Trasformismo costituzionale

Nella riforma costi­tu­zio­nale si dice che la camera ha, tra le altre, «la fun­zione di indi­rizzo poli­tico». La dispo­si­zione è stata intro­dotta, è da cre­dere, con l’intento di raf­for­zare l’idea chiave: solo la camera (non più anche il senato) ha il rap­porto fidu­cia­rio col governo (cioè ne approva il pro­gramma e s’impegna a con­sen­tire al governo di per­se­guirlo, per esem­pio votando i dise­gni di legge che il governo pre­senta), e solo la camera ha il potere di far cadere il governo. Così si supera il bica­me­ra­li­smo paritario.

Tut­ta­via: una volta pre­ci­sato che una sola camera vota la fidu­cia e la sfi­du­cia, per­ché aggiun­gere quella frase sulla fun­zione di indi­rizzo?
Non si è mai dubi­tato che nel nostro sistema le camere, ambe­due rap­pre­sen­ta­tive della nazione, abbiano la fun­zione di indi­rizzo, e la con­di­vi­dano col governo; ma si è sem­pre pen­sato anche che l’indirizzo poli­tico, se ha il suo nucleo più denso nel rap­porto che inter­corre tra camere e governo, certo non si esau­ri­sce lì.

L’indirizzo poli­tico è fatto di molti momenti, spira attra­verso l’intero cir­cuito demo­cra­tico, e rap­pre­senta l’ambiente vivo in cui la rela­zione fidu­cia­ria tra governo e par­la­mento respira. Spe­cial­mente se si con­si­dera che la riforma riduce i poteri delle regioni, e che, nel momento in cui raf­forza l’esecutivo e gli dà il con­trollo dell’attività legi­sla­tiva, non si pre­oc­cupa di arric­chire gli stru­menti di demo­cra­zia diretta, si può avver­tire, nella riserva della fun­zione di indi­rizzo alla camera, una into­na­zione asim­me­trica: la poli­tica si fa al ver­tice e nel cen­tro dello Stato, e coin­cide in tutto e per tutto col pro­gramma del governo. Vi è da riflet­tere sulle impli­ca­zioni che la riserva alla prima camera della fun­zione di indi­rizzo può avere anche quanto al ruolo, nascente e non ben deli­neato, della seconda camera, il nuovo senato. Quest’ultimo avrà fun­zioni di co-legislazione, in altri casi potrà pre­sen­tare pro­po­ste di modi­fica ai dise­gni di legge, infine ha, in con­corso con la camera, fun­zioni di con­trollo. Sono atti­vità che ine­vi­ta­bil­mente inci­dono sull’indirizzo poli­tico, il quale non è disgiun­gi­bile, lo si inse­gna da sem­pre, dal con­trollo, e natu­ral­mente accom­pa­gna la legi­sla­zione. Ma: una volta riser­vata alla prima camera la fun­zione di indi­rizzo poli­tico, di che cosa saranno riem­piti i poteri della seconda? Non si vor­rebbe sen­tire il pre­si­dente del nuovo senato che dice ai sena­tori: signori, que­sta pro­po­sta non la pos­siamo pre­sen­tare e que­sto non lo pos­siamo dire, di quest’altro non ci pos­siamo occu­pare, per­ché incide sull’indirizzo, ossia sul pro­gramma di governo.
Que­sti timori potreb­bero essere scac­ciati con­si­de­rando che un conto è la vera e pro­pria fun­zione di indi­rizzo poli­tico, un conto i mol­te­plici indi­rizzi che pos­sono sca­tu­rire da diversi livelli e momenti della vita pub­blica: la riforma non si rife­ri­sce ai secondi, ma alla prima; anzi, il suo riba­dire che il nesso pro­gram­ma­tico e fidu­cia­rio scorre tra la camera e il governo intende raf­for­zare il potere del corpo elet­to­rale, le cui indi­ca­zioni, rac­colte dal governo mag­gio­ri­ta­rio, sono pre­si­diate dalla camera.

