Saluto a Bertino, note dal 19 maggio al 4 giugno 2016, di Alino Ducceschi

Ai primi di novembre 2015, dal letto dell’ospedale di Sesto, Bertino mi ha letto felice un suo scritto:
“I grilli della TORRETTA
Mi piacevano i grilli; mi ero specializzato nel prenderli, toccarli e lasciarli andare al loro destino liberi di cantare sui gelsi dove erano felici. Non si può dimenticare i grilli che cantavano.
Sono stati per me degli amici naturali e felici che non chiedevano altro di essere ascoltati cantare.”
E a gennaio scriverà ancora: “I grilli sono belli e cantano felici di vivere. Nel mondo animale mi piacciono le formiche, esseri che hanno una loro intelligenza, e le lucertole. Non tradiscono mai, ….. Saranno loro a sopravvivere in barba a tutte le civiltà che abbiamo creato.”
Io vi ricorderò qui il ragazzo e l’uomo Seveso, sulla base dei miei ricordi di 50 anni di amicizia, dei tanti colloqui degli ultimi mesi e dei suoi racconti. Dall’inizio 2015, subito prima della morte della Lina, aveva cominciato a scrivere e disegnare dei quaderni con decine di ricordi della sua vita, e potrei tenervi qui ore a raccontarveli ….come avrebbe fatto il Seveso
Parla dalla Torretta alla guerra, dalla sua famiglia in via Bergomi al dolore per la morte della Lina, dai pittori agli amici, dalla fabbrica alla boxe alle balere alla politica. Questi quaderni sono un “complemento Seveso” di FIOEU DE PAES di Gigi Sardi del 1984. Vale anche qui per i disegni dei quaderni la bella introduzione di Paolo di allora….. “ i disegni del libro hanno semplicità voluta e apparente, che rivela mestiere e sicurezza espressiva, … una semplicità che traduce in segni il mondo e il ricordo fantastico…” I racconti ed i ricordi di Bertino spiegano molto dei suoi quadri; i disegni sono simili, ma fatti 30 anni dopo su un letto di ospedale:… la sorella in copertina la ritroviamo decine di volte nei quaderni, con le altre sorelle e la Lina.
La Torretta è restata fino all’ultimo amore totale per tutta la sua vita.
Scrive della sua infanzia e adolescenza alla Torretta…; racconta sogni ed incubi che sono ritornati nella sua pittura…la campagna, i fiori, le farfalle, ma anche la paura del buio e dei fantasmi…..cani e gatti selvatici che facevano paura.. le gioie ma anche le discriminazioni dall’asilo all’oratorio, dalla scuola alla colonia Breda. E al Circolo della Torretta tenevano le riunioni antifasciste e clandestine durante la Resistenza
“Avevo vergogna portare gli zoccoli e andare a Sesto; capivano che venivo dalla Torretta, discriminati come contadinotti ignoranti. Per questo, quando capitava l’occasione, si picchiava i ragazzi di Sesto anche senza motivo. Non sapevo parlare l’Italiano.. solo il dialetto della Torretta, ed ero diventato cattivo. A scuola ero un asino deriso dai compagni di classe che a turno picchiavo, anche se a volte le prendevo dai più grandi e più forti.”
“Il tira sassi (che si trova spesso nei suoi disegni) è stata la mia prima arma… curavamo i rami a forcella delle robinie… cercavamo le camere d’aria delle gomme bici…. le scarpe di cuoio buttate per fare gli inserti tra gomma e forcella“.
E da queste discriminazioni i risarcimenti: le botte ai ragazzi di Sesto, le merendine rubate ai ricchi, la banda della Torretta che faceva “spedizioni” per rubare i giornalini come “L’avventuroso” in edicola di Milano finché una banda di ragazzi milanesi più grandi li cacciarono…
Mangiare il pane bianco. Il cioccolato era il massimo dei desideri assieme al gelato. (in una conversazione di gennaio, raccontandomi del viaggio in nave verso l’Australia, mi disse che solo alla mensa sulla nave aveva saputo che il gelato poteva essere mangiato a fine pasto, a tavola).
“Per noi ragazzi della Torretta esistevano solo i girasoli e i fiori di robinia molto belli che si mangiavano “dolci” e buoni mentre andavamo a fare il bagno o a caccia di lucertole da arrostire e torturare. Cacciavamo anche i topi grossi e aggressivi.”
Nei quaderni tratta spesso dei desideri di cibo e dolci allora impossibili da soddisfare… e dovete tenere conto che è stato allettato negli ultimi 8 mesi, senza mangiare e senza poter bere a volontà.. Dice infatti: “Forse è meglio scrivere cose più interessanti, ma qui si riesce a sentire il sapore delle cose che si pensano e che conservo ancora dopo molti anni, e ne sento la nostalgia. Forse era la fame… si riusciva a mangiare…ma i dolci e le torte erano cose da Paradiso. Allora pensammo a un colpo da fare in una pasticceria a Milano al Ponte Seveso. Nell’orario di mezzogiorno si fece il colpo e mangiammo paste per una settimana. Così imparammo a fare i colpi nei negozi di pasticceria a Milano. Poi tutto finì e andammo a lavorare nelle fabbriche, e le paste tornarono un miraggio.” Ma più avanti la fame di dolci fu risolta con la scoperta della dispensa segreta del parroco con le torte paesane…

