miraggio. Ma oltre a questi problemi pratici, vi è il rischio più profondo, più intangibile: quello di un’alterazione dell’atmosfera stessa del quartiere, della sua anima.
Non è difficile immaginare come una simile presenza possa creare disagio psicologico, soprattutto nei bambini, che assocerebbero la propria casa a una dimensione triste, a un costante promemoria della fragilità della vita. Anche per gli adulti, vivere con la consapevolezza di avere, a pochi metri di distanza, un luogo dedicato alla morte, potrebbe generare un’inquietudine difficile da ignorare.
E poi ci sono le differenze culturali e religiose, le quali potrebbero rendere questa convivenza ancora più complessa. Per alcune culture, la vicinanza alla morte è considerata un cattivo presagio, una presenza infausta. La coabitazione di famiglie e imprese funebri potrebbe facilmente diventare fonte di tensione, in un contesto dove la diversità dovrebbe invece rappresentare una risorsa e non un problema.
È dunque necessario fermarsi a riflettere su ciò che una scelta del genere comporta. Non è solo una questione logistica, né meramente emotiva. Si tratta di comprendere che i luoghi in cui viviamo influenzano profondamente il nostro benessere, la nostra percezione del mondo, la qualità della nostra vita. È fondamentale preservare spazi di pace e di vita, soprattutto in un quartiere popoloso, dove ogni cambiamento ha un impatto amplificato.
Costruire una casa funeraria nel cuore di un’area così densamente popolata non significa solo erigere muri, ma plasmare il modo in cui le persone vivono e percepiscono il proprio spazio. Significa chiedere a una comunità di convivere costantemente con un simbolo che, per quanto inevitabile, non dovrebbe diventare una presenza quotidiana.
di Bruno Pallo