di Renzo Baricelli
L’Unità di martedì 27 maggio titola in quarta pagina (riferendosi al Pd) “i flussi: un partito della nazione che resta decisamente a sinistra”.
Probabilmente si rifà alle affermazioni del segretario del Pd Matteo Renzi e noi lo prendiamo decisamente sul serio e avanziamo la necessità che alle parole seguano fatti di sinistra e in proposito diremo subito qualcosa. Prima, però, segnaliamo lo strano modo di ragionare che emerge dal sommario dell’articolo dove è scritto che 2,5 milioni di voti in più sarebbero approdati al Pd in quanto visto come ”baluardo contro la frammentazione” .
A noi pare evidente il contrario, cioè che il motivo del grande successo del Pd risieda in tutto quel che si vuole ma non abbiamo visto questa volontà di elevare baluardi contro la frammentazione, semmai sono stati voti dati per frammentare le minacciose posizioni di grillo e delle destre. Poi, il sommario dice che “Tsipras costa a Sel e agli altri quasi un milione di voti”
Anche qui è vero il contrario e cioè che la lista unitaria con Tsipras ha permesso a più di un milione di elettori di esprimere un voto sicuramente di sinistra che altrimenti, se frammentato, avrebbe visto la scomparsa della nuova sinistra italiana dal parlamento europeo e invece è successo che superando enormi difficoltà la lista che appoggia Tsipras ha superato l’antidemocratico sbarramento ed eletto tre suoi candidati, conseguendo l’importante obbiettivo di non vedere la sinistra italiana omologata e appiattita ma viva e impegnata in un confronto fecondo del quale anche il Pd ha bisogno.
Renzi dice che non ha alibi e che le riforme vanno fatte.
Va bene. E’ ora di entrare nel merito e molti italiani si domandano giustamente:
Se sul lavoro fosse una riforma “contro” come quella della Fornero, allora no.
Se invece porta meno precarietà, più occupazione, allarga i diritti e non li restringe, allora si.
Oppure, se la riforma della legge elettorale porta meno democrazia con gli sbarramenti e i premi di maggioranza, allora no.
Se invece porta più democrazia, maggiore partecipazione, più inclusione nelle istituzioni delle rappresentanze politiche dei cittadini, allora si.
Sulla scuola, se la riforma fosse “contro” come quella della Gelmini, allora no.
E così, se si vuole squilibrare il rapporto dei poteri democratici e assoggettare la magistratura all’esecutivo allora no.
Se invece si mette la magistratura in grado di assolvere bene e correttamente alle sue funzioni, allora si.
E cosi su ogni questione importante molti cittadini si interrogano e sono contrari a lasciare ai governi (di qualunque orientamento politico essi siano) deleghe in bianco. Consapevoli che la democrazia e le libertà non possono limitarsi nell’andare a votare una volta ogni tot anni ma necessitano di dialogo, confronto, partecipazione. E, quando è necessario,
una legittima, chiara e ferma manifestazione del dissenso.
La storia insegna che l’Italia ha saputo affrontare e uscire positivamente da situazioni difficili solo quando si è avvalsa della partecipazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni sociali e politiche e non nell’escluderle.
Sono grandi temi, che tracciano il nostro futuro, temi sui quali è bene che tutti gli italiani stiano attenti e partecipi.