di Nadia Cremascoli. Oggi mi vedo costretta a richiamare l’attenzione dei lettori su di una storia drammatica che vede come protagonista una persona a me molto cara. Una storia, purtroppo quasi ordinaria i cui nomi per ovvi motivi saranno inventati.
“Giovanna” da agosto mi racconta di come le cose tra lei e l’uomo che sta frequentando,” Salvatore” ,stanno degenerando. Segnali ce n’erano stati anche poco prima: i soliti segnali di quell’incipiente violenza sul corpo delle donne che purtroppo troppo spesso tendiamo a vivere come un attacco d’ira, che ci genera sensi di colpa e fa scattare il famigerato spirito da crocerossina: “Io lo salverò”.
Ma le cose sono andate peggiorando e non essendo più episodiche lei ha deciso di darci un taglio. Meglio finire una storia che non trovarsi poi ad assistere ad una escalation di violenza. Oltretutto ha una figlia minorenne in casa, che comincia a preoccuparsi e a risentire delle continue tensioni.
Ma Giovanna è una donna forte, presa la decisione non è torna indietro.
Veramente ha avuto poco tempo per piangersi addosso: sono cominciate a piovere telefonate, messaggi, se lo ritrovava ovunque, spesso ubriaco o sotto effetto di droghe. Le minacce erano all’ordine del giorno e diventavano sempre più pesanti.
Un pomeriggio di una domenica nebbiosa ci vediamo, parliamo, io assisto ad un continuo suonare del telefono, mi fa vedere i messaggi e io personalmente non ho dubbi, per me deve denunciarlo. Esprimo la mia opinione. Qui si è passato il confine. Ma la vedo tesa, preoccupata e… spaventata: come si può denunciare un uomo a cui si è voluto bene?
Torna a casa e il caso vuole che verso sera il Sindaco della nostra città è da lei, sono sedute, chiacchierano e anche lei avverte le mie stesse perplessità. Ma è più decisa e sa come muoversi: l’accompagna a fare denuncia e ne sporge una anche lei. Siamo a due quindi.
Passano i giorni e non succede nulla, finchè un mattino Giovanna lo trova sotto casa. Lei sta rientrando accompagnata da un amico, chiacchierano serenamente, in un attimo si ritrova sotto le mani di quest’uomo: volano calci pugni e un trattamento simile viene riservato anche all’amico, che tenta di aiutarla. Cade a terra tramortito. Qualcuno nel frattempo ha chiamato la polizia, che intervenuta lo allontana, senza però riuscire ad evitare che l’uomo, anche in presenza delle autorità, continuasse a prenderla a calci e a sputarle addosso. Scattano altre due denunce: una sua e una dell’amico aggredito e un provvedimento restrittivo alla fine viene preso: Salvatore non può più avvicinarsi a lei, alla sua casa, chiamarla o mandarle messaggi. Peccato che non lo rispetti: A dicembre nell’atrio di casa lei ritrova cose sue che lui aveva portato via, regali che lei gli aveva fatto tutti ammassati in sacchi neri e tutti distrutti deliberatamente.
Domenica mi chiama e mi porta a vedere come le ha ridotto l’auto. Questo dopo una serata passata a chiamarla e riattacare, inviarle messaggi (ormai lo fa con un numero sconosciuto).
Il caso vuole che le telecamere lo riprendano mentre compie lo scempio alla macchina. Le immagini parlano chiaro: girava con un martello e un coltello, che non mi paiono utensili che uno sceglie per danneggiare un’auto. Un nuovo messaggio, tra i tanti dice: “tranquilla, quello che ho fatto all’auto è quello che farò a te”. Scatta la quinta (quinta!) denuncia: ci sono le prove e siamo fiduciosi.
Ieri il GIP della Procura competente non ha fatto nulla, dice che non c’è flagranza.
Occorrono prove, magari registrazioni o magari mi chiedo un atto di violenza vera.
Il mio non è un grido di rabbia contro la giustizia, anzi ho deciso di scrivere questa testimonianza perché so che la famiglia della mia cara amica non vive più e spesso pensa al peggio e che sarebbe meglio prevenire.
Ma non veniteci a dire poi che le donne non denunciano, non fanno niente, sono stanca di frasi tipo “Chi l’avrebbe mai detto”. I fatti, i filmati, le testimonianze, le chiamate, i messaggi, cinque denunce. Sono insufficienti ad aiutare questa donna a non essere più l ‘ombra di se stessa? Ditele, diteci cosa bisogna fare, come possiamo noi, parenti e amici aiutarla. Farla uscire da questo incubo che dura ormai da sette mesi.
E non diteci, per favore, che ci vuole la flagranza.