Eleonora Martini
Roma. Dalle indiscrezioni sull’autopsia fatta nella notte a Roma, Giulio Regeni sarebbe stato ucciso con un colpo alla testa dopo sette giorni dal sequestro. Sul corpo martoriato segni di un “violento pestaggio”, lividi e abrasioni. Al Cairo interrogatori agli “amici” del ricercatore e sit-in di solidarietà all’ambasciata. I ministri Gentiloni e Orlando all’Egitto: “Verità ancora lontana, vogliamo trasparenza”
Le ultime ore di agonia e la morte di Giulio Regeni sono scritte sul suo corpo martoriato, su quella salma riportata ieri a Roma a bordo di un Boeing 737 dell’Egyptair. Tentare di leggerle spetta ora a un collegio di medici legali presieduto dal professore Vittorio Fineschi, ordinario alla Sapienza, – tra le altre cose consulente della famiglia di Stefano Cucchi – che ieri sera, appena quattro ore dopo l’arrivo del feretro, giunto a Fiumicino alle 13:50, era già al lavoro per l’autopsia aggiuntiva, dopo quella eseguita a Il Cairo. L’esame è proseguito fino a tarda notte ma secondo le prime indiscrezioni Giulio sarebbe morto tra il 31 gennaio e l’1 febbraio, appena un paio di giorni prima del ritrovamento del suo cadavere, e per un colpo finale sulla nuca. Sul corpo confermati i segni di un pestaggio violento, numerose abrasioni e lesioni allo studio degli esperti.
Per Giulio Regeni il tempo si è fermato ma per trovare la verità sul suo assassinio non si può perdere nemmeno un minuto. il padre Claudio e la madre Paola Deffendi, che hanno viaggiato con la salma del loro figlio Giulio, all’aeroporto di Fiumicino si prendono perciò solo pochi istanti davanti al feretro, per un saluto. Composti, si chinano, accarezzano la bara. Qualche passo dietro di loro, il ministro di Giustizia Andrea Orlando, e più in là il presidente della commissione Affari esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini, che li hanno accolti nello scalo romano per il Cerimoniale di Stato. Poi, il carro funebre grigio si chiude e, scortato da polizia e carabinieri, qualche minuto dopo le 15 inizia una paradossale corsa verso la camera mortuaria del Policlinico Umberto I.
Da ore forze dell’ordine, giornalisti e cameramen sono in attesa ad ogni ingresso dell’ospedale romano, perché nessuno conosce esattamente il tragitto del “corteo funebre”, che alle 15:40 infine imbocca (ma senza il Suv nero su cui sono saliti i genitori) il cancello di Viale Regina Elena. Ma soprattutto, da ore nel padiglione di medicina legale è tutto pronto per l’esame radiologico del corpo e per l’autopsia che comincerà poco dopo le 17:30 e si protrarrà fino a notte.
Il corpo senza vita di Giulio Regeni, scomparso il 25 gennaio, è stato ritrovato il 3 febbraio ma la morte non sembrerebbe risalire a molti giorni prima, come ipotizzavano le autorità egiziane dopo il primo esame autoptico, i cui risultati però saranno resi noti solo tra qualche settimana. Stabilire, invece, quanto più possibile, la data esatta del decesso è stata la prima preoccupazione del pool di esperti italiani, tra cui il tossicologo forense Marcello Chiarotti e uno dei due consulenti medico legali indicati dalla famiglia Regeni, durante la seconda autopsia eseguita appunto ieri sera e disposta dal pm della procura di Roma Sergio Colaiocco che ha aperto un’inchiesta per omicidio a carico di ignoti. Anche gli altri risultati della ricerca condotta dall’anatomopatologo del Policlinico, Vittorio Fineschi, sono molto importanti per confermare quanto sembrerebbe già emerso sulle cause ultime della morte di Giulio o scoprire nuovi indizi per le indagini.
Il Guardasigilli Andrea Orlando, che allo scalo di Fiumicino si è intrattenuto alcuni minuti in un incontro privato con Claudio Regeni e Paola Deffendi, ha chiesto con fermezza al governo egiziano di appurare la verità su questa atrocità e sul depistaggio: «Sono qui per affermare il mio profondo cordoglio e quello del Governo, e la vicinanza alla famiglia Regeni. Ma sono qui anche per affermare la volontà del Governo affinché sia raggiunta al più presto la verità e che sia fatta giustizia – ha detto – Per questo chiediamo piena collaborazione alle autorità egiziane e chiediamo loro di agire con determinazione, trasparenza e rapidità. Da parte nostra abbiamo assicurato da subito una disponibilità alla cooperazione: lo hanno fatto le forze dell’ordine presenti al Cairo e lo hanno fatto le nostre autorità giudiziarie impegnate per competenza alla ricerca della verità, nell’ambito dell’ordinamento italiano».
fonte: il Manifesto
http://ilmanifesto.info/il-ritorno-del-corpo-che-accusa/