Le pubbliche amministrazioni non devono fare più uso di lavoro gratuito, voucher e altre forme di lavoro lesive della dignità.
Bisogna inoltre eliminare le gare al massimo ribasso che anche mediante sistematiche catene di sub-appalti comprimono le retribuzioni e aumentano lo sfruttamento del lavoro.
Il diritto a un lavoro pagato dignitosamente
È necessario introdurre per tutte le attività di lavoro un corrispettivo minimo adeguato: un equo compenso per le attività professionali e, per gli altri rapporti di lavoro, un salario minimo legale determinato in riferimento ai minimi retributivi del contratto nazionale di lavoro prevalente nel settore nel quale il lavoratore o la lavoratrice presta servizio.
Non si può lavorare ed essere poveri!
Basta soldi alle imprese: diamoli a lavoro e welfare
L’Italia ha speso almeno 16 miliardi in sgravi alle imprese. Soldi che potevano essere destinati ai lavoratori e alla creazione diretta di occupazione.
È necessario eliminare le decontribuzioni per le assunzioni e
destinare risorse al welfare universale troppo spesso sostituito dal welfare aziendale che nega i principi costituzionali.
Le risorse risparmiate devono essere trasferite in un fondo per investimenti pubblici con politiche industriali mirate e per finanziare la sanità pubblica e il servizio sanitario nazionale.
No alla alternanza scuola lavoro
Diciamo no a questo modello di alternanza scuola lavoro obbligatoria tra i frutti peggiori dalla legge 107/2015 (la “Buona Scuola” di Renzi), che porta un milione cinquecento mila studenti a diventare manodopera gratuita per le imprese senza adeguato progetto formativo e in sostituzione delle ore di lezione.
No all’Europa della competizione al ribasso.
L’Europa non può essere il continente della precarietà, dei bassi salari e della competizione al ribasso. Per questo bisogna cancellare la direttiva Bolkestein, la direttiva sui lavoratori dislocati, la direttiva servizi professionali e combattere i trattati europei che in nome del dogma della concorrenza e nel totale disinteresse della questione sociale hanno consentito il peggioramento delle condizioni di vita dei cittadini europei e italiani in termini di condizioni del lavoro, retribuzioni e welfare.
Le Direttive impongono il “principio del paese di origine”, ossia l’applicazione nel paese in cui si presta lavoro delle condizioni contrattuali del paese di provenienza.
ll principio del Paese di origine va sostituito con il “principio di territorialità”, ossia, da un lato, le attività (ad esempio, i servizi di call center) devono essere svolte nel territorio dove effettivamente opera l’impresa committente e, dall’altro, alle attività svolte, a prescindere dal paese di origine del lavoratore o dell’impresa, vanno applicate le condizioni contrattuali del paese di svolgimento delle attività.
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