Referendum: 4 Sì per uscire dall’austerità

Quattro Sì per uscire dall’austerità

L’iniziativa . 500 mila firme entro 90 giorni contro il Fiscal compact. Nel comitato promotore economisti, sindacalisti, parlamentari di tutti gli schieramenti politici. Per eliminare le disposizioni che obbligano governo e parlamento a fissare obiettivi di bilancio più gravosi di quelli definiti in sede europea

Novanta giorni, da gio­vedì 3 luglio a mar­tedì 30 set­tem­bre. È que­sto il tempo a dispo­si­zione del comi­tato pro­mo­tore dei quat­tro refe­ren­dum «Stop all’austerità, sì alla cre­scita, sì all’Europa del lavoro e di un nuovo svi­luppo» per rac­co­gliere 500 mila firme e con­vo­care una con­sul­ta­zione popo­lare sul Fiscal com­pact, il «pilota auto­ma­tico» che obbli­gherà l’Italia a tagliare il debito pub­blico dal 133% al 60% a par­tire dal 2016 fino al 2036.

Com­po­sto da eco­no­mi­sti, giu­ri­sti e sin­da­ca­li­sti di diverso orien­ta­mento cul­tu­rale e poli­tico, dall’ex vice­mi­ni­stro Pdl dell’Economia, Mario Bal­das­sarri, al sin­da­ca­li­sta Cgil Danilo Barbi, dagli eco­no­mi­sti Ric­cardo Real­fonzo e Gustavo Piga, a Cesare Salvi, Laura Pen­nac­chi e Paolo De Ioanna, ieri alla pre­sen­ta­zione dell’iniziativa alla Camera dei depu­tati il comi­tato si è mostrato fidu­cioso sulla pos­si­bi­lità di sca­lare una vetta impe­gna­tiva in breve tempo. Un giu­ri­sta come Giu­lio Salerno ritiene che i quat­tro que­siti refe­ren­dari su alcune dispo­si­zioni della legge 243 del 2012 (la legge che ha attuato il prin­ci­pio di equi­li­brio del bilan­cio pub­blico intro­dotto dalla legge costi­tu­zio­nale n°1 del 2012), pos­sano essere giu­di­cati ammis­si­bili dalla Corte Costituzionale.

Il refe­ren­dum si rivolge ad una legge ordi­na­ria di attua­zione della Costi­tu­zione e non com­por­terà la vio­la­zione degli obbli­ghi con­tratti dal nostro paese in sede euro­pea o in un trat­tato inter­na­zio­nale, fat­ti­spe­cie che non potreb­bero essere oggetto di una con­sul­ta­zione refe­ren­da­ria. Secondo Giu­lio Salerno, pur essendo stato votato dalla mag­gio­ranza asso­luta dei mem­bri delle Camere, il pareg­gio di bilan­cio non può essere con­si­de­rato una norma «rin­for­zata e orga­nica». In più, non tutte le parti del pila­stro dell’austerità finan­zia­ria sono costi­tu­zio­nal­mente vin­co­late. È anzi pos­si­bile abro­gare i punti che non inci­dono diret­ta­mente sulla defi­ni­zione del bilan­cio dello Stato.
Que­sto aspetto è stato stu­diato nell’ultimo anno in una serie di incon­tri e di pub­bli­ca­zioni curate dall’associazione «Viag­gia­tori in movi­mento». Creata dall’economista Gustavo Piga, a que­sta asso­cia­zione par­te­ci­pano anche poli­tici della prima e della seconda Repub­blica quali Mario Segni, Gior­gio La Malfa, Enzo Carra e Paolo Cirino Pomi­cino, oltre che Bruno Tabacci e Cesare Salvi. Una volta com­po­sto il comi­tato pro­mo­tore, e otte­nuto l’impegno della Cgil a rac­co­gliere le firme durante l’estate, si è pre­ci­sata la rispo­sta all’insidioso argo­mento sull’ammissibilità del refe­ren­dum anti-austerity. Tranne il rife­ri­mento ai para­me­tri giu­ri­dici euro­pei, la legge 243 del 2012 non accenna al trat­tato inter­na­zio­nale costi­tu­tivo del Fiscal com­pact. Quest’ultimo non riguarda l’Unione euro­pea, ma gli stati che hanno ade­rito alla moneta unica. Il comi­tato pro­mo­tore ritiene così di avere aggi­rato i divieti per l’iniziativa referendaria.

