Se ne vanno? Me ne infischio

Democrack. Renzi versione torrente impetuoso si abbatte sulla sinistra Pd, il nemico della campagna delle regionali. «E’ masochista, vuole sempre perdere». Bersani e D’Alema? «Non è che se non ci sono loro non c’è la sinistra». Fassina esce? «Problema suo». Le minoranze si ribellano. Ma lui le accompagna all’uscita

Con tutto il rispetto per D’Alema e Ber­sani non è che se non ci sono loro non ci sono i Ds». Facendo spal­lucce come un gio­va­notto al bar, Mat­teo Renzi in un colpo si libera di due big in realtà già rot­ta­mati, rie­su­mati giu­sto per sfer­rare il cal­cio finale. «Tor­rente impe­tuoso» torna dun­que a scor­rere, ammesso che si sia mai fer­mato. Com­plice la cam­pa­gna per le regio­nali, il Renzi che ieri pome­rig­gio risponde a Repub­blica Tv è un fiume in piena. Si spe­ri­cola senza temere con­trad­di­zioni. Come sullo scan­dalo delle liste cam­pane: «Alcune liste che sosten­gono De Luca hanno can­di­dati che non vote­rei nem­meno costretto», dice, per­ché sono «impre­sen­ta­bili» e «ingiu­sti­fi­ca­bili» e lo «imba­raz­zano», ma «Le liste del Pd sono pulite». Poi se la prende con la «sini­stra maso­chi­sta» ligure (il can­di­dato ex Pd e ora anti-Pd Pasto­rino e i suoi grandi elet­tori Civati e Cof­fe­rati), rea di voler «ria­ni­mare Forza Ita­lia», pazienza se fu il patto del Naza­reno a tenere in vita il Cava­liere, poli­ti­ca­mente parlando. Renzi si abbatte sulla «palude». Ma non su obiet­tivi a caso: il nemico scelto per la cam­pa­gna delle regio­nali è quello che ha ancora a casa. E che invita a slog­giare. Lui, non pre­ci­sa­mente incal­zato dalle domande del cro­ni­sta, nega che sia in atto l’espulsione dal Pd della fami­glia ex ds: «La stra­grande mag­gio­ranza del gruppo diri­gente viene da lì, a par­tire da Orfini e Ser­rac­chiani. Il Pd è sem­pre stato que­sto, non è che la sini­stra c’è solo dove c’è D’Alema. Il gruppo diri­gente del Pd è plu­rale, non è che se non ci sono i volti sto­rici manca la sinistra».

Ce n’è per chi è già uscito, come Pippo Civati, reo di aver aperto le iscri­zioni alla sua new­slet­ter: «Dice­vano a me che per­so­na­liz­zavo il par­tito, ora vado sul sito di Civati e leggo ’ade­ri­sci a per Civati’, a una sigla. È il colmo». «È solo una new­slet­ter», replica Civati. Ma Civati è una vicenda archi­viata, oggi tocca a Ste­fano Fas­sina. L’insofferenza dell’ex respon­sa­bile eco­no­mico del Pd è ormai a un punto di non ritorno. In mat­ti­nata il depu­tato gli ha scritto una let­tera sul ddl scuola: sba­gliato nell’«impostazione», non nella «comu­ni­ca­zione». Per lui ormai «il trac­ciato del Pd è inso­ste­ni­bile» La replica è tagliente: «Spero che Fas­sina rimanga, se non rimane è un pro­blema suo non nostro». Tra­dotto: fran­ca­mente me ne infischio.

La mino­ranza sca­tena quel po’ che può: «Renzi sba­glia. Non è un pro­blema solo di Fas­sina se uno come lui ha dubbi sul Pd. È un pro­blema di tutto il Pd», dice Roberto Spe­ranza. «L’arroganza di Renzi è pre­oc­cu­pante e imba­raz­zante, per lui», dice Alfredo D’Attore. Che punta il dito con­tro il rin­vio dell’elezione del nuovo capo­gruppo alla camera: «Non abbiamo mai discusso delle dimis­sioni di Spe­ranza, non abbiamo mai discusso di una scelta grave come la fidu­cia sulla legge elet­to­rale, ora appren­diamo via sms di un rin­vio dell’assemblea senza moti­va­zioni. Vuol dire che viene rico­no­sciuto il fatto che sulla scuola cia­scuno potrà espri­mere la pro­pria libera valu­ta­zione in assenza di capogruppo».

Si arrab­bia anche Ber­sani: maso­chi­sti? «Una misti­fi­ca­zione, abbiamo visto che si può vin­cere poco, tanto, pochis­simo, ma si vince essendo fedeli ai valori e ideali del cen­tro­si­ni­stra ed essendo alter­na­tivi al cen­tro­de­stra. Dall’Ulivo in poi abbiamo sem­pre vinto così». Gianni Cuperlo chiede «un po’ di cau­tela» per evi­tare «frasi con­so­la­to­rie, buone per i comizi».

Ma la verità è che den­tro il Pd qual­cosa si è rotto, e nell’area ren­ziana non c’è nes­suno dispo­sto a difen­dere il dis­senso. La sta­gione del Pd plu­rale, comun­que sia andata, è finita. Lo stesso Fas­sina lo cer­ti­fica con ras­se­gna­zione: «Renzi vuole un Pd nor­ma­liz­zato al ren­zi­smo. Ma il pro­blema non è il sot­to­scritto, ma la parte del popolo demo­cra­tico che è già andata via dopo la svolta libe­ri­sta sul lavoro, la deriva ple­bi­sci­ta­ria sulla demo­cra­zia e l’intervento regres­sivo sulla scuola. Senza di loro, non senza Ste­fano Fas­sina, non è più il Pd».

fonte: il Manifesto

http://ilmanifesto.info/se-ne-vanno-me-ne-infischio/