No grazie. Laura Boldrini non andrà a visitare lo stabilimento Fiat in Val di Sangro, declinando di fatto l’invito di Sergio Marchionne. In una lettera all’ad del Lingotto, la presidente della Camera dice no alla “gara al ribasso sui diritti” e spiega che per “impegni istituzionali già in agenda” non può accogliere l’invito alla cerimonia del 9 Luglio in Val di Sangro. ”Per ogni fabbrica che chiude e per ogni impresa che trasferisce la produzione all’estero, centinaia di famiglie precipitano nel disagio sociale e il nostro sistema economico diventa più povero e più debole nella competizione internazionale” ha scritto l’esponente di Sel nella lettera. Una missiva dal contenuto netto, in cui la presidente di Montecitorio sottolinea come “le vecchie ricette hanno fallito e ne servono di nuove”. Quali? Per la Boldrini non ci sono dubbi: “E’ necessario percorrere la via della ricerca, della cultura e dell’innovazione. Una via che non è in contraddizione con il dialogo sociale e con costruttive relazioni industriali: non sarà certo nella gara al ribasso sui diritti e sul costo del lavoro che potremo avviare la ripresa”.
Parole forti, che vanno ad inserirsi nella polemica sulla dinamica industriale della Fiat, per molti sin troppo esterofila. La presidente della Camera, inoltre, sottolineando il suo “interessamento ai temi del lavoro in questa particolare fase di crisi economica“, ha detto di provare a “sollecitare, per quanto è nelle mie facoltà, l’esame di proposte di legge di iniziativa governativa o parlamentare che si propongono di stimolare e incoraggiare nuova occupazione. E cerco – spiega ancora – quanto più possibile di incontrare sia le delegazioni di lavoratori che vengono a Roma per far sentire la loro voce al Governo e al Parlamento, sia i piccoli e medi imprenditori che tentano una via di uscita dalla crisi”.
“Questi incontri, e i tanti che svolgo nelle città italiane, insieme alle decine di migliaia di lettere e messaggi che ho ricevuto finora, mi danno il senso dello stato di salute della nostra economia e dei suoi numerosi punti di criticità – dice la presidente di Montecitorio – In particolare emerge la portata del processo di deindustrializzazione che colpisce aree sempre più vaste del nostro Paese”. In tal senso, “per ogni fabbrica che chiude e per ogni impresa che trasferisce la produzione all’estero – sottolinea Boldrini – centinaia di famiglie precipitano nel disagio sociale e il nostro sistema economico diventa più povero e più debole nella competizione internazionale”. “Siamo consapevoli – prosegue – che bisogna invertire quanto prima questa tendenza e ognuno di noi può fare qualcosa di utile. La politica, certamente, ma anche il mondo sindacale e quello imprenditoriale. Tutti siamo chiamati a sfide nuove. La mia esperienza di vita e di lavoro mi ha spinto a guardare tutto questo in un’ottica globale e a rendermi conto che non servono soluzioni di corto respiro. Il livello e l’impatto della crisi – dice – sono tali da imporre un progetto del tutto nuovo, una politica industriale che consenta una crescita reale, basata su modelli di sviluppo sostenibile tanto a livello economico, quanto sociale e ambientale. Tutto questo mi porta a guardare con particolare interesse alla condizione e al ruolo della Fiat, sia in Italia sia all’estero, e ascoltare le ragioni di quanti partecipano attivamente a una realtà così importante”.
(da Il fatto quotidiano)