In 700.000 ieri hanno manifestato a Roma, contro le riforme del governo gialloverde. Un segnale importante di cambiamento di rotta? Ce lo auguriamo. Dopo anni i sindacati confederali (Cgil, Cisl e Uil) sono tornati in piazza uniti, con al seguito Confindustria e non solo. Evento che ha suscitato diverse critiche, dai duri e puri.Se Confindustria scende in campo è buon segno, o forse cattivo, perché vuol dire che questo governo funziona solo per se stesso, è “autoreferenziale”.
Il fatto che “Sciur padrun” si lamenti vuol dire che stiamo “messi male”. Ricordo che il lavoro si fonda su un contratto tra due contraenti: il lavoratore e il datore di lavoro. Il principio è la contrattazione, non la guerra. La contrattazione è un atto di civiltà.
Come inizio quello di Landini e i segretari dei confederali, uniti, è un successo su tutti i fronti.
Riportiamo l’articolo pubblicato da “il manifesto”, che spiega più nel dettaglio il senso e le rivendicazioni della grande manifestazione di ieri.
La redazione
Articolo
«L’aria sta cambiando, il governo inizia a capirlo e per questo ci attacca», commentano tutti sul palco. Sei anni dopo l’ultima volta, Cgil, Cisl e Uil riempiono piazza San Giovanni. Al tempo dei social, degli haters da tastiera e della propaganda populista non era affatto scontato. La manovra con Reddito di cittadinanza e Quota 100 «non dà risposte a chi per vivere deve lavorare ed è sempre più povero».
IL BATTESIMO per il Landini segretario generale della Cgil è da vero «saldatore». Diversamente dal passato in cui la confederazione più grande chiudeva i comizi, l’accordo prevede che lui sia il primo a parlare dopo i sei lavoratori che hanno raccontato «a cosa si è ridotto il lavoro (e la pensione) ai giorni d’oggi».
Landini detta la linea e scalda la piazza. «Siete uno spettacolo – dice rivolto ai manifestanti – visto che tutti danno i numeri, dei numeri noi non ne diamo: contateci voi», è la sfida ai media mainstream che hanno boicottato la manifestazione e a Lega e M5s che la bombardano da giorni.
L’attacco a Di Maio c’è subito: «A chi va ad incontrare chi protesta negli altri paesi (la delegazione di gillet gialli, ndr) chiediamo abbia un briciolo di coraggio e incontri noi che siamo il cambiamento, qui c’è il cambiamento e non abbiamo scritto “Giocondo” qui sopra» perché «abbiamo bisogno di unire questo paese, di impedire la corsa al ribasso fra lavoratori». Le bussole sono sempre la Costituzione («che va applicata anche nella parte in cui prevede effettiva partecipazione dei lavoratori») e la «questione ambientale» per cui serve «fare sistema con tutti per un nuovo modello di sviluppo». La «lotta dei lavoratori ungheresi» porta a parlare di Europa e populismi: «Non lasciamo la bandiera a chi pensa che i problemi si risolvano nei propri condomini: siamo preoccupati quando il linguaggio agisce sulle solitudini, bisogna diffidare e cambiare strada quando si incontra uno che dice che da solo risolverà tutto: vi sta prendendo in giro». E quanto alla riforme del governo le critiche sono motivate: «Il problema non è i 200-300mila persone che andranno in pensione, sono i 20 milioni che non ci andranno: i giovani, i precari, le donne, i lavori gravosi», mentre sul «reddito noi abbiamo chiesto il Rei e lo criticavamo perché aveva poche risorse; ora le risorse ci sono ma si mescola tra contrasto alla povertà e politiche per il lavoro con il rischio di non risolvere nessuna delle due».
LA RICETTA per il «cambiamento reale al primo posto ha un piano straordinario di investimenti per infrastrutture, specie sociali» perché «con la cultura si cresce» andando «a trovare i soldi dove ci sono: evasione fiscale e patrimoni, altro che tassa piatta». Le speranze che il governo ascolti – «abbiamo pazienza e glielo ripeteremo» – sono poche e allora la promessa è chiara: «Non ci fermeremo, andremo avanti sul territorio finché non otterremo risultati».
LA CHIUSURA è un riconoscimento per chi c’era e un impegno per il futuro. «Se la piazza è piena il merito non è mio: è di Susanna Camusso, Furlan e Barbagallo che a settembre hanno iniziato a prepararla decidendo che prima andasse fissata una piattaforma di proposte da discutere coi lavoratori» e se «ci sono quelli che hanno seminato odio e rancore, noi seminiamo solidarietà, idee di giustizia sociale e dimostriamo che si può cambiare», partendo dalla «coscienza di questa piazza fatta di una unità che va estesa a tutti i luoghi di lavoro». E per dare un segnale i primi lavoratori che Landini incontra appena sceso dal palco sono i rider di Firenze di Foodora che lottano da mesi contro il licenziamento di 200 di loro dopo l’acquisizione da parte di Glovo. Tocca a Annamaria Furlan prendere il testimone da Landini e fare un comizio molto battagliero, specie sul tema dei migranti: «Se c’è gente che sta affogando la domanda non deve essere: fuggono dalla guerra o dalla fame? La risposta deve essere: noi li salviamo». L’attacco al governo della leader Cisl è diretto: «Guardate il volto della realtà di chi lavora, l’Italia reale ha bisogno di collegialità, di discutere, di affrontare assieme i problemi, basta usare la retorica della crescita che non c’è: come si fa a dire che il 2019 sarà un anno bellissimo e incredibile? Sì, incredibile perché non ci crede più nessuno».
A chiudere Carmelo Barbagallo che ha rivendicato il successo della manifestazione: «Siete un arcobaleno di colori che dà speranza, una folla immensa, il governo ne tenga conto», ha chiesto il leader Uil. «Il paese è in recessione – ha proseguito – noi siamo contro l’austerità e vogliamo batterci perché si riprenda il cammino economico e produttivo».
Fonte: https://ilmanifesto.it/landini-seminiamo-unita-cambiamo-in-meglio-il-paese/ di Massimo Franchi