San Marino è in crisi e apre agli stranieri: residenza più facile e poche tasse.
Il piccolo Stato ha un debito pubblico di 280 milioni di euro. E ora per correre ai ripari ha infranto anche l’ultimo tabù: quello della residenza facile. Per attirare investimenti, far rientrare capitali e creare posti di lavoro
di Natascia Ronchetti
Solo fino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile. Ora, invece, San Marino spalanca le frontiere ai forestieri dando loro il benvenuto con un bel certificato di residenza. A patto che abbia capitali freschi da investire sul Titano, chi arriva da fuori si assicura così un welfare modello Svezia e soprattutto la possibilità di pagare poche tasse. Una rivoluzione, insomma, che nasce da un motivo che poco o nulla ha a che fare con l’ospitalità: la piccola repubblica è in crisi profonda.
Se ci si limita agli annunci ufficiali, San Marino sembra attraversare un momento di grande affermazione internazionale. Ha ottenuto la cancellazione dalla black list dei Paesi che ostacolano i controlli fiscali e giudiziari, mettendosi alle spalle una lunga guerra diplomatica con l’Italia. E in aprile aprirà ufficialmente il negoziato con Bruxelles per l’accordo di associazione – prima anticamera per l’ingresso nell’Unione europea – con nuove credenziali, dalla rinuncia al blindatissimo segreto bancario che per quasi mezzo secolo le ha garantito la ricchezza a una riforma fiscale che la avvicina un po’ di più all’Europa. In gioco c’è l’archiviazione del passato di Paese off shore.
Ma per adesso, tra un debito pubblico schizzato a 280 milioni di euro (numeri stratosferici per un Paese che non arriva ai 35 mila abitanti), tagli alla pubblica amministrazione, disoccupazione ed esaurimento delle riserve valutarie, più che altro raccoglie macerie. Ed è per questo che, affamata di investitori esteri, ha infranto anche l’ultimo tabù: quello della residenza facile, senza tante scartoffie e formalità. Bastano l’impegno ad investire e la creazione di posti di lavoro. Svolta epocale, visto che fino ad ora si trattava di un privilegio accordato con il contagocce ai pochi fortunati con le relazioni giuste. E sintomatica di una crisi di sistema che offre poche vie di scampo.
Se ne è accorto il Fondo monetario internazionale. Al termine della sua ultima missione sul Titano ha avvertito che «la ricostruzione su basi nuove, dopo la scomparsa del vecchio modello economico, richiederà molto tempo». D’altronde i numeri sono impietosi. L’anno scorso il Paese (guidato da una maggioranza costituita da storici rivali, democristiani e democratici, oggi alleati in una sorta di governissimo) ha chiuso il bilancio con un disavanzo di oltre 30 milioni (su un budget di 576 milioni) e con le casse ormai vuote. È stato costretto a ricapitalizzare la Cassa di Risparmio, pietra angolare del sistema finanziario, messa in ginocchio dal rientro in Italia dei capitali scudati. Sorte del resto toccata anche agli altri sette istituti di credito. L’era in cui bastava aprire gli sportelli per riempire i caveau è davvero finita, in pochi anni la raccolta bancaria si è dimezzata, scendendo ai circa 7 miliardi attuali.
«Qui ci vuole un nuovo piano Marshall», dice il segretario di Stato all’istruzione e alla cultura, Giuseppe Morganti. «Dobbiamo avere il coraggio di aumentare l’indebitamento e trovare 100 milioni di euro per lanciare una campagna di opere pubbliche e sostenere le imprese», sostiene. Missione disperata. Nel frattempo si assiste a un gran tramestio. In mancanza di risorse pubbliche per spingere lo sviluppo, si va avanti a forza di tagli (con sforbiciate a tutti i ministeri) e aumento di imposte e tributi. Poca cosa, in fondo, se si fa un confronto con l’Italia. Ma con la riforma fiscale e l’allargamento della base imponibile la pressione sui sammarinesi adesso oscilla intorno al 10 per cento, quintuplicata rispetto ai tempi d’oro. E fra un anno dovrebbe fare il proprio debutto l’Iva, passo del resto obbligato per entrare nell’orbita Ue.
A salvarsi dalle stangate, dopo una patrimoniale una tantum sugli immobili residenziali e produttivi che ha dato un po’ di ossigeno, in pratica sono solo le imprese. Quanto ai nuovi investitori esteri, oltre che di un certificato di residenza che riconosce tutti i diritti e i servizi assicurati alla cittadinanza, potranno usufruire anche della detassazione degli utili di impresa e dell’abbattimento dei contributi.
Poi c’è la Banca Centrale, che vorrebbe tentare una rivoluzione del sistema finanziario, puntando tutto sui servizi innovativi e sul credito agevolato, per rafforzare quel che resta della competitività, adesso data solo da una fiscalità ai minimi termini.
Grandi progetti, per ora sulla carta. Qualche centro di potere ha cominciato a cedere e si fanno strade nuove ambizioni, impensabili fino a poco tempo fa. Dopo undici anni di regno incontrastato è stato messo alla porta il rettore dell’università, Giorgio Petroni.
Al suo posto, come vicario (carica temporanea, in attesa di nuove candidature), si è prestato un pezzo da novanta della cultura italiana, il filologo Luciano Canfora, molto conosciuto anche al di fuori dei circoli accademici. E il Congresso di Stato spera di spingere la ripresa anche con la riforma dell’ateneo, per portare a casa nuovi corsi di laurea e agguantare un migliaio di studenti.
Insomma, molta carne sul fuoco e – pare – tante buone intenzioni. Ma lo scenario, scrive sempre il Fondo monetario, resta per il momento scoraggiante. Non cede allo sconforto il segretario di Stato alle Finanze, Claudio Felici. «Dopo la fuga dei capitali», dice, «dobbiamo riuscire a invertire la rotta degli investimenti. Fino ad ora eravamo considerati nemici dell’Italia e tutto era bloccato. Ma finalmente siamo usciti dalla lista nera. Due o tre anni e rimettiamo a posto anche i conti».
fonte: l’Espresso
http://espresso.repubblica.it/affari/2014/03/04/news/san-marino-e-in-crisi-e-apre-agli-stranieri-residenza-piu-facile-e-poche-tasse-1.155741