Scuola: La Storia dell’arte che fu

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mio commento: la riforma Gelmini ha impoverito anche l’arte.
Mario Piromallo

I lunghi strascichi della riforma Gelmini – La storia dell’arte? Via dai programmi.
Più della metà degli studenti non sente mai parlare della materia in tutto l’arco di studio. Anche nei licei, sono ormai solo poche ore. La colpa è della riforma del ministro berlusconiano, che ha cancellato l’insegnamento. E ora scatta la protesta dei professori.
Qualche ora di geografia è rientrata, per il rotto della cuffia. Ma per la storia dell’arte no, non c’è stato niente da fare. Nonostante una campagna virale degli insegnanti e di Italia Nostra che ha superato le 16 mila firme, testimonial eccellenti e lo stesso ministro della Cultura Massimo Bray schierato a favore, la mobilitazione per riportare in forze l’insegnamento della storia dell’arte nelle scuole italiane è rimasta per ora a bocca asciutta. O meglio, con l’acquolina di una promessa per il futuro, scritta in un ordine del giorno del parlamento che impegna il governo a darsi da fare per riportare e potenziare le ore di storia dell’arte nelle scuole italiane, in particolare alle superiori, laddove è passato tre anni fa lo schiacciasassi della riforma Gelmini. Ma per attuare quella promessa, servirà trovare i soldi. Nell’attesa, gli studenti del Paese con la metà del patrimonio artistico del mondo occidentale continueranno a frequentarlo e studiarlo ben poco, almeno tra i banchi e sui libri di testo.

In Italia non chiediamo a un aspirante tecnico grafico di conoscere un minimo di storia dell’arte; né tantomeno la mettiamo nel curriculum dei ragazzi e delle ragazze degli istituti professionali alberghieri, quelli che dovrebbero accogliere i turisti in visita nel nostro Paese. Non è richiesto di studiare l’abc dell’arte neanche nell’indirizzo Moda dei professionali, per parlare di un altro asset italiano un po’ conosciuto all’estero.

Con tutta evidenza chi ha rifatto i quadri orari della scuola superiore ha pensato che i ragazzi e le ragazze che vanno a imparare “un mestiere” non abbiano alcun bisogno di sapere di Giotto e Bernini. Al contrario di quel che succedeva prima dell’era Gelmini: per restare alla storia dell’arte nei professionali, c’erano dalle 2 alle 4 ore a settimana per tutti e cinque gli anni nei corsi di grafica, in quelli di moda e di turismo, e negli ultimi due anni dell’indirizzo alberghiero/turistico. Adesso, zero. Mentre sono rimaste due ore a settimana di storia dell’arte nel triennio dell’istituto tecnico turistico – non un’eliminazione completa dunque, ma una riduzione: prima in questi istituti l’arte c’era per tutti e cinque gli anni.

Per farla breve: la storia dell’arte non fa parte della formazione di più della metà degli adolescenti italiani – gli iscritti a istituti professionali e tecnici. «Così mostriamo di considerarli studenti di serie B», commenta Marco Parini, presidente di Italia Nostra, associazione che è stata tra le più attive nella promozione dell’appello per la storia dell’arte nelle scuole: «Certo che serve l’inglese, serve l’informatica, servono gli insegnamenti specifici dell’indirizzo: ma ogni nazione al mondo si preoccupa di formare tutti i suoi cittadini alla conoscenza di quel che più caratterizza la storia e l’identità del proprio paese». Tutti, non solo i liceali.

Ma anche passando ai licei, si vede che l’arte ha perso colpi. Ovviamente, gli studenti dell’artistico continuano ad avere le loro tre ore a settimana di storia dell’arte, per tutto il quinquennio; non c’è più però a loro disposizione l’indirizzo di studio sui beni culturali, con le relative ore di catalogazione e restauro. E in ogni caso, la formazione artistica riguarda un’esigua minoranza di ragazzi: erano il 3,9 per cento degli iscritti alle scuole superiori, nell’ultimo anno. Solo altri due licei hanno adesso storia dell’arte per tutto il corso di studi, e sono il nuovo liceo musicale (0,4 per cento di studenti), e lo scientifico, che ha invece tantissimi studenti (il 22,8 degli scritti nel 2013), ma dove l’insegnamento della storia dell’arte è legato a quello del disegno tecnico – ed è infatti affidato agli architetti e non ai laureati in lettere.

Gli studenti del linguistico e del liceo delle scienze umane hanno invece storia dell’arte solo dal terzo al quinto anno; e lo stesso succede al classico, che resta il tempio della cultura umanistica ma che ha poca arte tra i suoi pilastri: sulla carta, non è cambiato molto rispetto a prima; ma nei fatti la riduzione è stata sensibile, poiché sono state abolite tutte le sperimentazioni che, soprattutto in molti licei classici, avevano potenziato la formazione artistica già nel ginnasio.

Il taglio del monte ore artistico ha avuto una ricaduta evidente sull’ultimo concorso della scuola: non è stata messa in palio alcuna cattedra di storia dell’arte, dato che di quegli insegnanti, dopo la cura Gelmini, c’è esubero in tutte le province italiane. In fila nelle graduatorie degli aspiranti professori di storia dell’arte ci sono 2.441 precari per la sola cattedra di arte, 5.847 che possono insegnare arte e disegno.

La protesta per la dieta artistica delle scuole italiane è partita subito dopo l’approvazione della riforma Gelmini; ma si è confusa nel coro delle mobilitazioni contro le tante ore tagliate: geografi e informatici, insegnanti di inglese e francesisti. Finché quest’anno l’appello delle arti sembrava aver sfondato nelle stanze del palazzo: per il rapidissimo successo della petizione a cui hanno aderito i più importanti studiosi del patrimonio culturale (tra i quali Salvatore Settis, Cesare De Seta, Adriano La Regina) e alti dirigenti del ministero, come Anna Maria Buzzi, e di musei, a partire dal direttore degli Uffizi; infine, per il sostegno esplicito dello stesso ministro della Cultura Massimo Bray. Senonché, quando tutto ciò è arrivato in Parlamento al momento della discussione del decreto istruzione, si sono dovuti fare due conti, e si è visto che trovare la copertura finanziaria per cambiare i quadri orari delle nostre scuole non era facile.

Un esempio: per inserire una o due ore di arte a settimana nei tecnici del turismo, in alcuni indirizzi dei professionali e nei primi due anni dei licei, servono a regime 571 prof in più e 86 milioni l’anno. O almeno, così si legge in un emendamento preparato da Celeste Costantino, deputata di Sel. Ma, tra la povertà di fondi cronica, e la paura di aprire il vaso di Pandora dei quadri orari (in fila, per tornare all’era pre-Gelmini, ci sono parecchie materie e con valide ragioni), si è scelto alla fine di rinviare il problema, con l’approvazione di un ordine del giorno, che sembra surreale: il Parlamento si sente in dovere di ricordare al Governo che abbiamo 3.400 musei, circa 2.100 aree e parchi archeologici, 43 siti Unesco, i quali hanno un indice di ritorno economico 16 volte inferiore a quello degli Stati Uniti, 4 a quello franceso, 7 volte sotto quello inglese; e che dunque la conoscenza della storia dell’arte, oltre a formare meglio i ragazzi, potrebbe avere anche una qualche ricaduta economica.

fonte: l’Espresso
http://espresso.repubblica.it/attualita/2013/12/09/news/la-storia-dell-arte-cancellata-dai-programmi-1.145143