Riforme, l’opportunità di una foto e la qualità della democrazia
Ho molto riflettuto nella giornata di ieri su rilievi e critiche che sono state avanzate nei confronti miei e di Sel a proposito della conferenza stampa congiunta con le altre opposizioni di centrodestra. In particolare con Forza Italia e il Presidente Brunetta. Ho addirittura letto che per il premier quella fotografia costituirebbe il nucleo promotore del comitato referendario per il no alla Riforma. Come al solito, a Renzi piace risolvere con le battute i problemi politici giganteschi che si sono aperti dopo l’abbandono eclatante di tutte le minoranze dei lavori d’aula.
Ovviamente, e mi sembra incredibile doverlo ribadire, tra Sel e Forza Italia le distanze restano abissali. Persino, anzi soprattutto, nel giudizio sul provvedimento. D’altra parte, la riforma di 40 articoli della Costituzione Renzi l’ha concordata nei dettagli con Berlusconi e l’ha fatta votare sostanzialmente così come era uscita dal Senato sei mesi fa.
Ma il punto oggi è un altro: il Pd ha scelto di forzare in maniera inaudita, trattando la legge più importante della legislatura come un decreto qualsiasi. Un piccolo esempio: il “milleproroghe” puoi cambiarlo (basta un altro decreto) se scrivi cose sbagliate, per cambiare la Costituzione ci vogliono come minimo quattro letture. Per questo non lo si può fare picchiando sulle prerogative dell’opposizione (anche quella più radicale come il M5S) e provando a ridurre persino i tempi della discussione attraverso il contingentamento.
La scelta della seduta fiume è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Renzi gioca come al solito sulla propaganda dicendo che ha fatto lavorare i deputati giorno e notte. Non sa che trasformare l’aula in un votificio è il modo migliore per mortificare le istituzioni e per impedire che la discussione fosse nel merito delle questioni. Il premier ha una visione squilibrata del rapporto tra i poteri: per lui l’esecutivo è sovraordinato rispetto al legislativo, alla sua autonomia e alle sue prerogative. Per cui decide sistematicamente di strappare, minacciando voti anticipati e introducendo una visione agonistica della lotta politica. È una cosa che elettoralmente può pagare sul piano dei sondaggi, ma nel lungo periodo fa male alla democrazia. Anche perché la rottura continua delle consuetudini non è necessariamente modernità, innovazione, riformismo. Può essere anche il surrogato di un passato nemmeno tanto lontano, che ha visto questo paese sempre innamorarsi a fasi alterne (ma sempre con la medesima sfortuna) di uomini forti e decisionisti. Io non ho mai avuto paura delle mie idee. Le ho portate avanti con convinzione in tutti i contesti e con tutti gli interlocutori con cui mi sia capitato di confrontarmi.
Per questo ho pensato che in quel momento – quando tutte le opposizioni abbandonano l’aula e la maggioranza, con poco più di 300 deputati, si approva da sola, senza dibattito e ad un ritmo forsennato, un terzo della Costituzione – occorresse un atto non scontato che anche simbolicamente che entrasse nelle case degli italiani per far comprendere la gravità del passaggio. Con le altre forze d’opposizione non faremo mai né un accordo di governo né una alleanza elettorale. Ma sulle regole, sul rispetto delle procedure, sono disposto a fare fronte comune e farmi fotografare anche con il diavolo. E lo faccio soprattutto per quelli con cui ho litigato oggi. Dunque, per Renzi e per il Pd. Gli uomini e i partiti passano, le istituzioni restano. E quello che hanno fatto a noi, non vorrei mai che qualcun altro lo facesse a loro nelle stesse modalità e con la stessa veemenza. Tutto qui.
Arturo Scotto
dal sito SEL Made
http://selmade.it/riforme-lopportunita-di-una-foto-e-la-qualita-della-democrazia/