L’Italia va alla riunione del Consiglio Europeo del 25 e 26 giugno prossimo con ancora poche carte in mano. Quello che – per dirla con Krugman – gli “austerici” europei (da Juncker alla Merkel) sembrano concedere a Renzi e a Hollande sono tante parole generiche su lavoro e crescita e qualche piccolissima concessione sulle regole di bilancio. Quello che si prevede è, al massimo, la possibilità di esplorare i margini di flessibilità già previsti dai trattati. Margini che, tra l’altro, l’Italia ha già utilizzato nel corso dell’approvazione del DEF, quando ha chiesto di far slittare di un anno il pareggio di bilancio, dal 2015 al 2016.
Niente di nuovo, dunque per il momento. Il documento per il Consiglio Europeo che circola in queste ore è un paper di quattro pagine pieno di petizioni di principio, di indicazioni sommarie, senza alcun vincolo e senza nessun impegno, sulle questioni economiche e sociali e che ricorda che dalle regole del patto di stabilità non si deroga. Al massimo un po’ di flessibilità senza sgarrare le regole.
Infatti Renzi ha affermato nel suo discorso alla Camera che: “il rispetto delle regole non è in discussione e non vogliamo violare la regola del 3%” e ha rivendicato come le sue riforme possano rimettere l’Italia sulla carreggiata. A parte qualche facile strale retorico contro “i sacerdoti ed i profeti” dell’austerità, nel merito Renzi non ha avanzato alcuna proposta concreta per cambiare, almeno un po’, il rigorismo del patto di stabilità. Poteva proporre di scorporare gli investimenti in crescita ed occupazione dalle regole del patto, oppure avanzare la richiesta di una conferenza europea sul debito o, ancora, poteva chiedere maggiori poteri per la Banca Centrale Europea per una politica monetaria più aggressiva e in funzione di una dinamica espansiva dell’economia reale. Niente di tutto ciò.
A parte qualche furbata retorica contro i rigoristi dell’austerità, nel concreto Renzi è stato afono sul punto principale: come cambiare le politiche di austerità. Per il momento la prima decisione che Renzi sta prendendo è di appoggiare la candidatura di Juncker – lui sì, sacerdote e vestale dell’austerità – a capo della Commissione Europea.
Non proprio un bel segnale per la presidenza italiana del semestre europeo che si sperava all’insegna della rimessa in discussione delle politiche sino a qui seguite a Bruxelles a a Francoforte. In Europa Renzi non cambia verso.
Articolo pubblicato su HuffingtonPost – http://www.huffingtonpost.it/giulio-marcon/renzi-europa-cambia-verso_b_5524646.html
dal sito di SEL MADE – http://selmade.it/renzi-in-europa-non-cambia-verso/