Se prevarranno i no partirà semplicemente un lungo negoziato per aumentare il già elevato livello di autonomia. In caso di vittoria dei separatisti le conseguenze saranno di ben maggiore portata. Non solo verranno ridiscussi tutti i rapporti economici ed istituzionali fra Scozia e Gran Bretagna (ma a questo punto potrà chiamarsi ancora Gran Bretagna?) ma seguiranno conseguenze politiche di enorme portata. Prima di tutto il primo ministro Cameron sarà costretto a dimettersi per aver affrontato il referendum in modo superficiale ma, a loro volta, gli oppositori laburisti, privati del voto scozzese, perderanno ogni speranza di vincere le elezioni. Non dimentichiamo inoltre che si sta avvicinando il referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nell’Unione Europea e, anche in questo caso, la mancanza del voto scozzese, generalmente favorevole all’Europa, renderà più probabile la decisione di uscire dall’Unione. Se poi, nonostante tutto ciò, prevalesse il si all’Europa, la Gran Bretagna, contando un minor numero di abitanti, ne uscirebbe fortemente indebolita sia nel parlamento che nelle altre istituzioni europee. Non stupisce pertanto la notizia che la stessa Regina è scesa in campo (vedi articolo della Stampa).
Commento: perchè alle regioni ucraine di popolazione russa ove si è scatenata la guerra civile non si concede il diritto ad un referendum per l’autonomia come quello che si tiene ora in Scozia e prossimamente in Catalogna? Si ha quasi l’impressione che l’autodeterminazione dei popoli non sia più considerato un diritto sacrosanto ma semplicemente una opportunità concessa o vietata a seconda di interessi di carattere superiore (Angelo Gerosa)
http://www.fondfranceschi.it/cogito-ergo-sum/il-referendum-scozzese-e-le-conseguenze-per-l2019europa
http://www.lastampa.it/2014/09/14/esteri/scozia-la-regina-rompe-il-silenzio-sul-referendum-riflettete-con-grande-attenzione-su-come-votare-Cc0XMgOuXomadw6ws6ifOJ/pagina.html