Somoza: una lezione globale

immagine tratta dal sito di Alfredo Somoza

Una lezione globale

Pubblicato: 24 maggio 2020 in Mondo
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Al di là delle facili retoriche, la pandemia di Covid-19 è destinata a lasciare segni profondi, che si evidenzieranno nei prossimi mesi. Anzitutto, una rinnovata spinta a investire nella sanità e nella ricerca scientifica pubbliche, unica garanzia di efficaci risposte davanti a situazioni come queste. I Paesi e gli enti locali che, nel corso degli anni, hanno scelto di non puntare sulla sanità pubblica per favorire quella privata stanno pagando un prezzo altissimo. Dagli Stati Uniti al Regno Unito, dal Brasile alla Lombardia, quando si è trattato di fronteggiare un evento drammatico di vasta portata come la pandemia, la sanità privata ha mostrato di colpo tutti i suoi limiti. Aziende che hanno come obiettivo la massimizzazione dei profitti danno priorità a quelle patologie le cui cure offrono maggiori margini di guadagno: non erano dunque pronte a farsi carico di una massa di contagiati bisognosi di unità di terapia intensiva e respiratori, e mancavano tanto di personale medico specializzato quanto di dispositivi di protezione personale.

Paradossalmente, Paesi molto più poveri hanno reagito meglio. A Cuba, in Costa Rica, Sierra Leone e addirittura nella Repubblica Democratica del Congo si è vista l’importanza della medicina territoriale preventiva, capace di difendere la popolazione dal propagarsi del contagio. Ambulatori locali, paramedici in costante contatto con la popolazione, conoscenza dei metodi di protezione dai virus e bassa ospedalizzazione sono state le armi vincenti, mentre altrove si assisteva al tracollo della medicina altamente specializzata, incentrata sull’ospedalizzazione e su ingenti finanziamenti.

L’altro tema che sta emergendo dal dibattito in sede OMS è la responsabilità del mancato coordinamento tra i Paesi nel momento della diffusione della pandemia. Tradotto: l’abbandono – anzi, il boicottaggio – del multilateralismo ha ostacolato gli scambi di informazioni e l’uniformità nella risposta al virus, favorendo invece la competizione per accaparrarsi l’ipotetico vaccino, che ha visto in campo anche i servizi di spionaggio. Si tratta di una declinazione in termini sanitari di quegli stessi problemi che già erano emersi in relazione all’economia e alla risoluzione dei conflitti. Il mondo che era entrato nella pandemia diviso, litigioso, scosso da guerre “vere” e guerre commerciali ne sta uscendo sconfitto. Perché davanti a sfide globali servono risposte globali, che si parli di sanità o di cambiamento climatico.

Da questa crisi emerge un terzo tema. I regimi autoritari o dittatoriali, che in un primo momento sembravano quelli in grado di dare le risposte più efficaci, hanno mentito. In verità, non era difficile immaginarlo. Russia, Cina, Turchia, Egitto hanno nascosto e manipolato i dati, finché la situazione è esplosa in tutta la sua gravità. Proprio quei ritardi, quelle reticenze hanno probabilmente agevolato il contagio nelle sue prime fasi, con le ricadute a lungo termine che ora stiamo vedendo. Ma anche tra i Paesi democratici ci sono stati casi di negazionismo e di ritardi nell’azione di arginamento del contagio. Negli Stati Uniti, in Brasile, nel Regno Unito i massimi esponenti delle istituzioni sono rei di avere minimizzato ciò che stava succedendo, incentivando anzi i cittadini a prendere alla leggera le misure di precauzione.

Fondamentale, infine, il tema della comunicazione. Nelle prime settimane abbiamo registrato un’impennata di fake news e teorie complottiste che hanno riproposto alcuni “classici”, come i famigerati laboratori segreti in cui si fabbricherebbero virus letali. La vera novità, però, è di segno opposto: ed è che la comunicazione scientifica ha riguadagnato il suo ruolo, conquistando un’autorevolezza che poche volte le era stata riconosciuta in passato. Le notizie (e anche i dubbi) di medici, ricercatori, esperti dei diversi aspetti della materia hanno avuto grande eco e hanno influenzato le scelte politiche. Per qualche mese c’è stata un’inedita ricomposizione della fiducia tra la grande maggioranza dei cittadini e il mondo della scienza, messa in crisi negli anni scorsi dal proliferare e dal pontificare di “esperti da tastiera”.

Il mondo di domani probabilmente non sarà migliore, ma senza dubbio dovrà prendere atto di queste linee di tendenza. Forse per la prima volta, come non era mai accaduto nemmeno per il tema ambientale, si è capito fino in fondo che siamo tutti sulla stessa barca: e che è meglio che il capitano e il suo equipaggio siano capaci, preparati e trasparenti.