Thyssen: pene ridotte protesta dei parenti

Processo Thyssen, pene ridotte: la protesta dei parenti

Lievi sconti di pena per il rogo dell’acciaieria in cui morirono sette operai. All’ad Espenhahn 9 anni e 8 mesi. I familiari delle vittime: “Vergogna, loro sono liberi e i nostri cari al cimitero”

di OTTAVIA GIUSTETTI e JACOPO RICCA

Sono state ridotte le condanne per tutti i sei imputati del processo per il rogo della Thyssenkrupp che nel dicembre 2007 costò la vita a sette operai. Lo ha deciso la Corte d’assise d’appello di Torino, cui la Cassazione, dichiarando colpevoli gli imputati, aveva rimandato il fascicolo per rideterminare le condanne. Per l’amministratore delegato della multinazionale tedesca, Harald Espenhahn, la pena scende da dieci anni a nove anni e otto mesi. I famigliari delle sette vittime hanno protestato in aula, contestando la decisione: “È una vergogna questa sentenza, non capiamo perché se sono responsabili siano ancora liberi, mentre i nostri figli sono al cimitero”. Anche Antonio Boccuzzi, deputato del Pd, unico sopravvissuto al rogo, si è detto rammaricato per come “non sia stato riconosciuto il dolo dei responsabili della morte dei miei colleghi”. “Con quella di oggi – ha aggiunto – ci sono state quattro sentenze e ogni volta è stato tolto un pezzettino”.

Processo Thyssen, pene ridotte in appello scatenano l’ira dei parentiLa sentenza del processo di appello bis per la tragedia è arrivata come previsto alle 15. La Cassazione aveva stabilito che la Corte d’assise d’appello avrebbe dovuto ricalcolare le pene per i sei imputati. Oltre a Espenhahn, la Corte ha accordato pochi mesi di riduzione di pena per tutti e sei gli imputati: Gerald Priegnitz e Marco Pucci sono stati condannati a 6 anni e 10 mesi, mentre per Daniele Moroni la sentenza ha stabilito 7 anni e 6 mesi, quattro mesi in meno per Raffaele Salerno. Pena ridotta a 6 anni e 8 mesi per Cosimo Cafueri. Le richieste del pg Vittorio Corsi, che ieri aveva chiesto la conferma di dieci anni di carcere per l’amministratore delegato della multinazionale dell’acciaio Harald Espenhahn, sono state sostanzialmente  state ridotte le condanne per tutti i sei imputati del processo per il rogo della Thyssenkrupp che nel dicembre 2007 costò la vita a sette operai. Lo ha deciso la Corte d’assise d’appello di Torino, cui la Cassazione, dichiarando colpevoli gli imputati, aveva rimandato il fascicolo per rideterminare le condanne. Per l’amministratore delegato della multinazionale tedesca, Harald Espenhahn, la pena scende da dieci anni a nove anni e otto mesi. I famigliari delle sette vittime hanno protestato in aula, contestando la decisione: “È una vergogna questa sentenza, non capiamo perché se sono responsabili siano ancora liberi, mentre i nostri figli sono al cimitero”. Anche Antonio Boccuzzi, deputato del Pd, unico sopravvissuto al rogo, si è detto rammaricato per come “non sia stato riconosciuto il dolo dei responsabili della morte dei miei colleghi”. “Con quella di oggi – ha aggiunto – ci sono state quattro sentenze e ogni volta è stato tolto un pezzettino”.
Processo Thyssen, pene ridotte in appello scatenano l’ira dei parenti

La sentenza del processo di appello bis per la tragedia è arrivata come previsto alle 15. La Cassazione aveva stabilito che la Corte d’assise d’appello avrebbe dovuto ricalcolare le pene per i sei imputati. Oltre a Espenhahn, la Corte ha accordato pochi mesi di riduzione di pena per tutti e sei gli imputati: Gerald Priegnitz e Marco Pucci sono stati condannati a 6 anni e 10 mesi, mentre per Daniele Moroni la sentenza ha stabilito 7 anni e 6 mesi, quattro mesi in meno per Raffaele Salerno. Pena ridotta a 6 anni e 8 mesi per Cosimo Cafueri. Le richieste del pg Vittorio Corsi, che ieri aveva chiesto la conferma di dieci anni di carcere per l’amministratore delegato della multinazionale dell’acciaio Harald Espenhahn, sono state sostanzialmente accolte.

In mattinata il dibattimento aveva visto le arringhe delle difese. Il legale dell’amministratore delegato, Ezio Audisio, rivolgendosi alla corte aveva detto: “Auspico che la vostra sentenza non sia una sentenza esemplare, ma giusta, e determini la pena base sull’omicidio colposo con il minimo grado di colpa, che tenga conto sì dei sette morti, ma anche dell’incensuratezza dell’imputato”. La richiesta era di “una pena prossima ai minimi edittali e che conceda di avere accesso ai benefici delle pene alternative”. L’avvocato Guido Alleva, difensore di Priegnitz e Pucci, si era rivolto ai giudici popolari: “Dovete conoscere le persone che state giudicando. I miei assistiti non sono tra quelli che avevano competenze, né alla produzione, né hanno un rapporto con gli stabilimenti, non solo quelli di Torino, ma in generale gli stabilimenti”.

In aula, con i famigliari delle sette vittime del rogo, ha atteso la sentenza anche il segretario della Fiom Torino Federico Bellono.

L’incendio all’acciaieria Thyssen divampò la notte del 6 dicembre 2007, quando la fuoriuscita di un getto d’olio infuocato da un macchinario investì un gruppo di operai ustionandone a morte sette, che uno dopo l’altro si spensero nei giorni successivi dopo una lunga agonia. Il processo istruito dal procuratore aggiunto Raffaele Guariniello vide contestare per la prima volta, in un caso di infortunio sul lavoro, il reato di omicidio volontario con dolo eventuale: fu per questo reato che in primo grado l’ad di Thyssen Harald Espenhahn fu condannato a 16 anni e mezzo. Per i giudici, che accolsero la tesi della procura, il manager espose consapevolmente gli operai dello stabilimento al rischio concreto di infortuni mortali, non volendo più investire denari in misure di sicurezza per una fabbrica destinata a chiudere di lì a pochi mesi.

La sentenza di primo grado, che se confermata avrebbe segnato una significativa evoluzione giurisprudenziale, fu poi ridimensionata in appello: in secondo grado l’imputazione principale fu derubricata in omicidio colposo aggravato ed Espenhahn, colpevole di aver lasciato lo stabilimento senza adeguate misure antincendio nella speranza che non accadesse nulla, fu condannato a dieci anni. Una ricostruzione confermata dalla Cassazione che, ribadendo l’ipotesi di un gravissimo omicidio colposo plurimo, rispedì tuttavia le carte a Torino perché un’altra Corte d’assise d’appello ricalcolasse le condanne per un piccolo errore nel meccanismo sanzionatorio.

La sentenza Thyssen resta comunque una delle condanne più pesanti mai inflitte in Italia per un infortunio sul lavoro.

fonte: la Repubblica

http://torino.repubblica.it/cronaca/2015/05/29/news/processo_thyssen_il_difensore_di_espenhahn_e_incensurato_siate_giusti_e_non_esemplari_-115556307/?ref=HREC1-3