di Laura Lana (quotidiano Il Giorno). DOVE c’era il residence dei profughi, oggi ci sono le famiglie sfrattate. Nel complesso di via Fiorani, che solo pochi mesi fa l’amministrazione aveva definito inadeguato a ospitare i migranti, vivono 11 nuclei che saranno accompagnati da educatori e altri professionisti per una modalità nuova di presa in carico: housing sociale per il recupero delle autonomie e il reinserimento sociale. A metà luglio è stata firmata una convenzione tra Comune e Fondazione Progetto Arca. L’obiettivo è sostenere per un periodo di 8 mesi persone e famiglie sotto la soglia di povertà, alle quali si offre un appartamento e un sostegno educativo finalizzato alla costruzione e realizzazione di progetti di integrazione, utili a fermare il meccanismo di deriva sociale e progressiva non autosufficienza. La Fondazione gestisce il programma di intervento, il municipio rimborsa con una quota che oggi supera i 50 euro al giorno a nucleo, ma che potrebbe scendere. «Stiamo tentando risposte al ternative, perché quelle fornite fino a oggi non sono più sostenibili economicamente e non sono comunque risolutive – spiega il vicesindaco Andrea Rovolta, con la delega alle Politiche alla casa -. Sesto è una città ad alta tensione abitativa. Lo dimostra l’escalation di sfratti di questi mesi e i 2mila colloqui annui della nostra Agenzia IL Le casse municipali versano 50 euro al giorno per ogni nucleo ospitato della Casa». A pesare sul budget sono soprattutto le sublocazioni, che dalle 65 di inizio anno sono diventate 59, anche se l’obiettivo è scendere ancora. Ci sono poi 2 famiglie negli appartamenti della Fondazione La Felucca, 21 al residence Puccini, 14 alla casa albergo di via Fogagnolo, 17 in hotel (a luglio si è arrivati a punte di 27 nuclei con i 36 sfratti calendarizzati dopo i rinvii per la morosità incolpevole). Ed è proprio la collocazione negli alberghi l’altro no do: per ogni famiglia il conto va dai 50 ai 100 euro al giorno. «SENZA comunque dare una risposta esaustiva e causando altri disagi alle persone, come ad esempio la sofferenza per le separazioni di moglie e marito». Così, si è pensato di chiedere una sorta di «contributo« al coniuge maschio e ai figli maggiorenni del nucleo da aiutare: il Comune li mette in albergo, ma chi lavora deve partecipare alla spesa con il versamento di 5 o 10 euro al giorno. «Fino a oggi non abbiamo mai lasciato donne e minori per strada. Tuttavia, questo ci è sembrato un modo corretto per responsabilizzare le famiglie». La lista di attesa, per avere una casa popolare, è di quelle infinite. Ma Rivolta continua a ripeterlo: l’alloggio non può essere garantito a tutti. «Abbiamo criticità. Ad esempio la scarsa rotazione all’interno del patrimonio, anche a causa di leggi regionali. E poi sono venuti a mancare all’appello dai 15 ai 18 appartamenti di Aler: dalle 33 assegnazioni del 2012 siamo infatti passati alle 8 di quest’anni, di cui 3 in stato di fatto». laura lana@tlgiomo net