di Angelo Gerosa.
Sull’esito delle elezioni turche nessun osservatore internazionale nutriva dubbi: Erdogan ha potuto scegliere con grande precisione modi e tempi per anticipare il voto, al fine di essere matematicamente certo di conseguire la maggioranza assoluta dei suffragi e, soprattutto, di espellere dal parlamento il partito dei curdi e dei progressisti HDP.
Dopo aver incarcerato o licenziato decine di migliaia di oppositori politici, avvocati, giornalisti, insegnanti e dipendenti pubblici, al fine di avere la certezza di estromettere dal parlamento il HPD e temendo che la soglia di sbarramento al 10% (dieci per cento!) non potesse essere sufficiente, ha arrestato tutto il suo gruppo dirigente ed ha presidiato militarmente i territori curdi dove il partito della sinistra è più radicato, con sistemi intimidatori che a noi ricordano gli abusi denunciati da Giacomo Matteotti all’indomani delle nostre elezioni del 1924.
Per la cronaca: nelle città kurde dove l’adesione all’HDP è più alta, i militari hanno sequestrato schede e documenti e hanno votato al posto dei cittadini. Sono stati arrestati ben 10 osservatori internazionali (italiani, francesi, tedeschi) 3 a Diyarbakir, 1 a Batman, 3 a Agri e 3 a Sirnak. Nel distretto di Hakkari e di Van hanno spostato i seggi costringendo gli elettori a camminare per 25 chilometri per andare a votare, in alcuni luoghi hanno sospeso il voto per ragioni di “sicurezza”.
Ma dalle urne è uscito una sorpresa che sicuramente ha rovinato la festa del neo sultano: il HDP, con un incredibile 11,6% dei suffragi (che senza i brogli e le violenze degli sgherri del regime sarebbero stati sicuramente molti di più) è rientrato in parlamento!
Un messaggio di speranza al mondo intero: anche in questi tempi di apparente “sonno della ragione” si può mantenere la schiena dritta, e non arrendersi neppure di fronte ai regimi più populisti ed autoritari.
Riportiamo questa cronaca dal carcere che ci permette di capire come, ed in che condizioni, il HDP è riuscito a condurre e vincere la sua “eroica” battaglia elettorale:
La campagna elettorale del candidato Presidente dell’HDP in carcere Selahattin Demirtaş si è svolta con molte prime. Quattro milioni di spettatori hanno seguito il suo comizio nei social media. Non è ancora chiaro se ci sarà una foto davanti all’urna in carcere. Oggi in Turchia viene eletto un nuovo Presidente e un nuovo Parlamento. Per la Turchia è gioco il suo futuro destino. La campagna elettorale durata 68 giorni è stata piena di novità e particolarità. Quella più inusuale è stata la campagna di Selahattin Demirtaş, il candidato Presidente del Partito Democratico dei Popoli (HDP). È il primo nella storia politica della Turchia, che si candida per la carica di Presidente dal carcere. Demirtaş ha ufficializzato la sua candidatura il 4 maggio. La campagna elettorale ha potuto condurla solo tramite il suo team di avvocati. Dato che non poteva essere presente in piazza di persona, i suo avvocati hanno dovuto trasmettere le sue promesse elettorali e valutazioni.
Quattro milioni di spettatori della manifestazione attraverso i Social-Media
Per comizi diretti agli elettori, il candidato Presidente ha usato il telefono a gettoni del carcere attraverso il quale ogni due settimane ha il permesso di parlare con la sua famiglia. Il colloquio è stato filmato e condiviso nei social media. Fino a oggi quattro milioni di persone hanno visto il video. Un’altra particolarità è stata il diritto del candidato in carcere dal novembre 2016 a un comizio elettorale sulla televisione statale. Per molto tempo si è dibattuto su come sarebbe stato possibile portare Demirtaş in uno studio della TRT per la registrazione. Il Comitato Elettorale turco alla fine ha deciso che la registrazione doveva essere fatta in carcere.
Migliaia di pagine di informazioni
Il compito più importante nella campagna elettorale del candidato dell’HDP è stato preso in carico dai suoi avvocati. Hanno deciso di trasferirsi a Edirne per tutto il periodo per poter tenere costantemente al corrente il loro assistito. Almeno quattro volte al giorno hanno fatto visita a Demirtaş in carcere. La durata dei colloqui con gli avvocati nel periodo della campagna elettorale è arrivato a complessive 200 ore. Meticolosamente sono state trasmesse informazioni sugli sviluppi politici „fuori“ e raccolte valutazioni e messaggi del candidato Presidente per renderli pubblici tramite l’ HDP. Come comunica un’avvocata del team di difesa, quotidianamente sono state fornite a Demirtaş in media 250 pagine di informazioni composte da notizie, commenti, risultati di sondaggi e dichiarazioni di altri candidati e candidate .
160 interviste dal carcere
Grande interesse per il candidato HDP è stato mostrato anche dai media nazionali e esteri. La prima intervista l’ha fatta – tramite il suo team di avvocati – all’agenzia stampa Mezopotamya (MA). Complessivamente si è pronunciato per 40 media esteri e circa 120 media nazionali.
Ci sarà una foto del voto?
In tutte le elezioni Presidenti di partito e candidati vengono fotografati dai giornalisti mentre votano. In base alle informazioni esistenti, Demirtaş ha fatto richiesta di essere fotografato dai fotografi del carcere quando mette la scheda nell’urna. La richiesta finora non ha avuto risposta, non è noto se la direzione del carcere acconsentirà.