di Mauro Caron
Il riscatto della materia nella pittura di Diana Forassiepi: ancora per pochi giorni, fino a domenica, è possibile visitare all’Art Studio 38 di via Canonica a Milano (immortalata in una canzone di Enzo Jannacci), la mostra SOLO DIANA, dedicata alla pittura e alla scultura dell’artista sestese Diana Forassiepi.
Per chi conosce Diana, donna di raffinata, geometrica, quasi astratta eleganza, può essere sorprendente imbattersi nella sua pittura/scultura, così densa, materica, concreta, organica e apparentemente informe.
Quella della Forassiepi è infatti una ricerca coerente, costante, infaticabile che ha per oggetto la materia. Si stenta quasi a inquadrare le sue opere nella scultura, perché spesso di adagiano su fondi e perché il colore riveste in esse un’importanza fondamentale; eppure vanno oltre la pittura per la loro costante tensione a emergere dalla superficie, a tradire la bidimensionalità del quadro, per diventare altrettanto spesso degli oggetti a tutto tondo, autonomi e liberi nello spazio che li circonda.
Le composizioni si avvicinano e si apparentano a esperienze come quelle di Burri o dell’arte povera, e poverissimi sono i suoi materiali, strettamente aderenti alla poetica dell’object trouvé: pezzi di legno, metallo, conchiglie, carta, reti, pezzi di corda, a volte garze o catene. Eppure la materia bruta di partenza nelle opere di Diana non è mai abbandonata a se stessa, esposta nella sua nuda primigenietà.
L’azione dell’artista è sempre tesa, in uno sforzo quasi percepibile, al superamento della materia bruta, al suo riscatto.
Mi piace usare la parola ri-scatto perché contiene in sé contemporaneamente il senso della redenzione, dell’allontanamento da una condizione di colpa e di peccato, dell’elevazione, e nello stesso tempo quello del movimento, dello scarto, dell’azione che toglie la materia dall’inerzia per proiettarla in una dimensione nuova.
Questo riscatto viene operato dalla Forassiepi, a mio modo di vedere, secondo una duplice direttrice.
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