Serve una politica a favore delle masse popolari
RIFLESSIONI – LA VANDEA
L’abolizione della feudalità decisa il 4 agosto 1789 aveva garantito l’appoggio dei contadini al processo rivoluzionario che aveva fino ad allora coinvolto Parigi e pochi altri grandi centri urbani. Come mai tTra il 1793 e il 1796 si sviluppa la reazione vandeana? I contadini erano profondamente delusi perché nella compravendita dei beni nazionali la parte del leone era spettata ai borghesi delle città e perché la rivoluzione non li aveva liberati dal peso soverchio dei tributi. In una situazione di malcontento generale aggravato dalla presunta ispirazione anti cristiana della rivoluzione la decisione della Convenzione di arruolare 300.000 giovani per far fronte alla guerra scatenò la sollevazione delle masse contadine della Vandea e di alcune regioni vicine.
Le masse contadine vengono subornate dal Clero refrattario e dai nobili anche se non sono monarchiche e si ribellano alla coscrizione dei loro giovani.
IL BRIGANTAGGIO
Dopo l’unità d’Italia i problemi delle classi subalterne rimasero irrisolti: ne soffrirono soprattutto i contadini meridionali le cui speranze di riscatto sociale, suscitate a suo tempo dalla spedizione garibaldina, furono completamente frustrate. Questa delusione li spinse ad alimentare in misura crescente il Brigantaggio che dal 1861 assunse proporzioni sempre più vaste. Francesco II di Borbone tentò di servirsene per restaurare la propria sovranità sull’ex Regno delle Due Sicilie. L’imposta sul macinato, l’impossibilità di acquistare i beni terrieri che lo stato aveva confiscato agli ordini religiosi, la coscrizione obbligatoria determinarono quella che molti considerano una vera e propria guerra civile che vedeva da una parte l’esercito dell’appena costituito Regno d’Italia e dall’altra grandi masse di contadini e braccianti del Sud che impugnavano la bandiera bianca dei Borboni.
Secondo me il voto a Salvini ha un po’ le stesse caratteristiche: gli strati più bassi della popolazione sentono che il divario sociale aumenta, che il lavoro manca e quando c’è non è in grado di garantire la sopravvivenza, i miliardi si spendono per salvare le banche, le politiche recessive colpiscono soprattutto in basso, le tasse diminuiscono per i ricchi mentre per i poveri ci son o gli aumenti delle bollette, ecc.
La risposta delle masse diseredate del Nord e soprattutto del Sud a questi soprusi è sbagliata, ma le ragioni sono vere. Secondo me dobbiamo smetterla di colpevolizzare il popolo che non capisce, ma dobbiamo sforzarci di comprendere cosa vuol dire fare una politica a favore delle masse popolari.
Il disprezzo per il popolo ignorante (che spesso si cela anche dietro il termine populismo) è sbagliato così come sono sbagliate alcune campagne del tipo:
– Gran parte degli elettori di Salvini non ha la terza media (come se di laureati imbecilli e opportunisti ce ne fossero pochi; come se cultura e titolo di studio fossero la stessa cosa; come se cultura e erudizione fossero sinonimi)
– Gli elettore della Lega sono tutti fascisti (il voto incazzato ogni tanto si rivolge anche a sinistra)
– Gli elettori della destra mancano di cultura (ma il mondo della cultura si è mai posto il problema di parlare alle masse popolari uscendo dall’autoreferenzialità che lo contraddistingue da decenni?)
Forse dovremmo tornare a leggere gli autori del populismo italiano del secondo dopoguerra (Vittorini, Pratolini, Silone, Carlo Levi, Pasolini, Pavese, Cassola); forse dovremmo rileggere i romanzi del populismo russo di fine Ottocento; forse dovremmo riappropriarci del termine “populismo” distinguendolo da altri termini più utili per individuare le posizioni politiche ambigue come: demagogia, velleitarismo, qualunquismo, superficialità, faciloneria.
Senza il coinvolgimento del popolo qualsiasi strategia rivoluzionaria è destinata a fallire, non solo per un problema numerico, ma anche perché nel popolo, nonostante tutte le deviazioni indotte dal sistema, valori come la solidarietà e la voglia di riscossa esistono ancora.