Da giorni la neo ministra per l’integrazione, l’italo congolese Cecile Kyenge, è oggetto non solo di attacchi e insulti razzisti vomitati in rete da vigliacchi protetti dall’anonimato ma è anche presa di mira da dichiarazioni pubbliche altrettanto razziste soprattutto da parte di vari esponenti della Lega – Borghezio e Zaia, solo per citarne due – protetti dalla loro collocazione istituzionale. E il quasi silenzio di Maroni che di costoro è capo suona di fatto come implicita approvazione. Quasi silenzio perché il segretario nazionale della Lega si è limitato a “sgridare” Borghezio che nella Lega conta come il due di picche a briscola ma si è ben guardato dal dire qualcosa a Zaia, il potente gerarca verde del Veneto.
Per i razzisti Cecile è perfetta come bersaglio: non solo è nera ma è anche donna, non solo è donna ma è anche nera. Di fronte alla gravità di questi avvenimenti non basta una semplice e scontata dichiarazione di solidarietà (vedi Letta e Alfano), che non si nega a nessuno. Occorre una decisa presa di posizione delle istituzioni ai massimi livelli che porti all’individuazione degli autori degli attacchi razzisti, che faccia chiudere i siti che incitano all’odio razziale e che denunci alla magistratura e alla pubblica opinione – con tanto di nome e cognome – tutti quelli che fanno apologia di razzismo o che lo tollerano facendo finta di non accorgersi di niente. Quelli che “Prima gli italiani” o che “Non sono razzista, ma …”, tanto per intenderci.
Cosa si aspetta ad applicare la legge Mancino? Cosa aspetta Napolitano a intervenire? O vuole usare i poteri semi presidenziali che si è attribuito solo per risolvere le beghe di governo fra Pd, PdL e centristi?
Cecile non si è fatta intimidire. Si è detta fiera di essere nera e ha aggiunto con grande generosità che l’Italia non è un paese razzista. Piena solidarietà a Cecile, ma sull’Italia si sbaglia.
Bruno Carchedi Milano