I quat­tro «Sì» richie­sti potreb­bero modi­fi­care l’applicazione «ottusa» del prin­ci­pio dell’equilibrio di bilan­cio, eli­mi­nando alcune gravi stor­ture intro­dotte dal par­la­mento ita­liano. Si vuole così eli­mi­nare le dispo­si­zioni che obbli­gano governo e par­la­mento a fis­sare obiet­tivi di bilan­cio più gra­vosi di quelli defi­niti in sede euro­pea. Il refe­ren­dum abroga la dispo­si­zione che pre­vede la cor­ri­spon­denza tra il prin­ci­pio costi­tu­zio­nale di bilan­cio e il con­sid­detto «obiet­tivo a medio ter­mine» sta­bi­lito in Europa, una norma che non è impo­sta dal Fiscal com­pact. Vin­cendo il refe­ren­dum, l’Italia potrebbe ricor­rere all’indebitamento per rea­liz­zare ope­ra­zioni finan­zia­rie, un’azione oggi vie­tata. Infine, ver­rebbe abro­gata l’attivazione auto­ma­tica del mec­ca­ni­smo che impone tasse o tagli alla spesa pub­blica in caso di non rag­giun­gi­mento dell’obiettivo di bilan­cio, deciso dai trat­tati inter­na­zio­nali e non dall’Unione europea.

Al di là dei tec­ni­ci­smi, il signi­fi­cato del refe­ren­dum è poli­tico. Vuole rom­pere l’embargo intel­let­tuale e la para­lisi poli­tica creata dal com­mis­sa­ria­mento della poli­tica eco­no­mica da parte delle lar­ghe intese e rac­co­gliere un con­senso dif­fuso sul fatto che i trat­tati euro­pei vanno cam­biati, non sem­pli­ce­mente appli­cati. Secondo l’economista Ric­cardo Real­fonzo, la pro­spet­tiva indi­cata dal pre­si­dente del Con­si­glio Renzi, quella dell’«austerità fles­si­bile», è ina­de­guata: «Va incon­tro ai Paesi in dif­fi­coltà senza però cam­biare real­mente il disa­stro pro­dotto dalle poli­ti­che ispi­rate all’”austerità espan­siva” — afferma — Tra l’altro sono stati fatti errori enormi sui mol­ti­pli­ca­tori fiscali. È scien­ti­fi­ca­mente pro­vato ormai che, ad esem­pio, un taglio da 10 miliardi di euro alla spesa pub­blica implica una per­dita di 17 miliardi di euro del Pil. Renzi vuole atte­nuare l’austerità invo­cando la fles­si­bi­lità dei trat­tati, ma in realtà si è impe­gnato a rag­giun­gere gli stessi obiet­tivi di lungo periodo sta­bi­liti nei trat­tati. Per que­sto oggi abbiamo biso­gno di una spinta dal basso per eser­ci­tare una pres­sione sul governo ita­liano e quelli euro­pei. Biso­gna dare un segnale forte».

Ad oggi hanno ade­rito alla cam­pa­gna refe­ren­da­ria Sel e alcuni espo­nenti del par­tito Demo­cra­tico. Per l’ex vice-ministro dell’economia Ste­fano Fas­sina (Pd), il refe­ren­dum è l’unica strada «per sal­vare l’Europa» anche se il «Par­la­mento non è ancora con­sa­pe­vole della dram­ma­ti­cità della que­stione», così come lo stesso Renzi non ha «dato la sen­sa­zione di essere con­sa­pe­vole». Al refe­ren­dum sarebbe inte­res­sato anche Gianni Cuperlo. L’ex Sel, Gen­naro Migliore, pas­sato al gruppo misto, lo sostiene. «Oggi si fa molta reto­rica sull’austerità – ha detto Giu­lio Mar­con (Sel) – ma sulle scelte poli­ti­che non si fa un passo avanti. I trat­tati vanno cam­biati, il refe­ren­dum ci offre uno stru­mento per rilan­ciare il dibattito».

fonte: il Manifesto

http://ilmanifesto.info/quattro-si-per-uscire-dallausterita/