Sesto: il “68 Operaio” raccontato da Renzo Baricelli

Sciopero degli operai Pirelli fuori dalla fabbrica, (Milano 1969). Foto: Wikimedia Commons

Articolo di Redazione – di Renzo Baricelli

Bruno Ugolini: un grande e generoso giornalista, un amico dei lavoratori. Lui ci andava a parlare con gli operai, li ascoltava e comprendeva le loro ragioni, le ragioni delle loro lotte e scriveva del ruolo positivo che avevano nella società italiana.

Ci è mancato un giornalista de “L’Unità” che nel “68 operaio” ha voluto capire cosa stava succedendo nelle grandi fabbriche milanesi e sestesi. E veniva spesso sui marciapiedi di viale Sarca per rendersi personalmente conto di come stavano le cose alla Pirelli Bicocca. Era lì anche il 4 ottobre di quell’anno, quando finalmente anche i sindacati di categoria della Cisl e della Uil compresero che dovevano cambiare linea e si unirono con la Cgil.

Ricordo molto bene quella notte tra il 3 ed il 4 di ottobre di quell’anno, la direzione aziendale aveva messo in atto un ennesimo taglio dei tempi di lavorazione al reparto confezione e vulcanizzazione dei copertoni per camion e trattori. Gli operai di questo reparto avevano fatto anche loro, come in altri reparti, delle richieste (che il Silg-Cgil aveva inviato alla Pirelli) per risolvere alcuni problemi di rilievo esistenti nel loro reparto e la principale era la riduzione della fatica e degli insostenibili ritmi di lavoro.

Accettare quell’ordine della direzione significava rinnegare le loro richieste e subire un ulteriore aggravamento delle già insopportabili condizioni di sfruttamento, significava smentire se stessi e la propria dignità.
In quel reparto lavorava l’operaio Rinaldo Bonfanti (uno di quelli che avevano partecipato agli scioperi del 1943 e 1944 contro il fascismo, la guerra e l’occupante tedesco) stimato militante della Cgil si era fatto interprete di quei sentimenti, la provocazione padronale andava respinta subito: tutti gli operai del turno di notte della Pirelli Bicocca cessarono il lavoro si riunirono nella mensa del Dipartimento Cavi dove Bonfanti sottolineò il significato delle pretese direzionali e che bisognava informare tutti i lavoratori degli altri turni e coinvolgerli nella lotta a sostegno delle comuni rivendicazioni.

Così avvenne e la mattina del 4 ottobre viale Sarca era gremito di tutte le migliaia di lavoratori della Pirelli Bicocca in sciopero e Cgil, Cisl, Uil annunciarono di avere assunto l’impegno unitario della conduzione della vertenza fino al successo. Obbiettivo che si avverrò con l’accordo della vigilia di Natale del 68.
Quella mattina del 4 ottobre del 1968, fin dalle prime ore, in viale Sarca c’era anche il giornalista Bruno Ugolini che faceva molte domande e annotava rigorosamente le risposte e scrisse un articolo, pubblicato
il giorno dopo su l’Unità. Leggendolo, ancora oggi, si rileva come Ugolini avesse compreso le profonde ragioni di quella lotta che era il risultato di un di un attento impegno sindacale che durava da anni e per sintetizzarne giornalisticamente la descrizione scrisse che si trattava di scioperi “spintanei” attribuendo a me quel neologismo che, in verità era stato suo e faceva ben intendere la situazione.

Bruno Ugolini aveva un grande rispetto degli operai in “carne e ossa” e per il ruolo della classe operaia di Sesto San Giovanni e, senza esserne richiesto, volle nel 2011 difenderne la dignità che veniva offesa prendendo a pretesto il cosiddetto “scandalo Penati”. Così il 29 luglio di quell’anno ha scritto un articolo dal titolo “Stalin non abita più a Sesto”. Anche in questo articolo emerge chiarissima la visione che Ugolini aveva di quel che succedeva a Sesto San Giovanni e sottolineava come la classe operaia nulla c’entrasse con il malaffare e, a dimostrazione, citava “sindacalisti come Antonio Pizzinato, Ciccio Fumagalli, Renzo Baricelli”. E io, quando qualcuno mi diceva, alludendo alla corruzione: “E allora voi sestesi?” citavo con orgoglio l’articolo di Bruno Ugolini.

Tutta la Sesto che lottava e che lotta ha motivo di orgoglio per avere avuto un amico come Bruno Ugolini e di continuare a stimarlo anche adesso che ci ha lasciato per sempre.

Renzo Baricelli