Sinistra Italiana: “Questa me la paghi” il lavoro deve essere retribuito!

CAMPAGNA CONTRO IL LAVORO POVERO E NON RETRIBUITO
“Questa me la paghi” il lavoro deve essere retribuito!

Sinistra Italiana

In tutt’Italia i livelli di disoccupazione sono insostenibili, specie per i giovani e le donne del sud.
Ma oltre alla disoccupazione dilagano, incentivate da norme e da agevolazioni fiscali e contributive, molteplici forme di lavoro povero e non retribuito.
Troppi non lavorano, molti altri lavorano troppo, moltissimi pur lavorando sono poveri. Tantissimi, specialmente giovani, passano da un lavoro all’altro senza raggiungere condizioni dignitose e senza accantonare contributi adeguati per la pensione.
Molto deve cambiare nelle nostre città, in Italia, in Europa: il lavoro si paga, la dignità non si calpesta.
Abrogare il Jobs Act, reintrodurre l’articolo 18, cancellare il precariato.
L’obiettivo del jobs act e delle riforme del lavoro in tutta l’eurozona è aumentare la precarietà dei contratti di lavoro e rendere i lavoratori più ricattabili a partire dall’abrogazione dell’articolo 18 che imponeva il reintegro per i licenziamenti senza giusta causa: di fatto hanno tolto diritti ai lavoratori e regalato alle imprese la libertà di licenziamento.
Il governo Renzi – Gentiloni ha liberalizzato i voucher, consentito il ricorso ai demansionamenti, depenalizzato il reato di somministrazione fraudolenta di manodopera indebolendo le tutele contrattuali, stravolgendo l’impianto costituzionale e lasciato i lavoratori in una condizione di ricattabilità e precarietà.
È necessario reintrodurre l’art. 18 e sanzionare penalmente la somministrazione irregolare e fraudolenta di manodopera. Lavoro, libertà dignità, come previsto dalla nostra Costituzione.
Il lavoro si paga! Basta voucher e tirocini
Si diffondono a macchia d’olio i tirocini formativi utilizzati per sostituire lavoro stabile e contrattualizzato con lavoro povero e sprovvisto delle tutele minime. Ai tirocinanti viene chiesto di accettare condizioni peggiori con la promessa di un lavoro “decente” che spesso non arriverà mai. Per questo è necessario abrogare i tirocini formativi e di orientamento extracurriculari.

Le pubbliche amministrazioni non devono fare più uso di lavoro gratuito, voucher e altre forme di lavoro lesive della dignità.
Bisogna inoltre eliminare le gare al massimo ribasso che anche mediante sistematiche catene di sub-appalti comprimono le retribuzioni e aumentano lo sfruttamento del lavoro.

Il diritto a un lavoro pagato dignitosamente

È necessario introdurre per tutte le attività di lavoro un corrispettivo minimo adeguato: un equo compenso per le attività professionali e, per gli altri rapporti di lavoro, un salario minimo legale determinato in riferimento ai minimi retributivi del contratto nazionale di lavoro prevalente nel settore nel quale il lavoratore o la lavoratrice presta servizio.
Non si può lavorare ed essere poveri!

Basta soldi alle imprese: diamoli a lavoro e welfare
L’Italia ha speso almeno 16 miliardi in sgravi alle imprese. Soldi che potevano essere destinati ai lavoratori e alla creazione diretta di occupazione.
È necessario eliminare le decontribuzioni per le assunzioni e
destinare risorse al welfare universale troppo spesso sostituito dal welfare aziendale che nega i principi costituzionali.
Le risorse risparmiate devono essere trasferite in un fondo per investimenti pubblici con politiche industriali mirate e per finanziare la sanità pubblica e il servizio sanitario nazionale.

No alla alternanza scuola lavoro

Diciamo no a questo modello di alternanza scuola lavoro obbligatoria tra i frutti peggiori dalla legge 107/2015 (la “Buona Scuola” di Renzi), che porta un milione cinquecento mila studenti a diventare manodopera gratuita per le imprese senza adeguato progetto formativo e in sostituzione delle ore di lezione.

No all’Europa della competizione al ribasso.

L’Europa non può essere il continente della precarietà, dei bassi salari e della competizione al ribasso. Per questo bisogna cancellare la direttiva Bolkestein, la direttiva sui lavoratori dislocati, la direttiva servizi professionali e combattere i trattati europei che in nome del dogma della concorrenza e nel totale disinteresse della questione sociale hanno consentito il peggioramento delle condizioni di vita dei cittadini europei e italiani in termini di condizioni del lavoro, retribuzioni e welfare.
Le Direttive impongono il “principio del paese di origine”, ossia l’applicazione nel paese in cui si presta lavoro delle condizioni contrattuali del paese di provenienza.
ll principio del Paese di origine va sostituito con il “principio di territorialità”, ossia, da un lato, le attività (ad esempio, i servizi di call center) devono essere svolte nel territorio dove effettivamente opera l’impresa committente e, dall’altro, alle attività svolte, a prescindere dal paese di origine del lavoratore o dell’impresa, vanno applicate le condizioni contrattuali del paese di svolgimento delle attività.

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