L’amico Sergio Dalmasso è uno dei più attenti storici della sinistra italiana e nel suo volume “I magnacucchi. Valdo Magnani e la ricerca di una sinistra autonoma e democratica, Feltrinelli 1991″ cita Sesto San Giovanni ricordandone un episodio curioso e sconosciuto anche a molti appassionati di storia locale.
L’onorevole Valdo Magnani era il partigiano combattente in Yugoslavia decorato al valor militare, deputato e segretario della forte federazione comunista di Reggio Emilia. L’onorevole Aldo Cucchi era l’eroica medaglia d’oro della Resistenza protagonista della vittoriosa battaglia di liberazione di Bologna. Magnani e Cucchi nel gennaio 1951 vennero espulsi dal PCI rei di aver criticato la sudditanza del Partito all’URSS e l’osservanza del culto della personalità di Stalin.
Non fu una semplice espulsione: Togliatti in persona scrisse su Rinascita che “anche nella criniera dei migliori purosangue possono annidarsi due pidocchi” e coniò lo storico nomignolo dispregiativo “magnacucchi”.
Il Migliore fù d’esempio al PCI che, nel clima arroventato della guerra fredda, ed in perfetto accordo con il PSI di Nenni, umiliò in ogni modo i due eretici: espulsione dall’Anpi, divieto di partecipare alle manifestazioni del 25 aprile (la liberazione di Bologna si festeggiava senza il suo comandante), minaccie di morte.
Questo clima non impedì il formarsi attorno ai due deputati di un combattivo gruppetto di compagni che, guidati dal giovane Lucio Libertini (successivamente fondatore dello PSIUP e poi del PRC, in cui militò fino alla prematura morte avvenuta nel 1996) decise di sfidare da sinistra il Partito presentandosi alle elezioni politiche del 1953 con il simbolo Unione Socialisti Indipendenti (USI) ed un programma attento alla figura rivoluzionaria di Tito ed al socialismo yugoslavo.
Le elezioni del 1953 furono segnate dalla cosidetta Legge truffa: superando il 50%,la DC ed i suoi alleati avrebbero avuto una larghissima maggioranza parlamentare.
Nella dura campagna elettorale PCI e PSI, al fine di impedire alla DC ed ai suoi alleati di superare il 50%, limitarono lo scontro con la destra monarchica e neofascista e sponsorizzarono le liste di disturbo (Unità Popolare e Alleanza Democratica Nazionale) presentate dai dissidenti di PRI, PSDI e PLI guidati rispettivamente dall’ex Presidente del Consiglio Parri, da Codignola e da Corbino.
Anche l’USI ovviamente si schierò contro la DC ed i suoi alleati ma l’odio per la Legge Truffa non spense il rancore del PCI e del PSI che considerarono quella lista una provocazione orchestrata dalla reazione interna e finanziata dagli USA.
I “magnacucchi” denunciarono che la loro campagna elettorale fu ostacolata in ogni modo: dalla contestazione militante dei comizi, al boicottaggio del giornale “Risorgimento socialista”, alla presentazione delle liste (nel collegio Como Varese Sondrio il presentatore, infiltrato dal PCI, gettò liste e firme nella spazzatura) per cui alla fine l’USI riuscì a presentarsi solamente in poco più della metà dei collegi. Si voleva che in ogni città l’USI non superasse la soglia “psicologica” dell’1%!
E così avvenne a Reggio Emilia, patria di Magnani, a Milano ed a Roma dove pure l’USI aveva sedi e redazioni. Ovunque, tranne che “nell’importante città operaia di Sesto San Giovanni” come ricorda Sergio Dalmasso.
A Sesto l’USI superò l’1% (1,3 % per la precisione) scavalcando PRI, PLI, UP e ADN. Una vera e propria beffa per il PCI sestese che per “colpa dei 375 elettori magnacucchi” si vide scavalcato in città, per la prima ed unica volta, dalla Democrazia Cristiana.
La morte di Stalin eliminò il principale motivo di dissenso di Valdo Magnani che chiese ed ottenne, sia pur a fatica, la riammissione nel PCI. Ma furono pochi i magnacucchi che seguirono il percorso politico del loro capo.
Chi scrive ha avuto la fortuna di conoscere Giovanni Sacchi (vedi foto) ,il disegner sestese a cui è dedicato il Museo del Lavoro, e di invitarlo a scrivere per il mensile del Partito della Rifondazione Comunista “Sesto Domani” la storia della sua vita: l’apprendistato in fabbrica, l’arresto per mano dei nazifascisti, la lotta partigiana, la medaglia al valore, il licenziamento politico e la militanza nell’USI sestese.
La pubblicazione dell’articolo fu anche l’occasione per offrire a Giovanni la tessera del PRC. Era l’anno 2000. Sacchi aveva 87 anni. In un primo momento disse di si. Ma poi ci ripensò e spiegò che “la tessera da Magnacucco doveva rimanere l’ultima della sua vita”.
A pensarci bene aveva le sue buone ragioni: non è da tutti beffare gli stalinisti nella Stalingrado d’Italia!
Angelo Gerosa