riflessione sul voto del 24 febbraio

Credo che il risultato elettorale vada letto con uno sguardo il più possibile ampio. Sono nato esattamente 54anni prima di questo voto (25 febbraio1959) e sono impegnato politicamente da quando, nel 1975, volantinavo per Salvatore Ledda candidato demoproletario al consiglio comunale. Dovessero chiedermi a quali episodi di reale rottura politica ho assistito in questi quasi quaranta anni di militanza risponderei nessuno, o a pensarci meglio, forse quello di queste elezioni. Tento di spiegarmi. Abbiamo studiato la rottura politica del 1922 con la fine dello stato liberale e la nascita del fascismo. Una rottura seguita ai grandi cambiamenti del modo di vivere e pensare imposti dalla prima guerra mondiale e dalle sue seicentomila vittime innocenti. Abbiamo studiato la rottura politica del 1945 con la drammatica morte del fascismo e nascita della Repubblica. Ho sentito raccontare la mancata rottura politica del 1968/69 seguita alla grande trasformazione che accompagnò il miracolo economico (migrazioni interne e scolarizzazione di massa comprese). Ho vissuto la finta rottura politica del 1993 determinata dal crollo del muro di Berlino che cambiò tutto tranne la testa degli elettori che perseverarono nel cercare nei nuovi contenitori politici del centrodestra e del centrosinistra gli ingredienti dei vecchi partiti (missini, ciellini, craxiani ecc. da una parte, comunisti, democristiani ecc. dall’altra) e si rideva del fatto che i partiti cambiarono nome ma non dirigenza. Ora è diverso. Profondamente diverso. La crisi ha modificato radicalmente il modo di essere e di pensare. Quelli che fino a pochi anni fa erano considerati diritti sacrosanti sono rapidissimamente diventati sogni difficili se non impossibili da realizzare. Parlo di cose essenziali come trovare un lavoro sia pure malpagato, fare studiare i figli, sperare in una pensione decorosa, ottenere una analisi ospedaliera in tempi ragionevoli, avere il mutuo per la casa, fare un mese di vacanza. Gli elettori vivono ed hanno coscienza di questo cambiamento. E i partiti? La maggior parte dei variegatissimi elettori del M5S non è così ingenuo da credere che Grillo sappia come uscire dalla crisi. Ma ha la certezza che gli altri non ne percepiscono neppure la gravità. Dobbiamo essergli grati perché occupando questo enorme vuoto politico con il loro (ingenuo?) proposito di redistribuzione della ricchezza hanno tagliato l’erba sotto i piedi dei tanti profeti della guerra tra poveri. M5S non ha vinto le elezioni in quanto purtroppo il primo partito è ancora l’astensionismo (forte di oltre 11 milioni di non votanti). Non ha vinto ma ci è andato vicino. Se oggi si dovesse rivotare per la regione Maroni avrebbe di che preoccuparsi: il “voto utile” ad Ambrosoli non supera il 40% ma il “voto utile” a Carcano potrebbe andare ben oltre. A scanso di equivoci non credo che il voto del 24 febbraio (M5S compreso) abbia aperto un nuovo capitolo della storia politica italiana. Credo solamente che abbia chiuso il vecchio capitolo. Quasi certamente tra qualche mese rivoteremo e scopriremo cose nuove. Noi, popolo della sinistra, dovremo impegnare tutta la nostra forza e la nostra intelligenza affinche “il nuovo” sia anche positivo in termini di progresso civile.
Angelo Gerosa