Biso­gna però con­si­de­rare che la nostra Costi­tu­zione si rife­ri­sce all’indirizzo in un altro caso, quando dice che il pre­si­dente del Con­si­glio «man­tiene l’unità di indi­rizzo poli­tico e ammi­ni­stra­tivo». Que­sta dispo­si­zione non è toc­cata dalla modi­fica costi­tu­zio­nale, e rimarrà. Un tempo si pen­sava che essa signi­fi­casse che, nel governo, l’organo che ela­bora gli indi­rizzi è il Con­si­glio dei mini­stri, oggi soprav­vive a dirci che il governo ha un suo pro­gramma e il pre­si­dente del Con­si­glio ne è il primo respon­sa­bile. Domani però, quando a que­sta dispo­si­zione se ne affian­cherà una che dice che la camera — sola — ha la fun­zione di indi­rizzo, potrebbe uscirne una strana con­fi­gu­ra­zione, in cui il governo si sco­pre comi­tato ese­cu­tivo delle deci­sioni della camera, ciò che rimet­te­rebbe il pro­gramma a una dimen­sione assem­blea­ri­sta e le sue sorti agli umori della mag­gio­ranza che nella camera siede. Qua­lora si ripre­sen­tasse, nei futuri sce­nari, una situa­zione più che ricor­rente nei rap­porti poli­tici nel nostro paese, ossia un governo soste­nuto da una mag­gio­ranza infe­dele, potrebbe per esem­pio acca­dere che il governo sol­le­citi, per una sua pro­po­sta, la pro­ce­dura prio­ri­ta­ria (il nuovo stru­mento che gli con­sente di chie­dere alla camera di deli­be­rare entro un dato ter­mine su una sua pro­po­sta, «essen­ziale per il pro­gramma di governo»), per sen­tirsi rispon­dere dalla camera (dalla mag­gio­ranza nella camera): non ci risulta che sia così, i signori dell’indirizzo poli­tico siamo noi e que­sta cosa che ora ci por­tate nel pro­gramma non ci stava (del resto nes­sun pro­gramma potrebbe mai pre­fi­gu­rarsi tutte le scelte che un governo deve fare nel corso di una legislatura).

Sotto que­sto pro­filo, la riserva alla camera della fun­zione di indi­rizzo potrebbe anche rive­larsi il primo e più impor­tante con­trap­peso al governo e ai suoi nuovi poteri. Per quanto la riforma di con­trap­pesi abbia biso­gno, c’è da chie­dersi se sia que­sta la solu­zione migliore per indi­vi­duarli. Sic­come i con­ge­gni e i mec­ca­ni­smi pos­sono esser modi­fi­cati, ma le prassi e le men­ta­lità molto meno, e sic­come il nostro sistema dei par­titi ha le carat­te­ri­sti­che note (dif­fi­cile coe­sione delle mag­gio­ranze, opa­cità dei rap­porti tra mag­gio­ranza e oppo­si­zione), la riserva alla camera della fun­zione di indi­rizzo potrebbe essere la con­di­zione che, non si sa quanto con­sa­pe­vol­mente, vuol garan­tire che tutto cambi affin­ché nulla cambi. La camera non potrebbe mai più essere accu­sata di aver tra­dito le indi­ca­zioni dell’elettorato, che com­pete solo ad essa tra­durre, appunto, in indi­rizzo, e l’idea che il mag­gio­ri­ta­rio raf­forzi le indi­ca­zioni del corpo elet­to­rale dimo­stre­rebbe tutta la sua ingan­ne­vo­lezza. Non serve la fan­ta­sia, basta l’esperienza, per imma­gi­nare che il senato potrebbe acqui­sire un ruolo poli­tico che oggi la riforma vor­rebbe sot­trar­gli: non però per far valere inte­ressi e visuali distinti e dia­let­tici rispetto a quelli della rap­pre­sen­tanza par­ti­tica, ma solo in fun­zione di con­tra­sti interni alla mag­gio­ranza. Modi­fi­ca­zioni della forma di governo pos­sono avve­nire in via di prassi, lo dimo­stra l’esperienza di molti Paesi, e del nostro.

Il pro­getto di revi­sione costi­tu­zio­nale è molto con­cen­trato nell’assicurare al governo sta­bi­lità ed effi­cienza d’azione, ma riser­vare espres­sa­mente alla sola camera la fun­zione di indi­rizzo poli­tico, oltre al rap­porto fidu­cia­rio, è stato un eccesso che, come tutti gli eccessi, può pro­vo­care squi­li­bri, rive­lare con­trad­di­zioni pro­fonde. Al cen­tro della riforma batte il cuore tra­sfor­mi­stico che ci accom­pa­gna da più di 150 anni? Que­sto spie­ghe­rebbe, da un lato, la dif­fi­coltà che il pro­getto incon­tra nel fare del nuovo senato un organo capace, per com­po­si­zione e fun­zioni, di aprire una dia­let­tica effet­tiva con i par­titi che sie­dono nella prima camera, così come nel rin­vi­go­rire i refe­ren­dum e tutte le arti­co­la­zioni e le voci di cui, in una demo­cra­zia, la poli­tica ha biso­gno per vivere. Dall’altro lato, la faci­lità con cui invece (ed è il caso di dirlo: solo sulla carta?) esso con­cede così tanto al mito del raf­for­za­mento del governo, e sban­diera davanti all’opinione pub­blica le capa­cità tau­ma­tur­gi­che che nuovi mec­ca­ni­smi avreb­bero per cam­biare l’Italia.

fonte: il Manifesto

http://ilmanifesto.info/trasformismo-costituzionale/