di Angelo Gerosa.
L’anno scorso ho acquistato un volo “familiare” low cost per Cuba in una data apparentemente non a rischio elezioni (fine giugno) che, invece, ha combaciato con il ballottaggio. Per cui sono tornato a disastro elettorale concluso.
Mi aspettavo di leggere approfondite analisi, ed invece non ho trovato molto: alcuni interventi centrati sul fenomeno del rifiuto dell’accoglienza, un intervista a Moreno Nossa e poco altro.
Gli interventi centrati sul rifiuto degli stranieri paiono fuorvianti: l’emergenza immigrazione è una realtà comune a tutto il paese, ma solo a Sesto si è assistito ad un disastro di queste dimensioni.
Per non andare troppo lontano guardiamo cosa è successo a Monza, città di forti tradizioni democristiane, leghiste e berlusconiane, dove il centro sinistra, pur perdendo l’appoggio del PRC, ha perso per pochi voti, non per un abissale 20%.
L’intervista del capogruppo uscente di SEL è ben più convincente. Descrive con efficacia quello che l’elettorato ha percepito in termini di sistema di potere autoreferenziale, presuntuoso e chiuso al dialogo. E traccia quello che avrebbe potuto o, meglio, dovuto, fare la sinistra per marcare le proprie volontà di cambiamento, peculiarità programmatiche e di valori. In autonomia dal PD. Marciando separatamente al primo turno, per poi colpire insieme al secondo turno. Un ragionamento politico coerente con quanto sostenuto, da Nossa già in tempi non sospetti.
Sconfitta annunciata? I segnali di disagio lanciati dai sestesi in questi anni sono stati chiarissimi: l’astensione record alle comunali del 2012, l’avanzata dei 5 Stelle alle politiche, la vittoria del NO al referendum ecc.
Segnali a cui il centro sinistra non ha prestato la dovuta attenzione. Anzi, per assurdo, non ha promosso alcun cambiamento.
Peggio, negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo arroccamento da parte del partito di maggioranza, in una sorta di inedito monocolore. Con un deficit di dialogo con la città, ed anche tra gli stessi partiti di maggioranza.
E’ risaputo che tutti i progetti, anche i migliori, per sostenersi devono mostrarsi capaci di promuovere innovazione. A Sesto questa capacità si è progressivamente e vistosamente smorzata.
Neppure dopo la batosta del primo turno elettorale si ha avuto il coraggio di avviare un drastico rinnovamento (scusate il ripetere un concetto espresso da anni).
Spero che quanto mi hanno riferito in merito a manifesti di festeggiamento della vittoria strappati dopo il voto non corrisponda al vero, o che sia stata opera di qualche isolato provocatore: sarebbe una grave offesa al sentimento democratico della città che, da sempre, riconosce e rispetta la volontà popolare.
Anche i commenti relativi ai messaggi “simbolici” elargiti dal nuovo sindaco mi lasciano perplesso.
Davvero si pensa che l’elettorato non abbia messo in conto che un sindaco di destra avrebbe tolto le bandiere della pace, dell’arcobaleno e gli altri striscioni politici affissi dal sindaco del PD?
L’aveva messo in conto e, purtroppo, con il voto ha voluto sancire a furor di popolo che il gioco (del cambiamento) vale la candela (della rimozione dei simboli del progresso e della convivenza civile).
Non credo sia questo il terreno su cui si possa sconfiggere la destra sestese.
La sfida è sul cambiamento. E su questo terreno la sinistra non può e non deve aver alcun timore di soccombere.
A Sesto San Giovanni in tema di sicurezza, diritto alla casa, diritto al lavoro, promozione dei distretti produttivi, innovazione, teleriscaldamento e rispetto ambientale, partecipazione, cooperazione, educazione, cultura ecc.si è saputo fare scuola e farsi riconoscere in termini di eccellenza a livello internazionale.
Un eccellenza a cui la destra sestese non può neppure ambire. Per inidoneità politica, per scarsa qualità e formazione amministrativa, e, soprattutto per un metodo di lavoro da sempre incapace di fare gioco di squadra e di privilegiare il bene comune.
p.s: la redazione ringrazia gli oltre 500 lettori di questo articolo (dato aggiornato al 9 luglio).