Intervista. Giorgio Benvenuto, allora segretario Uilm:«Sono uno dei pochi superstiti di un anno straordinario in cui, da minoritari, anticipammo lo Statuto»
Massimo Franchi – EDIZIONE DEL20.05.2020 . PUBBLICATO19.5.2020, 23:59
Sono un superstite, uno dei pochi rimasti, ma sono contento di raccontare una pagina nobile della storia del nostro paese». A 82 anni Giorgio Benvenuto in questi giorni passa da un intervento Skype alle interviste televisive con la lucidità di un ragazzo che parla con passione di una battaglia vinta.
Benvenuto, lei divenne segretario generale della Uilm nel 1969 dopo una lunga gavetta sindacale. Furono dodici mesi indimenticabili.
Sono entrato nel sindacato nel 1955 e mi laureai in giurisprudenza alla Sapienza di Roma nel 1960 con una tesi sulle Commissioni interne nelle fabbriche. Se l’intuizione di una legge organica per i lavoratori si può far risalire addirittura a Turati con “Rifare l’Italia” del 1919 e poi alla Fiom di Buozzi, martire del fascismo, prima di Di Vittorio che lo disegnò organicamente negli anni ’50, in realtà la sua approvazione è arrivata tardi rispetto agli altri paesi europei. Lo spazio politico si era aperto nel 1963 con la sollevazione contro il governo Tambroni e l’avvio del centrosinistra con Moro. Il boom economico fu fatto sulla pelle dei lavoratori e le fabbriche in quegli anni erano turbinose. Ricordo che noi ci entravamo solo scortati dai lavoratori con i capi del personale che ci diffidavano dall’entrare e poi ci denunciavano perché al tempo le fabbriche erano «proprietà privata». Con lo Statuto arrivò l’amnistia per 14mila denunce, io ne avrò avute decine e decine. Ma tutto fu figlio della nostra lotta dell’autunno caldo.
Lei da socialista a chi dà la palma del vero autore dello Statuto: Gino Giugni o Giacomo Brodolini?
Tra i due, capisco spiazzandola, le direi Donat Cattin. Perché è vero che Brodolini presentò la proposta di legge nel 1969, ma poi purtroppo morì e fu sostituito come ministro del Lavoro dal democristiano Donat Cattin che ebbe l’intelligenza di confermare Gino Giugni come braccio destro al ministero, dando continuità al progetto. Fu Giugni a trovare le soluzioni pratiche che fecero accelerare l’approvazione dello Statuto. E in più fece anticipare le norme previste nella trattativa nel contratto dei metalmeccanici. Diritto di assemblea, deleghe, diritti dei sindacalisti: tutte quelle clausole contrattuali finirono poi nella legge. Una legge non calata dall’alto ma nata dal nostro impegno unitario.
Il Pci però si astenne:considerava lo Statuto insufficiente. Ci furono pressioni in quelle settimane?
Nessuna pressione sul sindacato. Il Pci sosteneva che si sarebbe potuto fare di più ed era contrario al fatto che i diritti previsti dallo Statuto si esprimevano in diritti in capo al sindacato e non ai lavoratori. Fu lo stesso Donat Cattin a difendere anche l’articolo 28: il comportamento antisindacale con decisione immediata del giudice… per continuare a leggere cliccare: https://ilmanifesto.it/statuto-dei-lavoratori-lautunno-caldo-scrisse-il-testo/?fbclid=IwAR2OD57ZMsGMpAFaOnYqy0IX7iWznA1_dFfhNUlkHSAMXaKbWNAXpQEyuBU