Vicepresidente Massimiliano Smeriglio, oggi Sel riunisce la sua presidenza e affronta una discussione sul voto. È in corso un divorzio nel vostro partito?
Spero di no. C’è, una discussione, è evidente. E ora serve maturità per fare questa discussione senza rientrare negli schematismi e nelle lotte fratricide che hanno caratterizzato gli ultimi vent’anni a sinistra.
Fra voi però ci sono posizioni molto distanti. C’è chi chiede un partito unico con il Pd.
Tutte le posizioni sono legittime. In Sel alcuni importanti dirigenti e altre personalità perlopiù del gruppo parlamentare hanno avanzato una proposta, soprattutto rispetto al governo. L’ho letta sui giornali. Siamo pronti a discuterne. E però voglio dire che Sel ha messo anima e corpo nella lista Tsipras, abbiamo dato un grande contributo al risultato, abbiamo vinto e per una volta potevamo persino concederci il lusso di essere felici. Affrontare questa discussione quasi a prescindere dal risultato, ammettiamolo, è un po’ una follia.
Siete ’pronti a discuterne’ vuol dire che potreste fare un’apertura di credito al governo Renzi?
Non credo che Sel farà un’apertura di credito a Renzi. Sel è nata sull’idea che si può costruire un’alternativa di governo e sull’idea di un rapporto costante e dialettico con il Pd. Oggi riconosciamo il successo straordinario del Pd di Renzi. Non so cosa diventerà, ma quello che è stato possiamo dirlo: un argine democratico ai processi sommari e al rancore prodotto da Grillo. Ma il governo Renzi per noi resta quello del decreto Poletti, né è immaginabile governare con Giovanardi e Alfano. Se Renzi non se ne libera, su questo governo c’è poco da discutere. Poi quando arriverà la legge sul divorzio breve la voteremo. E per il resto, come sempre, vedremo di volta in volta.
Il decreto sugli 80 euro?
Se non sarà un voto di fiducia e se gli 80 euro non saranno sottratti ai servizi dei comuni, sì. Nessuna intenzione di chiudere le porte a qualsiasi relazione con il Pd. Quest’ipotesi non esiste: per dire, io nel Lazio sono vicepresidente di un democratico. Sel deve fare una battaglia a viso aperto sull’alternativa di governo quando parla con il Pd, ma anche nelle sedi della lista Tsipras. Non ci ha mai convinto l’occhiolino a Grillo. Tanto più in Europa, e dopo l’incontro con l’Ukip di Farage.
Nessuna collaborazione con Grillo a Strasburgo?
Mi pare non sia nelle cose. Spero che nella Lista Tsipras si apra un confronto vero, in luoghi democratici e partecipativi, su questo e su come darsi continuità. Quest’accumulo di forze per noi non è residuale né di testimonianza. Né la nostra lettura relega il Pd a una Dc 2.0.
Se nascerà una costituente a sinistra, Sel ne farà parte?
Sel deve contribuire all’avvio di un processo vero, che non sia una sommatoria elitaria dei gruppi dirigenti, e che non si risolva in un’assemblea nazionale. Un processo democratico e territoriale. Fortunatamente non abbiamo elezioni all’orizzonte: prendiamoci i nostri tempi per verificare se si può allargare il campo e se a sinistra del Pd può nascere qualcosa di più grande di Sel, che non sia un ritorno al vecchio Prc, che sia capace di dialogare con il Pd e si ponga l’ambizione dell’alternativa di governo. Non serve spiegare al popolo quanto sta male. Lo sa già.
Renzi dice che in parlamento non farà «campagna acquisti», ma fa capire che non gli dispiacerebbe arruolare parlamentari. Qualcuno di voi è tentato di passare dalla sua parte?
In campagna elettorale ho girato il partito, e chi lo fa si rende conto che ipotesi di scissione non esistono. La questione riguarda, lo ripeto, alcuni dirigenti autorevoli e alcuni parlamentari.
Lei dice no al «contenitore unico con il Pd». Ma qualche mese fa lei e Vendola proponevate un «campo largo» con il Pd.
Il campo largo oggi nei fatti c’è: cos’altro è un partito al 41 per cento? Ma non è il nostro campo, non è la contaminazione di culture diverse. E poi ci vuole senso del limite: non si può imporre dal nostro 4 per cento una riflessione al Pd, che sta al 41. Per costruire un nuovo campo dobbiamo avere la forza di costruire un soggetto a sinistra che sappia anche dialogare con il Pd. Di certo non dobbiamo scioglierci nel Pd.
Renzi potrebbe tornare ad essere un alleato, in un futuro?
Il Pd è un alleato in prospettiva ma soprattutto lo è già oggi in tre quarti d’Italia, nelle amministrazioni. Quanto a Renzi lo spero, ma dovrebbe esserci un cambio di natura del suo governo, che non è all’orizzonte. Certo se governerà con Alfano per tre anni, bisognerà prenderne atto. L’altro punto dirimente è come si affronteranno le prossime riforme, per esempio la legge elettorale. Pensare di risolvere il tema della democrazia decidente eliminando di fatto il suffragio universale non è accettabile. Vedremo anche se Renzi utilizzerà la forza che oggi ha nel Pse per cambiare le politiche dell’austerità e per cambiare il fiscal compact: anche le sue scelte in Europa saranno dirimenti per noi.
La pensa così anche il vostro candidato presidente Tsipras?
Fra Italia e Grecia per fortuna nostra ci sono alcune differenze nel livello a cui è arrivata la crisi. Tsipras è durissimo con il Pasok, che ormai in Grecia si è estinto sia per le responsabilità che ha avuto nella crisi che per la corruzione. In ogni caso siamo siamo certi che Tsipras quanto prima dialogherà con i vertici del Pse e direttamente con Matteo Renzi. Sarà il momento della verifica della sua volontà di cambiare davvero l’Europa. Renzi batta un colpo, sarebbe una bella novità.
Daniela Preziosi – il manifesto