Torna a casa nazareno

mio commento: l’ex cavaliere, molto ex, che dice di essere all’opposizione regala al suo preferito la maggioranza. Quindi far passare la legge di stabilità è un gioco da ragazzi. La coerenza non è certo una prerogativa di costui. Mario Piromallo

La lunga notte della legge di stabilità, con il sì alla manovra, si conclude con il regalo di Berlusconi a Renzi. I senatori forzisti lasciano l’aula, ma l’intervento del capo blocca in senato quelli necessari per approvare
il nuovo calendario sulla legge elettorale. E così si potrà votare più in fretta l’Italicum. Il patto del Nazareno si rinnova, il 7 gennaio comincia la vera partita

Il Nazareno risorge all’alba

Legge elettorale. Dopo la caotica notte della manovra 2015, con la fiducia votata alle 2, a Palazzo Madama arriva il soccorso azzurro. Berlusconi invia Maria Rosaria Rossi a rimettere in riga i senatori e il gruppetto di forzisti rimasto in aula permette di incardinare, poco dopo l’alba, anche l’Italicum

l Naza­reno è risorto alle 7 di ieri mat­tina. Non era mai morto, ma qual­che momento tem­pe­stoso lo aveva pur pas­sato e il medico Ver­dini si era parec­chio affan­nato per garan­tire pieno risa­na­mento. Ce l’ha fatta e lo si è capito quando, poco dopo l’alba, la por­taor­dini del Cava­liere Maria Rosa­ria Rossi è accorsa per met­tere in riga i sena­tori azzurri.Dopo una notte a metà strada fra la tre­genda e l’operetta, dopo il voto di fidu­cia alle 2 pas­sate su un maxie­men­da­mento alla legge di sta­bi­lità che si era fatto atten­dere per 24 ore, dopo il voto sulla varia­zione di bilan­cio col canto del gallo e una sur­reale capi­gruppo che ai primi lucori aveva deciso a mag­gio­ranza di incar­di­nare seduta stante la legge elet­to­rale, l’aula ha dovuto votare ancora sulla varia­zione di calen­da­rio che per­met­teva l’incardinamento imme­diato. Senza Fi la varia­zione non sarebbe pas­sata. La mag­gio­ranza dei sena­tori for­zi­sti ha abban­do­nato l’aula. I 19 rima­sti, meno della metà del gruppo, sono bastati. Quel voto risi­cato dice che il col­lante tra Renzi e Ber­lu­sconi è ancora saldo. Terrà fino all’elezione del nuovo capo dello Stato.
Renzi ha cin­guet­tato vit­to­ria con l’abituale pun­tua­lità: «Abbiamo fer­mato l’assalto alla dili­genza». E poi: «Vole­vano fer­mare la legge elet­to­rale». Invece: «Indie­tro non si torna». In realtà l’incardinamento rocam­bo­le­sco non cam­bia nulla. L’Italicum è stato illu­strato dalla pre­si­dente della com­mis­sione Affari costi­tu­zio­nali Anna Finoc­chiaro agli allu­ci­nati rap­pre­sen­tanti del popolo in pochi minuti, più per neces­sità buro­cra­tica che per altro. La par­tita reale ini­zierà il 7 gen­naio, e a quel punto non è affatto detto che la corsa della legge super-truffa sia tutta in discesa. Su un punto nevral­gico, i capi­li­sta bloc­cati, in sol­doni la cer­tezza di avere metà dell’unica camera rima­sta com­po­sta da nomi­nati, per­sino la mino­ranza ber­sa­niana, por­tata per voca­zione e cal­colo alla lotta mor­bi­dis­sima, potrebbe tener duro. Ma anche su un altro capi­tolo, quello sulla pos­si­bi­lità di fare appa­ren­ta­menti ove si arri­vasse al secondo turno per l’assegnazione del pre­mio di mag­gio­ranza, potreb­bero esserci sorprese.Il clima in cui si svol­gerà la discus­sione sarà pro­ba­bil­mente lo stesso con cui si è arri­vati ieri al varo della legge di sta­bi­lità: costel­lato da for­za­ture e scor­ret­tezze di ogni tipo. Come l’aver por­tato in aula un testo ancora monco di parti fon­da­men­tali. Metodo difeso a spada tratta dal pre­si­dente Grasso: «Errori degli uffici eco­no­mici che siamo riu­sciti a cor­reg­gere in aula prima del voto. Abbiamo rag­giunto un grande tra­guardo». Impagabile.L’esito dello scon­tro sui det­ta­gli dell’Italicum (tutt’altro che secon­dari) è incerto, ma che in quello scon­tro i soci del Naza­reno saranno fianco a fianco è garan­tito. Sarà la prova gene­rale della sfida del Colle. Ieri Renzi ha illu­strato il metodo che intende seguire: un’assemblea per­ma­nente dei par­la­men­tari e con­si­glieri regio­nali demo­cra­tici riu­nita, come in una facoltà occu­pata, sino a che non verrà tro­vato un nome da pro­porre a tutti gli altri par­titi. Sin qui la bar­zel­letta. Nella realtà i con­ve­nuti in per­ma­nente assem­blea dovranno solo vistare la scelta del capo e, fuori dal Pd, l’unico parere che con­terà sarà quello di Ber­lu­sconi. Le prin­ci­pali carte che Renzi intende gio­care dovreb­bero essere Anna Finoc­chiaro e Wal­ter Vel­troni. La prima non ha un pedi­gree ren­ziano: per la mino­ranza del Pd boc­ciarla sarebbe dif­fi­cile, forse impos­si­bile. A Renzi una ex nemica dimo­stra­tasi dopo il cam­bio della guar­dia al ver­tice dispo­ni­bi­lis­sima andrebbe benone. Manca il sema­foro verde del socio, ma dall’incontro, ovvia­mente segre­tis­simo, tra lui e l’ex mini­stra sici­liana, pochi giorni fa, Ber­lu­sconi è uscito com­pia­ciuto. Donna Anna è un’ex magi­strata, è vero, ma gli ha fatto ugual­mente un’ottima impres­sione. I ribelli azzurri non la accet­te­reb­bero mai, però senza fronda nel Pd i fede­lis­simi del capo baste­reb­bero per l’elezione alla quarta votazione.L’ex sin­daco di Roma andrebbe ancora meglio, sia per l’uomo di Arcore che per l’erede fio­ren­tino, ma è un’anatra azzop­pata dalla cop­pia Buzzi-Odevaine. Nulla di penal­mente rile­vante, ma è con l’amministrazione Vel­troni a Roma, e Ode­vaine suo capo di gabi­netto, che la «29 giu­gno» è pas­sata da pic­cola coo­pe­ra­tiva sociale a grande potenza. Il fronte con­tra­rio al Naza­reno spera di pun­tare su Prodi, messo in campo uffi­cial­mente da Ven­dola ieri, o su un nome simile, gra­dito anche al M5S. Solo se il col­pac­cio non riu­scirà alla quarta o alla quinta vota­zione, il soda­li­zio del Naza­reno potrebbe spez­zarsi. A quel punto entre­ranno in gioco i can­di­dati gra­diti all’Europa, e con gli intimi Ber­lu­sconi si è lasciato sfug­gire che in fondo a lui quel Dra­ghi non dispia­ce­rebbe. Per Renzi, invece, sarebbe una calamità.

fonte: il Manifesto

http://ilmanifesto.info/il-nazareno-risorge-allalba/