Tsipras: «Non vogliamo un accordo vogliamo una soluzione»
Grecia. Il premier: «No ai ricatti e alle umiliazioni. Dalle istituzioni proposte assurde. Vogliamo risolvere in modo definitivo la questione del debito e mettere fine ai timori di Grexit»
Le forze politiche greche sono tutte d’accordo sulla posizione netta del governo greco di non accettare ulteriori misure restrittive, ovvero il piano proposto dai creditori, perché «le conseguenze saranno catastrofiche per il paese». È quanto emerso ieri dal dibattito parlamentare, dopo che un allarme all’esecutivo era partito anche dalla società, dai commercianti, dal mondo imprenditoriale, ai consumatori.
Senza mezze parole viene specificato da tutti che se — come richiesto dalla trojka — «l’Iva sarà aumentata di dieci punti» la recessione diventerà ancora più profonda.
Secondo un nuovo studio sulla situazione finanziaria delle famiglie greche presentato da economisti dell’Università di Atene «nei primi cinque anni della grave crisi economica, la famiglia media ha perso quasi quattro decimi del proprio reddito». La maggior parte delle perdite registrate (il 23,1%) sono state in reddito diretto. Un ulteriore 8,8% è stato perso a causa di una maggiore imposizione fiscale e un altro 7% per l’inflazione non compensata da un aumento del reddito nel periodo 2008–2012. La ricerca — che si basa sulle dichiarazioni dei redditi di 5,2 milioni di contribuenti — sostiene inoltre che nello stesso periodo preso in esame, la percentuale dei greci che vive al di sotto della soglia di povertà è passata dal 27,9% al 31,1%.
Poche ore dopo l’incontro a Bruxelles tra Tsipras e Juncker , le reazioni ad Atene hanno preso la forma di una valanga. Certo la riunione è stata «buona» e «costruttiva» e ne seguiranno altre, ma a sentire il premier greco, cosa che ha fatto notare durante una teleconferenza a Merkel e Hollande, le proposte presentate dai creditori aumenterebbero la povertà e la dissocupazione, oltre a non essere state discusse al Brussels Group.
L’accordo sarebbe dietro l’angolo, ma nessuna delle due parti è disposta a fare marcia indietro. Oltre a Tsipras non è da escludere che pure i creditori possano chiedere un prolungamento dei negoziati per far passare le loro proposte, ovvero un nuovo pesante memorandum invece di una «soluzione» come chiesto in modo energico da Tsipras in parlamento. Di fatto, dopo la dichiarazione del premier greco, le voci più critiche sono quelle dei strati medi e dei parlamentari di Syriza i quali questa volta provengono non soltanto dalla potente opposizione interna, la «Piattaforma della Sinistra», bensì da tutte le componenti della sinistra radicale greca.
In questo ambito Tsipras ha fatto due mosse: ha deciso di accorpare i quattro pagamenti di giugno al Fmi in un unico esborso il 30 giugno e ha chiesto la riunione straordinaria del parlamento. Il suo obiettivo era doppio: ottenere il consenso più largo possibile sia al seno del suo partito, sia dall’opposizione; guadagnare tempo nei confronti dei suoi interlocutori internazionali.
La necessità è di arrivare ad un accordo al più presto possibile perché l’economia reale soffre, come ha sottolineato l’ ex premier Antonis Samaras, leader dei conservatori della Nea Dimokratia. Samaras deve fare i conti con tanti dirigenti «neodemocratici» e una parte del suo partito che si schierano a favore di un eventuale accordo tra il governo e i creditori internazionali.
Il principale partito dell’opposizione greca è contrario all’eventualitá di elezioni anticipate, ipotesi che viene avanzata da alcuni dirigenti di Syriza in caso non ci sarà un accordo con i creditori, mentre promuove l’idea di un governo di unità nazionale (prospettiva già rifiutata dal governo).
Più o meno simile è stata la posizione del Pasok, che si trova in un momento difficile della sua storia. Dopo la seconda sconfitta elettorale, ieri il Partito socialista greco ha aperto i lavori del suo congresso in vista delle elezioni, il 14 giugno, di un nuovo leader al posto di Evanghelos Venizelos il quale ha già reso noto che non si ricandiderà.
Il congresso è cominciato tra le polemiche dei candidati in carica con Fofi Gennimata, già sostituto ministro della difesa durante il governo di coalizione tra conservatori e socialisti, a lanciare accuse contro il segretario del partito, Nikos Androulakis, candidato pure lui, perché «avrebbe interferito con la selezione dei membri del congresso».
Stavros Teodorakis, il leader del «Potami» (Il fiume), la nuova formazione nell’area del centro-sinistra, si è schierato con Tsipras, pur criticandolo di aver perso troppo tempo senza in realtà trattare con i creditori. A favore di «una rottura con l’ Europa imperialista» sono i comunisti del Kke, il Partito comunista di Grecia. «Se si ottiene un accordo sarà comunque simile a quelli che hanno firmato i governi precedenti» ha detto il segretario del partito, Dimitris Koutsoumbas.
fonte: il Manifesto
http://ilmanifesto.info/tsipras-non-vogliamo-un-accordo-vogliamo-una-soluzione/