Somoza: ci vorrebbe la Pace

Ci vorrebbe la pace

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immagine tratta dal sito di Alfredo Somoza

Pubblicato: 11 aprile 2019 in Mondo
Tag:conflitto Libiamorti civili conflittimovimento per la pacePacepapa Francesco0

Nelle moderne analisi dei conflitti sui social, per lo più scritte da aspiranti strateghi, la guerra è tornata a essere un gigantesco Risiko. I conflitti vengono spiegati secondo teorie complottistiche di diversa natura, più o meno fantasiose, ma continuano a svolgersi su campi di battaglia reali, che sempre più spesso coincidono con le città. Sui media si assiste a una spettacolarizzazione dell’evento bellico in cui le vittime civili – solo quelle della propria parte, naturalmente – vengono usate a fini propagandistici. Questo accade non solo tra i gruppi belligeranti, cosa che rientrerebbe nella agghiacciante normalità della guerra, ma anche tra i “partigiani da tastiera” dell’una o dell’altra parte.

In Siria sono morti oltre 350.000 civili e circa 4 milioni di persone sono state costrette a fuggire altrove, ma si tratta di dati meno interessanti da commentare rispetto al duello a distanza tra Putin, Erdogan e Trump. In Venezuela, secondo l’ONU, è in corso la più grande crisi umanitaria verificatasi negli ultimi decenni in America Latina, ma sembra poca cosa rispetto alla guerra di propaganda incrociata tra i sostenitori di Guaidó e di Maduro. In Afghanistan il conflitto ha mietuto oltre 100.000 vite umane negli ultimi 15 anni, ma è un dettaglio rispetto al dibattito sul burka.

Ora è il turno della Libia, sconvolta dall’intervento Nato del 2011 contro Gheddafi. Ci spiegano che sono in ballo interessi petroliferi, ed è vero, e che dietro le varie forze in campo si celano l’Arabia Saudita e l’Isis, la Francia e l’Italia, ed è vero anche questo. Quello che nessuno racconta, però, è che da quasi dieci anni gli abitanti di un Paese un tempo relativamente prospero sono precipitati nella miseria e spesso rischiano la vita. E che in questo Stato fallito vivono in condizioni disumane oltre 700.000 immigrati da altri Paesi africani.

Il caso libico visto dall’Italia illustra il grado di cinismo imperante, che riduce la morte di un popolo a spettacolo elettorale. Fino a qualche giorno fa si raccontava la Libia come un Paese “dai porti sicuri”, oggi la capitale Tripoli è sotto assedio, e come in tutti gli ultimi conflitti presto si combatterà casa per casa e strada per strada: come è accaduto nelle scorse settimane a Baghouz in Siria, e prima a Baghdad o a Kabul. E saranno i civili a pagare il conto più salato, da tutti i punti di vista. Le moderne guerre, infatti, assomigliano sempre più alle guerriglie urbane degli anni ’70. Con la differenza che non si tratta di guerriglia bensì di conflitti in piena regola, che si svolgono tra le abitazioni senza che la popolazione sia stata evacuata. Per questo motivo, negli ultimi anni, il numero di vittime civili nei conflitti ha subito un’impennata spaventosa. Un recente rapporto delle Nazioni Unite sottolinea che le guerre attualmente in corso nel mondo coinvolgono 120 milioni di persone, e che le crisi umanitarie stanno aumentando, colpendo un numero maggiore di persone rispetto a quanto accadeva nei decenni precedenti. Sempre più diffusa è l’arma dello stupro di massa, difficilmente perseguibile. Alla fine del 2018, a causa di questi fenomeni 70 milioni di esseri umani, il numero più alto mai registrato, sono stati sradicati dalle loro terre.

Nel gioco della guerra virtuale questi dati vengono cancellati. Spariscono i morti e vengono travisati i superstiti, come quando i profughi di guerra diventano generici “migranti” da respingere. Dei conflitti interessano solo i risvolti economici o politici, reali o immaginari. La parola pace non viene più pronunciata, sopravvive solo nell’Angelus della domenica di papa Francesco. La scomparsa di un forte movimento per la pace ha creato un grande vuoto. C’è bisogno di un nuovo movimento che si batta per superare le partigianerie e perché i conflitti si risolvano attraverso la politica e non con le armi. Lavorare per la pace oggi non va più di moda, ma quanto sarebbe utile riscoprire questo valore per provare a cambiare volto al mondo!

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