mio commento: i dati magari faranno pensare a una ripresa, che non mi pare ci sia effettivamente. Il dato di fatto è che le aziende italiane continuano a chiudere. Il lavoro continua a mancare. Non si vede l’ombra di una politica industriale. Lo Stato tende a vendere e quindi a privatizzare. Sarò pessimista, ma il quadro non fa pensare a nulla di buono nel breve e forse nemmeno nel medio/lungo termine. Chi paga la recessione e la deflazione poi sono puntualmente Lavoratrici, Lavoratori e le famiglie meno abbienti. La storia conferma tutto ciò. Non possiamo solo attendere gli eventi. E’ necessario fare delle scelte di campo perchè non è più possibile dare fiducia a quello che ormai obsoleto, vecchio e passato di moda. Mi riferisco a coloro che hanno condotto il Paese allo stato attuale. Chi vuole capire capisca. Mario Piromallo
Spiragli di ripresa: la fiducia dei consumatori al top dal 2002
Bene anche il dato sulle imprese, con l’indice ai massimi dal giugno del 2011. L’effetto benefico del Quantitative easing
MILANO – L’andamento dei consumi nel corso del 2014, con l’ennesimo calo delle vendite, chiama alla massima prudenza. Ma l’Italia registra due nuove indicazioni positive che rafforzano la convinzione del governo e degli economisti che il vento stia girando. Secondo i dati Istat, infatti, la fiducia dei consumatori a febbraio mette a segno un balzo che la proietta al picco dal giugno 2002, ovvero da quasi tredici anni. L’indice che misura l’ottimismo sale infatti a 110,9 punti (da 104,4 di gennaio), nel periodo caratterizzato dall’elezione del presidente della Repubblica e dai dati positivi sull’occupazione.
Segnali di ripresa anche sul fronte delle aziende, con la fiducia delle imprese che a febbraio sale ai massimi dal giugno del 2011 e l’indice che si porta a 94,9 punti (da 91,6 di gennaio). Per l’Istat, la rilevazione potrebbe risentire anche degli effetti di quanto accaduto negli ultimi giorni di gennaio, quando è stato annunciato il Quantitative easing della Banca centrale europea, che sta facendo bene anche ai mercati: le azioni globali non sono state mai così in alto come in questi giorni.
I consumatori. L’Istituto di Statistica spiega che a spingere l’ottimismo dei cittadini è in particolare “la componente economica, che passa a 130,9 da 111,1, rispetto a quella personale, che sale solo lievemente, passando a 103,7 da 102,2”. Si tratta della parte di indice costruita in base ai giudizi e alle attese sull’andamento economico complessivo del Paese, oltre che a quelle sulle prospettive di occupazione. L’Istat sottolinea che, disaggregando il clima di fiducia corrente e futuro, si registra un aumento più significativo per quello futuro (a 116,6 da 107,4), rispetto a quello corrente (a 106,7 da 102,5). Ancora, “i giudizi dei consumatori migliorano sia con riferimento all’attuale situazione economica del Paese (a -73 da -101, il saldo), sia per quanto riguarda le attese (a 23 da -3, il saldo)”.
Le risposte degli italiani ricalcano le indicazioni macroeconomiche che giungono da più parti: la paura della deflazione è testimoniata dal fatto che il saldo dei giudizi sulla dinamica dei prezzi al consumo negli ultimi 12 mesi mostra una diminuzione a -27 da -22 e quello delle attese per i prossimi 12 mesi conferma questa tendenza (a -33 da -31, il saldo). Di fatto, la metà degli italiani (il 52%) si attende prezzi stabili. Migliorano decisamente le aspettative sulla disoccupazione (a 10 da 40, il saldo): diminuisce al 23,5% dal 32,9% la quota di coloro che si attendono un lieve aumento e all’11,8% dal 15,7% quella di coloro per cui l’aumento sarà più marcato.
Le imprese. Gli incrementi di ottimismo si registrano in molti settori: servizi di mercato (a 100,4 da 94,9), commercio al dettaglio (a 105,3 da 99,4) e manifattura (a 99,1 da 97,6), mentre scende lievemente quello delle imprese di costruzione (a 76,6 da 77,4). In quest’ultimo caso, peggiorano le attese sull’occupazione (a -18 da -17, il saldo), mentre i giudizi sugli ordini e/o piani di costruzione rimangono stabili (a -53).
L’Europa. I dati italiani contrastano con quanto avviene nel resto del Vecchio continente. A febbraio l’indicatore di fiducia business (Bci) per l’area dell’euro è leggermente diminuito da 0,05 punti a 0,07 punti. Le aspettative dei manager sulla produzione, spiega una nota della commissione europea, sono peggiorate; di contro le loro valutazioni sulle scorte di prodotti finiti sono state riviste al rialzo mentre le attese sugli ordini dall’estero sono rimasti invariate.
fonte: la Repubblica
http://www.repubblica.it/economia/2015/02/26/news/spiragli_di_ripresa_la_fiducia_dei_consumatori_al_top_dal_2002-108218458/?ref=HREA-1