Mi ha raccontato la prima visita a Milano quando aveva 8 anni, il giorno della comunione, con due amici della Torretta e le tre mamme….tram 31 fino a piazza Castello….obiettivo salire sulle terrazze del Duomo, ma dovendo pagare, la rinuncia; se fan quei tri malnatt? Scappano e si nascondono nel Duomo; vigili mobilitati finché sono ripresi…. E come consolazione guadagneranno 1 mottarello a testa dai vigili

Scrive di abitudini “da Medioevo” della Torretta, come ad es. la crudeltà nell’uccidere i galletti e poi con la stessa forbice tagliare le treccine alle bambine. E rileva anche l’arretratezza del contesto socio culturale alla Torretta.
“Solo la vicinanza della Pirelli e della Breda hanno smosso alla Torretta le acque della libertà di pensiero e della persona. Qualcuno incominciava a leggere i giornali e qualche romanzo; porsi delle domande sulla vita e andare a Milano a vedere come si viveva e si pensava. Tutto questo come iniziativa personale e curiosità di vivere, conoscere la vita.
Alla Torretta si prendeva la scabbia. La gente non si lavava bene. Dovette intervenire la Pirelli dove alcuni suoi operai la presero. Sapone e docce per tutti obbligatori…
Così alla Torretta si vide la doccia per la prima volta e il sapone sanitario disinfettante. Tutto questo a duecento metri da Milano; si capì cosa voleva dire “igiene del corpo” e che lavarsi era un dovere da persona civile. Per la Torretta fu una rivoluzione. La Chiesa di Sesto non lo diceva bene che bisognava lavare tutto il corpo; il corpo faceva paura, era ancora simbolo di peccato; vederlo e toccarlo per lavarsi era rompere un tabù; doveva rimanere simbolo di peccato tentatore della carne. Duemila anni di Chiesa Cattolica pesano ancora.”
Ma poi è orgoglioso che la Torretta abbia prodotto un Tranquillo Casiraghi, antifascisti e partigiani; o anche che era della Torretta un suo cugino campione milanese di ballo liscio e poi Presidente dei ballerini di Milano; …. e pure i suoi personali successi di pugilato davano lustro alla sua Torretta!
Altri filoni importanti riguardano la sua famiglia: padre madre e tre sorelle delle quali si sentiva responsabile, con tanti accenni alla fame e al freddo del tempo tremendo della guerra con ricadute sulla salute della mamma. Moltissimi i ricordi ed i ritratti delle sorelle e nipoti nei quaderni.

Poi la Lina, la Carla e gli altri nuovi parenti; parole dolcissime per la Lina e la Carla, e riconoscenza e apprezzamento per la Lorena; non lo dice mai, ma secondo me entrano nel suo risarcimento la gioia e la serenità che con loro ha potuto avere negli ultimi 30 e più anni.

