Lo sceriffo sbatte Bindi in questura

Lo sceriffo sbatte Bindi in questura

Campania . Il primo atto del neo governatore Vincenzo De Luca è la querela per diffamazione presentata contro la presidente della commissione Antimafia

L’aveva annun­ciata venerdì scorso e ieri l’ha depo­si­tata presso la que­stura di Salerno. Vin­cenzo De Luca, il giorno dopo la vit­to­ria alle regio­nali della Cam­pa­nia, ha pre­sen­tato «for­male denunzia-querela» nei con­fronti della pre­si­dente della com­mis­sione Anti­ma­fia, Rosy Bindi: «Si chiede alla pro­cura della Repub­blica di Roma di pro­ce­dere penal­mente nei con­fronti della pre­detta, per i reati di dif­fa­ma­zione, atten­tato ai diritti poli­tici costi­tu­zio­nali e abuso d’ufficio».

Lunedì sera a La7 Bindi aveva chie­sto le scuse for­mali da parte del par­tito per le cri­ti­che e le accuse pio­vute su di lei ma l’unica bel­li­ge­rante rispo­sta è arri­vata dal neogovernatore.

La vicenda è comin­ciata a 48 ore dal voto, quando la lista degli impre­sen­ta­bili sti­lata dalla com­mis­sione viene data ai gior­na­li­sti: ci sono 16 can­di­dati con pro­ce­di­menti pen­denti per reati con­nessi alla cri­mi­na­lità orga­niz­zata oppure reati ’spia’, ina­spet­ta­ta­mente c’è anche il nome dell’ex sin­daco di Salerno. Mat­teo Renzi solo poche ore prima aveva dichia­rato «tra gli impre­sen­ta­bili nes­suno del Pd» così scop­pia la bufera. De Luca annun­cia que­rela e sfida la Bindi a un dibat­tito pub­blico. Il pre­mier com­menta furioso da Ancona: «Mi fa molto male che si uti­lizzi la vicenda dell’antimafia per rego­lare dei conti interni al Par­tito demo­cra­tico. De Luca e la Bindi se la vedranno in tri­bu­nale». Sca­ri­cano la pre­si­dente anche molti mem­bri della com­mis­sione, con­cordi nel dichia­rare di essere stati tenuti all’oscuro.

Negli studi di Piazza pulita Rosy Bindi ha fatto gli auguri al gover­na­tore cam­pano e, in merito alla que­rela, ha spie­gato: «Sa bene che non può farlo per­ché ho usato dati pub­blici dispo­ni­bili». De Luca però non è tipo da per­do­nare, la deci­sione di pro­ce­dere è sua ma pro­ba­bil­mente sarà stata gra­dita al Naza­reno, dove si discute di rimet­tere mano alla rottamazione.

Tre i punti sot­to­li­neati nella que­rela: i tempi della pre­sen­ta­zione della lista, il giorno prima che scat­tasse il silen­zio elet­to­rale, senza pos­si­bi­lità di replica in com­mis­sione come pre­vi­sto dal rego­la­mento, un abuso d’ufficio e una inter­fe­renza nelle ele­zioni secondo i legali di De Luca; l’inserimento dei nomi nell’elenco senza una discus­sione col­le­giale; i motivi che hanno por­tato a inclu­dere il pro­cesso sulla ricon­ver­sione dell’Ideal stan­dard (De Luca è accu­sato di con­cus­sione) tra i reati spia, visto che l’accusa riguarda la richie­sta nel 1998 della cassa inte­gra­zione per circa 250 ope­rai e gli oneri di urba­niz­za­zione per la ricon­ver­sione dei suoli, ma non sono coin­volte orga­niz­za­zioni camorristiche.

La dif­fa­ma­zione con­si­ste­rebbe nell’aver acco­stato il nome di De Luca a reati di tipo mafioso. Sarebbe poi stato leso il diritto costi­tu­zio­nale dell’elettorato pas­sivo in capo a De Luca con l’aggravante dell’uso della carica isti­tu­zio­nale per con­no­tare di auto­re­vo­lezza un’informazione, pro­cu­rando un danno in ter­mini di voti.

Difen­dono Rosy Bindi Cor­ra­dino Mineo («è una cor­tina fumo­gena sulla sospen­sione») e Clau­dio Fava («la denun­cia è un atto ritor­sivo e inti­mi­da­to­rio»). Rosa­ria Capac­chione, mem­bro della com­mis­sione e gior­na­li­sta anti­ca­morra, prende le distanze: «Più che un lavoro di appli­ca­zione rigida dei cari­chi pen­denti occor­reva svol­gere un’attività di ana­lisi. Per­ché non si può met­tere assieme la vicenda di De Luca, per un fatto di 20 anni fa, insieme con reati attuali di altri can­di­dati. La dif­fu­sione dei nomi è stato un fatto inop­por­tuno per­ché era il giorno prima del silen­zio». Bindi invece com­menta: «E’ una denun­cia priva di ogni fon­da­mento, un atto pura­mente stru­men­tale, che ha scopi diversi da quelli che per­se­gue la giu­sti­zia e che per­tanto non mi crea alcuna preoccupazione».

Per Vale­ria Cia­ram­bino, can­di­data gover­na­tore dei 5stelle e neo eletta al con­si­glio regio­nale cam­pano, si tratta di «un’azione media­tica e una minac­cia sot­tile. Ave­vamo detto che se De Luca fosse stato eletto, tra legge Seve­rino e i pro­cessi in corso, avremmo avuto un per­so­nag­gio più occu­pato nei tri­bu­nali che a gover­nare. Sta pre­pa­rando il ter­reno per con­sen­tire a Renzi di fare un decreto ad hoc per eli­mi­nare la Severino».

Si torna così alla sospen­sione che pende sul gover­na­tore. In cam­pa­gna elet­to­rale ha evi­tato di chie­dere la modi­fica della norma per non creare imba­razzi a Renzi ma, a ele­zioni vinte, torna a dirlo aper­ta­mente. Il suo entou­rage non ha comun­que dubbi sulla road map: il prov­ve­di­mento di sospen­sione non può essere rece­pito se prima non si inse­diano gli organi regio­nali, ci sarà tempo anche per nomi­nare la giunta con il vice che suben­trerà fino alla pre­sen­ta­zione del ricorso al tri­bu­nale ordinario.

E’ stato chie­sto un parere all’Avvocatura di Stato, in modo da met­tere al riparo gli atti da even­tuali ricorsi. Il vice, dicono, sarà donna e del Pd. La ren­ziana Pina Picierno potrebbe rien­trare nell’identikit: era a Salerno quando il pre­mier è andato a tirare la volata a De Luca subito prima del voto. Ma nello staff del gover­na­tore giu­rano che è ancora pre­sto per fare nomi.

fonte: il Manifesto

http://ilmanifesto.info/lo-sceriffo-sbatte-bindi-in-questura/