Uganda: ergastolo agli omosessuali “recidivi”

mio commento: Ulteriore arretramento culturale discriminatorio di qualche secolo. Ormai sono già 38 le nazioni africane in cui l’omosessualità è considerata un reato. Circa il 70% del continente.
Mario Piromallo

Uganda: passa legge anti-gay, ergastolo agli omosessuali “recidivi”

Fermo in Parlamento dal 2010, soprattutto per la minaccia Usa di un taglio agli aiuti, il provvedimento è infine passato. Rimossa dal testo la pena capitale. Il legislatore giustificò il disegno di legge con la “minaccia” dei gay occidentali per i bambini ugandesi. Resta un unico ostacolo all’entrata in vigore: la firma del presidente Museveni
KAMPALA – Mentre il mondo si schiude al matrimonio tra persone dello stesso sesso, con il Messico che ieri ha aggiunto la sua tessera al domino dei paesi che lo hanno ufficialmente approvato, in Uganda è alla fine passata una contestatissima legge anti-gay rimasta a lungo in Parlamento. Una legge davvero oscurantista e dalle conseguenze terribili, perché punisce l’omosessualità anche con l’ergastolo.

Per l’entrata in vigore resta un solo passaggio: la firma del presidente, Yoweri Museveni. Che non è scontata: se dai governi occidentali, innanzitutto dagli Usa, arrivasse una ferma condanna accompagnata da una rinnovata minaccia di chiudere il rubinetto degli aiuti, il capo di Stato ugandese avrebbe più di una ragione per pensarci.

Il provvedimento approvato dal Parlamento criminalizza l’omosessualità drasticamente: per i recidivi è previsto il carcere a vita. Inoltre, diventa reato anche discutere in pubblico di omosessualità, anche tra i gruppi di attivisti per i diritti civili. Detenzione prevista anche per chi non denuncia i gay alle autorità.

Da oggi “sono ufficialmente nell’illegalità”, ha osservato Frank Mugisha, direttore dello Smug (Sexual Minorities Uganda) dopo il voto. Pepe Julian Onziema, transessuale e figura di spicco del movimento gay ugandese, ha preferito non commentare l’approvazione della nuova legge affermando che gli serve tempo per riflettere.

La legge è stata approvata questa mattina, come riferisce un portavoce dell’Assemblea, Helen Kawesa. Al momento del voto, il primo ministro Amama Mbabazi ha cercato di opporsi affermando che non era stato raggiunto il numero legale di parlamentari in Aula. Nulla da fare.

A parzialissima consolazione, dal testo è stata esclusa la pena di morte, che invece figurava nelle intenzioni del legislatore quando il progetto di legge fu presentato in Parlamento nel 2010. Testo che all’epoca dovette incassare la dura condanna dei leader mondiali. In particolare dagli Stati Uniti, con il presidente Barack Obama a parlare di atto “odioso”, con il corollario della minaccia di un drastico taglio ai finanziamenti Usa all’Uganda.

Lo scorso anno, proprio alla vigilia di Natale, un nuovo polverone fu sollevato dalla speaker del Parlamento ugandese, Rebecca Kadaga, che parlò della possibile approvazione della legge anti-gay come di un “regalo nataliazio” per tutti gli ugandesi. Va detto che, a dispetto della condanna internazionale, la legge anti-gay raccoglie grande consenso presso l’opinione pubblica ugandese, convinta che il Paese abbia tutto il diritto di approvare una legge che protegga i suoi bambini.

L’omosessualità era già al bando in Uganda per una legge risalente al periodo coloniale che la condannava in quanto “contraria all’ordine naturale”. Il deputato che più ha voluto il nuovo disegno di legge, David Bahati, ne giustificò la presentazione affermando che si rendeva necessaria maggiore durezza perché gli omosessuali provenienti dall’Occidente rappresentavano una minaccia per le famiglie ugandesi “reclutando” bambini africani al loro “stile di vita”.

Dopo l’approvazione, lo stesso Bahati ha esultato parlando di “un voto contro il male” da parte di “una nazione timorata di Dio. E’ una vittoria per l’Uganda, questi sono i nostri valori, non importa cosa pensino nel resto del mondo”.

Il riferimento agli “occidentali” trova in questi giorni anche un nome e un cognome: Bernard Randall, cittadino britannico ritiratosi in Uganda, sotto processo per “traffico di pubblicazioni oscene”. Vicenda che ha riportato sotto i riflettori anche un altro protagonista, il pastore evangelista Solomon Male, infaticabile e controverso promotore di una crociata per “liberare” l’Uganda dai gay.

L’attivismo di Solomon Male riporta direttamente alle accuse mosse dai gay ugandesi ai loro leader politici e religiosi, irretiti dalla pesante influenza dei predicatori evangelisti americani e del loro disegno, diffondere in tutta l’Africa la lotta all’omosessualità. Nel mirino degli attivisti gay, soprattutto Scott Lively, evangelista del Massachusetts, citato nel marzo 2012 tramite l’Alien Tort Statute, che consente a chi non è cittadino americano di sporgere denuncia presso le corti americane nei casi in cui sia manifesta la violazione del diritto internazionale.

Scott Lively si è difeso negando di voler perseguire la “severa punizione” dei gay, ancor prima aveva dichiarato di non voler incitare alla violenza contro gli omosessuali, consigliando loro piuttosto di sottoporsi a una “terapia”. Per tutta risposta, nel corso degli ultimi anni era cresciuta la speranza dei gay ugandesi sulle possibilità di difendere i propri diritti in un paese preda dell’omofobia. Arrivando a sfidarla apertamente nel 2012 con il loro primo Gay Pride. Oggi è arrivata la risposta del Parlamento: essere gay in Uganda potrebbe voler dire rischiare l’ergastolo.

Ancora Frank Mugisha ha dichiarato che la sua organizzazione proverà a mobilitare gli attivisti per contrastare la nuova legge nei tribunali. Ma, ha spiegato alla Reuters, “la comunità gay adesso è nel panico, si ha paura ad andare in strada perché si sa bene come agli ugandesi piaccia farsi giustizia da sè”.

Maria Burnett, ricercatrice presso il dipartimento Africa di Human Rights Watch, ha spostato l’attenzione su quanto farà Museveni. “Evidentemente, il presidente ugandese può respingere la legge e mandare un chiaro messaggio: che l’Uganda non ci sta a questo genere di discriminazione e intolleranza. Il fatto che sia stata cancellata la pena di morte è già una buona cosa, ma il carcere a vita e altre allarmanti disposizioni restano, molte delle quali sono del tutto inapplicabili”.

Per Amnesty International, la nuova legge contro l’omosessualità approvata in Uganda “ostacolerà in modo significativo il lavoro dei difensori dei diritti umani e delle altre persone che, semplicemente eseguendo il loro lavoro, si troveranno in conflitto con il provvedimento”. Secondo un rapporto di Amnesty International pubblicato quest’anno, sono 38 le nazioni africane in cui l’omosessualità è considerata un reato, circa il 70% del continente.

fonte: La Repubblica
http://www.repubblica.it/esteri/2013/12/20/news/uganda_passa_legge_anti-gay_ergastolo_per_omosessualita_-74106279/?ref=HRER2-2