Un sindaco gaio, il Pride di Roma comincia qui

Pride 2014

Un sindaco gaio, il Pride di Roma comincia qui

Lgbtqi. L’Onda dell’orgoglio omosessuale e trans comincia dalla Capitale. Duecentomila persone invadono la città: «Diritti, matrimoni gay e norme contro l’omofobia».

Ci hanno messo la fac­cia e pure i corpi. Dicias­sette per l’esattezza. Un po’ troppo sobri, forse, per il gran car­ne­vale che sfila sui carri come ogni anno e invade le strade della capi­tale, ma l’effetto dei quin­dici pre­si­denti di muni­ci­pio con le loro fasce gial­lo­rosse, incor­do­nati al sin­daco Igna­zio Marino e al suo vice Luigi Nieri in aper­tura della parata, tra le ban­diere sven­to­lanti degli atei dell’Uaar e del Cir­colo Mario Mieli, vale tutto il Pride. Sono loro, per una volta, l’orgoglio di una città final­mente normale.

Ci sono voluti vent’anni per otte­nere qual­cosa che nel mondo evo­luto è già archeo­lo­gia. Un anno fa Marino, appena eletto, non se la sentì di sfi­dare quella parte di elet­to­rato cat­to­lico ben­pen­sante e un po’ omo­fo­bico che pure lo aveva soste­nuto, e disertò un appun­ta­mento mon­diale in difesa dei diritti civili uni­ver­sali che negli Stati uniti, dove il sin­daco ha vis­suto a lungo, porta a sfi­lare per­fino interi corpi di poli­zia, tra­ve­stiti e festanti per l’occasione. Una pre­senza «molto impor­tante per­ché il sin­daco Igna­zio Marino oggi rap­pre­senta tutta la città», com­menta Andrea Mac­car­rone – por­ta­voce della prima delle tre­dici parate dell’Onda Pride che quest’anno attra­ver­serà l’Italia fino al 19 luglio sosti­tuendo l’edizione nazio­nale – che ricorda: «L’unica volta pre­ce­dente era stato nel 1994, alla prima edi­zione del Roma Pride, quando Fran­ce­sco Rutelli (che allora era ancora iscritto al par­tito Radi­cale, ndr) scese dal Cam­pi­do­glio e rag­giunse il corteo».

«Una festa ma anche una mani­fe­sta­zione arrab­biata», spie­gano gli orga­niz­za­tori die­tro lo stri­scione di aper­tura, «Adesso fuori i diritti». L’assenza di un governo che, forte del suo 41% appena incas­sato, potrebbe per­met­tersi un po’ di peda­go­gia senza dele­garla solo alla Rai, è insop­por­ta­bile. «C’è tanto da fare ancora per con­qui­stare i nostri diritti — con­ti­nua Mac­car­rone — Le unioni civili ser­vono per tutti ma noi miriamo ai matri­mo­nio egua­li­tari, alla piena ugua­glianza, a leggi a tutela delle nostre fami­glie e dei nostri figli, a leggi per le per­sone trans. Il governo è indie­tro rispetto a que­sti temi: non ha ancora nomi­nato nem­meno un mini­stro per le pari oppor­tu­nità e ha bloc­cato di fatto il con­tra­sto al bul­li­smo omo­fo­bico nelle scuole». Ed ecco, tra le decine di migliaia di per­sone (200 mila secondo gli orga­niz­za­tori) e i 25 Tir sound system che sfi­lano per l’orgoglio Lgb­tqi, un carro fune­bre come rap­pre­sen­ta­zione alle­go­rica della morte della demo­cra­zia: «Qui giace l’amor senza diritto». «Renzi dichiara: no ai matri­moni gay e alle ado­zioni. Gra­zie Pd», recita il mani­fe­sto fune­bre. La fac­cia, Mat­teo, non ce l’ha messa. Pec­cato, avrebbe fatto una bella figura con quei colori sul viso, come nella cam­pa­gna «Ci vediamo fuori» a cui ha ade­rito Nichi Ven­dola. Lui, il lea­der di Sel, nel cor­teo c’è, col suo com­pa­gno. «In Ita­lia biso­gna supe­rare que­sta cappa di oscu­ran­ti­smo e ipo­cri­sia che in que­sti anni ci ha impe­dito di fare i conti con la moder­nità e la sog­get­ti­vità – dichiara il gover­na­tore della Puglia — Chie­diamo al governo in carica di non fare la danza del rin­vio e a non gio­care a rim­pic­cio­lire ciò che appar­tiene alla sacra­lità dei diritti».

È l’ex pre­si­dente del Pd, Gianni Cuperlo, che sfila nel cor­teo, a richia­mare il suo par­tito, «il governo e il par­la­mento, natu­ral­mente», ad avere «più corag­gio». «Abbiamo due tra­guardi che dob­biamo tagliare — ricorda Cuperlo – com­ple­tare l’iter della legge con­tro l’omofobia, che è ferma al Senato, anche miglio­ran­dola; e una legge sulle unioni civili, che è un impe­gno che ci siamo assunti in cam­pa­gna elet­to­rale e che adesso va man­te­nuto». Anche Marino fa la sua parte: «Subito dopo il voto sul bilan­cio calen­da­riz­ze­remo in Con­si­glio comu­nale la deli­bera sulle unioni civili – pro­mette il sin­daco – ma non è suf­fi­ciente. Dob­biamo spin­gere sul par­la­mento affin­ché l’Italia superi que­sta ver­go­gna di essere rima­sta indie­tro rispetto al resto dell’Unione Euro­pea». Ma Fabri­zio Mar­razzo, por­ta­voce di Gay Cen­ter, lo incalza: «Se Roma avrà il regi­stro delle unioni civili, Marino dovrebbe fare da subito un gesto sim­bo­lico e cele­brare un matri­mo­nio gay. Magari in piazza Mon­te­ci­to­rio. Dalla capi­tale può par­tire una grande bat­ta­glia per avere final­mente una legge». E arri­vare così al seme­stre di pre­si­denza euro­pea con la dignità di un Paese civile.

fote: il Manifesto

http://ilmanifesto.info/un-sindaco-gaio-il-pride-comincia-qui/