Scuola, non buona la prima

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Domenico Cirillo

Riforma. Alla camera il primo sì alla «buona scuola», al governo mancano novanta voti e la partita è rinviata al secondo tempo, quando la riforma arriverà al senato. Tanti assenti, proteste fuori e dentro il palazzo. L’esecutivo riscopre le virtù del bicameralismo che sta cancellando: adesso faremo le modifiche

«La mag­gio­ranza asso­luta. Il voto è andato bene anche sta­volta». Ha ragione la mini­stra Maria Elena Boschi che è la più rapida a festeg­giare il primo sì al dise­gno di legge sulla scuola, alla camera. È così, ma il voto finale è il primo e l’unico in quat­tro giorni di vota­zioni sul quale il governo sia riu­scito a rag­giun­gere la mag­gio­ranza asso­luta, pre­ciso all’unità: 316 sì, 137 no. Man­cano dal conto delle forze di governo più di ottanta depu­tati, dei quali 56 del Pd. E di que­sti metà sono assenti giu­sti­fi­cati o in mis­sione, l’altra metà invece non par­te­cipa al voto per non votare con­tro la legge. Che — spiega l’apposito docu­mento dif­fuso dalla sini­stra interna del par­tito — andrà cam­biata al senato. Dove i numeri della mino­ranza Pd sono un po’ più con­te­nuti, ma assai più rilevanti.

«Al senato la mag­gio­ranza si regge in piedi per sette voti, abbiamo perso una bat­ta­glia ma non la guerra. Sarà un Viet­nam», sin­te­tizza Luigi Di Maio del Movi­mento 5 Stelle. Tra i 28 demo­cra­tici che non hanno votato tutto lo stato mag­giore anti­ren­ziano, da Ber­sani a Fas­sina, da Spe­ranza a D’Attorre e Cuperlo. Subito in prima fila nel chie­dere modi­fi­che al pros­simo pas­sag­gio. Che nem­meno il governo nega. «Ovvia­mente riaf­fron­te­remo alcuni punti che sap­piamo sono ancora discussi», dice la mini­stra Boschi. E sep­pure la tito­lare dell’Istruzione Ste­fa­nia Gian­nini si mostri più cauta — «i pila­stri del prov­ve­di­mento non saranno toc­cati» — vale di più quello che anti­cipa il vice di Renzi nel Pd, Lorenzo Gue­rini: “Il senato potrà essere la sede giu­sta per even­tuali aspetti da miglio­rare”. Nes­sun dub­bio che andrà così, caso­mai si potrebbe notare la stra­nezza di un governo e di una mag­gio­ranza che descri­vono il bica­me­ra­li­smo come il male asso­luto quando si tratta di pro­porre la riforma costi­tu­zio­nale, poi siste­ma­ti­ca­mente vi si rifu­giano. E se diret­ta­mente il pre­si­dente del Con­si­glio ieri ha ripe­tuto la sua pro­messa (che però vale anche come ammis­sione) che «la scuola non è l’Italicum e non posso dire “pren­dere o lasciare”», l’impressione è che quando la legge tor­nerà alla camera per l’approvazione defi­ni­tiva il governo non resi­sterà alla ten­ta­zione di met­tere ancora una volta la fidu­cia. Del resto, non è stato pro­prio Renzi a defi­nire que­sto stru­mento «il mas­simo della demo­cra­zia» quando lo ha uti­liz­zato per la legge elettorale?

Un attimo dopo il voto finale, che hanno accom­pa­gnato scan­dendo in aula lo slo­gan «scuola pub­blica, scuola pub­blica» i depu­tati di Sel sono usciti in piazza Mon­te­ci­to­rio e si sono uniti alla pro­te­sta di sin­da­cati e stu­denti. Ma l’attenzione è già tutta sul senato. Le richie­ste della mino­ranza Pd sono rias­sunte dal sena­tore Gotor: «La chia­mata diretta degli inse­gnanti da parte dei pre­sidi, sep­pur attu­tita, è ancora troppo den­tro ad una logica mono­cra­tica, dall’alto». E poi «la discri­mi­na­zione dei pre­cari di seconda fascia, che sono rima­sti esclusi dal piano assun­zioni nono­stante abbiano svolto corsi di for­ma­zione e tiro­cini selet­tivi e abbiano alle spalle anni di ser­vi­zio». Infine le «detra­zioni fiscale che saranno garan­tite anche alle scuole supe­riori pri­vate e pari­fi­cate che sono in gran parte dei diplo­mi­fici. Era stato il governo a dire che sareb­bero stato escluse pro­prio per que­sto motivo e invece alla camera sono state rein­se­rite». Un elenco pro­ba­bil­mente troppo lungo per­ché il governo possa ade­rirvi total­mente. E allora alcuni espo­nenti della mino­ranza Pd di ten­denza «lea­li­sta» già con­cen­trano le richie­ste. «Con­si­de­riamo in par­ti­co­lare una vera e pro­pria ingiu­sti­zia la deci­sione di lasciare fuori tan­tis­simi docenti dal piano di assun­zioni pre­vi­sto dallo stesso dise­gno di legge, per­sone che hanno gli stessi titoli e gli stessi diritti ad essere assunti dei loro col­le­ghi che hanno avuto solo la for­tuna di essere arri­vati prima», dichia­rano il depu­tato Stumpo e la depu­tata Bruno Bos­sio. Men­tre il mini­stro Mar­tina che è il più ren­ziano dei non ren­ziani pre­fe­ri­sce con­cen­trarsi sui risul­tati già otte­nuti, come «lo stral­cio del 5 per mille», che però il governo ha deciso solo per ragioni di coper­tura finan­zia­ria e che Renzi annun­cia di voler recu­pe­rare. Per la mini­stra Gian­nini infatti con­sen­tire ai con­tri­buenti di indi­riz­zare una parte delle loro tasse alla scuola pre­fe­rita non è fonte di disu­gua­glianze ma «un’idea inno­va­tiva». Ed è la stessa tito­lare dell’Istruzione che festeg­gia il pas­sag­gio di ieri alla camera come un suc­cesso su quel «dis­senso che è distrut­tivo e che fini­sce per ledere vio­len­te­mente i diritti di base».

fonte: il Manifesto

http://ilmanifesto.info/scuola-non-buona-la-prima/