Quando l’esercito era di leva nelle caserme spesso, per protesta, si praticava lo sciopero del rancio.
Una forma di lotta che venerdì 11 ottobre debutterà nelle scuole di Sesto con parola d’ordine: la mensa costa troppo!
I promotori, nel volantino distribuito ieri in tutte le scuole cittadine, invitano a “portare il figlio a mangiare a casa. Se lavori e non puoi farlo ci sono altri genitori disposti ad aiutarti!” (face book: no all’aumento della mensa scolastica).
Ma è vero che la mensa è aumentata? Ed è vero che costa troppo?
La giunta nega esservi un aumento in quanto ha calcolato un gettito finale complessivo identico a quello dell’anno scorso e spiega trattarsi di una mera azione di solidarietà mirata ad aumentare la retta alle famiglie più fortunate per poterla abbassare alle famiglie meno abbienti.
La giunta nega anche un costo elevato in quanto pure le famiglie più ricche pagano una tariffa inferiore al reale costo del pasto.
I genitori ribelli rispondono con i numeri di questo mese di ottobre. L’anno scorso praticamente tutti pagarono 77 euro con scadenza del bollettino a fine dicembre. Quest’anno si paga anticipatamente 127 euro se in ultima fascia e 117 se in penultima fascia. Ed il fatto che i meno abbienti pagano solo 16 euro non gli pare una contropartita sufficiente.
In verità quest’anno la mensa si paga a consumo e non tutti i mesi hanno tanti giorni lavorativi quanto ottobre. A fare bene i conti si scopre ad esempio che a settembre, dicembre e giugno si pagherà meno dell’anno scorso. Ma nel complesso l’aumento pare evidente.
Aumento per chi? Diminuzione per chi? Questa sembra essere l’oggetto del contendere.
Per introdurre una maggiore solidarietà e cioè, in parole semplici, far pagare di più i ricchi e di meno i poveri occorre per prima cosa definire chi è ricco e chi è povero ed in questo le fasce di reddito introdotte dal comune francamente convincono poco.
Per essere precisi ad ottobre pagano 117 euro (Isee superiore a 18.500 euro) tutti gli scolari che hanno ambedue i genitori che lavorano, fosse anche con busta paga dell’ordine di 1200 euro ed un affitto da pagare.
E pagano 127 euro (Isee superiore a 21.500) chi lavorando in due ha una busta paga superiore a 1300 euro, oppure la casa di proprietà, o un piccolo risparmio o un’assicurazione sulla vita/fondo previdenziale.
Obiettivamente questi limiti di reddito uniscono ai veri ricchi anche alcune famiglie che fanno fatica a tirare la fine del mese.
Pure il considerare bisognose tutte le famiglie che dichiarano un Isee inferiore a 6.500 euro rischia di mischiare ai veri poveri i tanti furbi che svolgono lavori in nero o non dichiarano il saldo del conto corrente o la proprietà di una seconda casa o hanno un genitori fuori dallo stato di famiglia ecc.
A conti fatti sembra quindi di poter dire che l’obiettivo di solidarietà indicato dall’amministrazione comunale è sacrosanto ma il percorso praticato convince poco e quindi è facile comprendere la rabbia dei genitori ribelli.
Alla giunta Chittò si deve riconoscere il merito di essersi impegnata a rivedere in tempi stretti la definizione delle fasce e delle rette.
Il buon senso consiglierebbe di definire una ultima fascia di veri benestanti, con una retta anche maggiore dell’attuale se necessario, e di garantire un reale controllo della veridicità delle dichiarazione Isee di tutti coloro che chiedono l’inserimento nella prima fascia.
Per quanto attiene il costo del pasto forse il buon senso imporrebbe un approfondimento del tema degli alimenti biologici.
Si tratta di una scelta che costa alle famiglie circa 1 euro al giorno e merita di venire analizzata anche alla luce delle cognizioni scientifiche e delle abitudini alimentari dei binbi sestesi al fine di accertare se il cibo non biologico può essere considerato un rischio per la salute dei bimbi e quante famiglie sestesi utilizzano di norma cibi biologici.
Angelo Gerosa