di Renzo Baricelli
Si è appena chiusa una campagna di raccolta firme indetta da vari comitati referendari per chiedere che siano sottoposti al voto degli italiani diversi quesiti per cambiare punti importanti di alcune leggi dello stato.
Le procedure sono uguali per tutti i referendum nazionali, fatta eccezione per quello relativo alle eventuali modifiche della costituzione che è regolato e previsto esplicitamente nella costituzione stessa.
Adesso prendiamo in esame i due referendum di cui si parla di più: quello sulle modifiche alla costituzione e quello sulle modifiche alla legge elettorale Italicum.
E’ bene chiarire subito che non sono la stessa cosa. Sono due referendum distinti e indipendenti uno dall’altro e si svolgeranno in tempi differenti: quello sulla Costituzione in ottobre di quest’anno mentre quello sull’Italicum, presumibilmente, nel marzo del 2017.
La Costituzione è la legge fondamentale dello stato e riguarda la libertà, i diritti e i doveri di tutti gli italiani e il funzionamento democratico delle istituzioni.
Per questa ragione occorre seguire precise e particolari procedure;
Le eventuali modifiche devono essere approvate con doppia votazione, a distanza di almeno 6 mesi una dall’altra, dal parlamento, cioè da Camera dei deputati e Senato con una maggioranza qualificata di 3 quinti dei componenti.
Nel caso attuale, la legge con le modifiche alla Costituzione presentata dal ministro Elena Boschi non ha ottenuto la maggioranza qualificata e perciò deve essere sottoposta a referendum.
Non è nelle facoltà del Governo (e tanto meno del Presidente del Consiglio) concedere o no il referendum. Il Governo ha l’obbligo di indirlo quando richiesto, seguendo le procedure previste.
Infatti, ed è bene che tutti gli italiani lo sappiano, un numero sufficiente di parlamentari, appartenenti a tutti i gruppi di opposizione, hanno subito firmato la richiesta.
Perciò il governo ha l’obbligo di indire il referendum costituzionale.
E’ importante sapere che questo referendum è valido indipendentemente dal numero dei votanti. Cioè non ha bisogno di raggiungere un quorum.
(A differenza degli altri referendum che devono superare un numero di votanti pari al 50% più uno degli elettori.)
Il coordinamento democrazia costituzionale a cui aderiscono i comitati referendari locali che si sono costituiti in tutta Italia ha costantemente e pubblicamente informato delle adesioni alla campagna referendaria da parte di moltissime associazioni, partiti, organizzazioni sociali e di innumerevoli adesioni individuali. E naturalmente le organizzazioni e i partiti della sinistra.
Sono convinto che portare a conoscenza di queste vastissime adesioni tutti i cittadini e, per quanto ci riguarda quelli di Sesto San Giovanni e degli altri comuni del nord Milano, sarebbe molto utile e positivo. Per avere tutte le informazioni suggerisco di consultare i siti internet digitando “referendum coordinamento democrazia costituzionale”.
Quindi mi limito citando i punti 1), 2) e 7) del documento conclusivo della riunione dei comitati referendari del 5 maggio 2016 :
1) “Prendiamo atto con soddisfazione della decisione del movimento 5Stelle di aderire alla campagna referendaria e di impegnarsi nella raccolta delle firme sui tre quesiti proposti dai comitati; proponiamo la creazione di uno stretto coordinamento operativo e logistico, fermoa restando l’autonomia politica e gestionale del movimento.
2) E’ molto importante l’appoggio alla campagna da parte dell’ ANPI, della FIOM e dell’ARCI che hanno garantito un appoggio organizzativo e logistico…
7) occorre creare delle sinergie organizzative con i promotori degli altri referendum, in particolare quelli sulla scuola….
Per concludere, è d’obbligo riconoscere l’impegno eccezionale profuso dagli amici e compagni del coordinamento democrazia costituzionale di Sesto S.G. che hanno organizzato i banchetti per la raccolta delle firme (circa 900) e portato a conoscenza di migliaia di cittadini le ragioni del no ai cambiamenti della Costituzione e della necessità democratica di abrogare lo scandaloso premio di maggioranza e il blocco dei capilista dalla legge elettorale Italicum.