Entra in Breda il 10 giugno 1940, il giorno stesso della dichiarazione di guerra; e subito le conseguenza di essere in guerra, la “repressione spietata” dei nazisti –come scrive più volte-, la partecipazione ad una formazione di Giustizia e Libertà, le azioni, il campo di prigionia in Svizzera; la casa di via Bergomi 8 con tanti fascisti ed il peggiore di loro (“un cane nero”), che poi vide steso a terra ucciso; la rabbia e dolore per la brutta deriva di alcuni gruppi già partigiani dopo la fine della guerra; l’amarezza per la corruzione dei politici. Sviluppa una critica forte contro ogni violenza, guerra e armi, e spende molte parole e inviti al rispetto della vita anche degli animali.
“Ero ricercato dai tedeschi per essere fucilato. Feci un sabotaggio a un loro camion. Scappai in Svizzera, e mi presero gli svizzeri che mi misero in un campo di concentramento. Ho alcune fotografie di quel periodo, ero conciato da far paura. Denutrito e impaurito, vestito male e in modo insufficiente per l’inverno.”
Nel dopoguerra vuole allontanarsi da alcune arretratezze di Sesto, vuole avere prospettive più promettenti, ma intanto i primi stipendi gli consentono di andare al Rondò a mangiare il gelato seduto, di comperare a rate un completo sportivo per i balli domenicali e relative avventure galanti, alcune da film, con personaggi da Jannacci. Le balere, le case di tolleranza (dove era benvoluto perché portava la castagnaccia del Gigi), e tanti aneddoti che avendolo conosciuto potete bene immaginare: la Jolanda, la “Tigre di Sassuolo”, le due o tre “rosse”, la gobbetta di Ponte Seveso, la cieca ricca, la rissa e la diffida dalla Questura a frequentare una certa balera…
Ha provato anche la boxe, prima come pugile e poi come istruttore, forse come opportunità di “superare certi limiti”, crescere e mettersi in evidenza. Nel frattempo, nel 1952, era partito per lavorare un paio di anni in Australia; dovette tornare perché era morto il papà e sentiva di doversi fare carico della mamma e delle sorelle (la lettera che gli annunciava la morte del papà la ricevette 9 mesi dopo…)
“Io facevo tanto sport alla Pirelli e pensavo solo alle bistecche impannate in mezzo al pane ed a vincere i combattimenti con i Prima Serie di Milano per andare in nazionale. Fece qualche combattimento anche in Australia. Poi smisi all’improvviso (quando) il mio dottore della mutua mi convinse che il pugilato faceva male. Incontrai un amico che andava a scuola di Pittura alla “Faruffini”; andai anch’io e scopri che quella era la mia strada. La pittura però costava. Non avevo soldi e feci molti sacrifici sul vestire e divertimenti, ma avevo anche soddisfazioni.”
Come vi ho detto da ottobre Bertino non ha più potuto alimentarsi, un “digiuno dal gusto” che ha sopportato con coraggio e volontà incredibili; ancora ad aprile è tornato a ricordare e scrivere delle voglie di ragazzo: “La polenta riscaldata nel forno era una bontà, con un po’ di zucchero diventava una torta., i gelati ed i dolci, i cotechini verdi ed il pranzo di ferragosto alla Torretta”, e con i suoi compagni i fiori di robinia, dolcissimi, la frutta solo acerba, la dolce polpa delle cicale (…togli prima le alette, poi la testa, col coltellino le apri e gusti la polpa bianca….). …il sogno del pane bianco ripetuto in questi mesi decine di volte…. e il ricordo dei mitici e meravigliosi panini con la bistecca impannata che gli davano prima e dopo gli incontri di boxe
……………..
L’ultima cosa che mi ha letto a fine aprile con grande soddisfazione e un bel sorriso ad ogni “punto” è stata:
“Feci il primo combattimento a una Festa de l’Unità a Gallarate. Vinsi ai punti e mi applaudirono. Quella sera mangiai la bistecca impannata, e mi sentii in paradiso.”
Il risarcimento nella pittura. E’ a partire da questo contesto di vita con grandi dolori, incubi e paure dell’infanzia per le notti buie della Torretta, vivendo da “fioeu de paes” dentro Sesto operaia e intellettuale (e voi sapete tutti quanto il Seveso abbia partecipato all’attività culturale dal dopoguerra) il risultato per me non miracoloso ma cercato è stato che da una scrittura elementare e sgrammaticata è riuscito poi con lo studio e la creatività a tradurre il tutto nella sua pittura e disegno di grande qualità e fruibilità. …
Io vedo una spiegazione. Anche in questi ultimi mesi ogni volta chiedeva “COSA C’È DI NUOVO A SESTO E NEL MONDO? E LA POLITICA? E LA PITTURA?”.
Secondo me quello che ha marcato la sua vita, l’amicizia e i piaceri che ci ha dato, sono stati IL SUO SPIRITO DI OSSERVAZIONE ED ELABORAZIONE, LA SUA VOGLIA DI RAGIONARE INSIEME E CONDIVIDERE, e infine la SUA CURIOSITA’, UNA APPASSIONATA E INTELLIGENTE CURIOSITA’ che l’ha pervaso per tutta la vita. La curiosità per la vita tradotta in idee e arte…… e battute fulminanti.

GRAZIE UMBERTO SEVESO, PITTORE DELLA TORRETTA
GRAZIE BERTINO
E grazie agli altri amici che sono ancora tra noi o che ci hanno lasciato come il Tranquillo, il Lino, la Elena ed il Riccardo che ci hanno donato bellezza, e che ci hanno permesso di godere della loro amicizia ed intelligenza.