di Angelo Gerosa. A Sesto San Giovanni vi è una reale situazione di emergenza abitativa con oltre mille famiglie in graduatoria per ottenere l’assegnazione di un alloggio pubblico.
Un emergenza a cui non si riesce a far fronte con misure ordinarie, nonostante Sesto sia tra le primissime città in Lombardia in quanto a edilizia residenza pubblica (ERP) con circa 1000 alloggi di proprietà comunale e quasi 1.500 alloggi di proprietà regionale (’Aler), e nonostante l’attiva presenza del movimento cooperativo.
Il rischio è che il numero di famiglie in attesa della casa popolare aumenti ulteriormente in quanto il numero di alloggi che si libera è di qualche decine all’anno, non vi sono cantieri di ERP aperti in città e la crisi morde con sempre più forza aumentando il numero degli sfratti sia per morosità che per mancato pagamento del mutuo. Una graduatoria che rischia di allungarsi ulteriormente anche perché il mercato non risponde a questa domanda casa.
In città infatti vi sono centinaia di alloggi vuoti che non vengono affittati per il timore di imbattersi in inquilini morosi e quindi di doversi imbarcare in una lunga, costosa ed antipatica procedura di sfratto.
Encomiabile quindi l’iniziativa presentata dal vicesindaco nonchè assessore alla casa Felice Cagliani: il comune ha avviato l’iniziativa di cercare alloggi da affittare direttamente per poi subaffittare alle famiglie in graduatoria, garantendo il pagamento dell’affitto e la corretta conduzione dell’immobile.
L’iniziativa “Il comune cerca casa” venne già sperimentata una quindicina di anni orsono e per la verità non ebbe un clamoroso successo. A quel tempo si riuscì ad affittare più o meno una decina di alloggi.
Personalmente ritengo che questa volta potrebbe andare meglio per alcune precise ragioni: la crisi ha messo molti piccoli proprietari nella necessità di porre a reddito il proprio alloggio, pure l’aumento della tassazione sulle seconde case spinge in questa direzione, i costi di una eventuale ristrutturazione godono del contributi fiscale e, non ultimo, il prezzo degli affitti sul libero mercato sono diminuiti.
A proposito di prezzo: il comune paga quanto stabilito dall’accordo locale che tutti i sindacati casa e tutte le associazioni di categoria sottoscrissero una quindicina d’anni orsono.
Conosco l’accordo in quanto ebbi l’onore di promuoverlo e sottoscriverlo in qualità di vicesindaco. Fù il primo accordo siglato in Lombardia e fece scuola in quanto premiò fortemente la riqualificazione degli alloggi.
Mi spiego meglio prendendo ad esempio di un alloggio di 50 metri quadrati. Il canone mensile varia da un minimo di 150 euro ad un massimo di 500 euro in base alla posizione ma soprattutto alla qualità.
I requisiti di qualità sono stabiliti con precisione (numero e funzionalità dei bagni, servizi, ascensore, finestre, impianti ecc.) evidenziando che un investimento di riqualificazione troverebbe anche il giusto ritorno economico.
Ad onor del vero, fu proprio il sindacato considerato più intransigente nella difesa dei senza casa e cioè l’Unione Inquilini che nel corso delle lunghe trattative che portarono all’accordo spinse nella direzione di aumentare la forbice del canone allo scopo di sfavorire la proprietà assenteista. Una posizione di lotta alla proprietà assenteista che, a distanza di oltre quindici anni, pare trovare conferma nella clamorosa loro occupazione dell’edificio abbandonato ex Impregilo.