la foto restiamo umani è di Francesco Piccinini di Fanpage.it
Una ricerca recentissima riportata dal CIRDI (Centro di Informazione su Razzismo e Discriminazioni in Italia) rivela che in Italia si riscontra la più alta percentuale in Europa di persone ostili alle minoranze, in particolare a rom, musulmani ed ebrei, con l’86 per cento di persone che vedono con sfavore i rom, sei italiani su dieci diffidenti verso i musulmani, un italiano su 5 con qualche pregiudizio nei confronti degli ebrei. Il Terzo Libro Bianco sul razzismo in Italia a cura di Lunaria rivela un aumento esponenziale delle violenze e delle discriminazioni di stampo etnico-razziale: dal 1 settembre 2011 al 31 luglio 2014 si passa da 156 a 2566 segnalazioni.
La Stampa, inoltre, pubblica uno studio preoccupante di Ires Piemonte: per un piemontese su due, avere un musulmano come vicino di casa è un problema. Ma il fatto più inquietante è che il dato, a distanza di un anno, è crollato: se nel 2014 alla domanda: “È un problema avere una famiglia musulmana come vicina di casa?” il 73,5% aveva risposto di no, oggi a non aver alcun tipo di timore è il 56,2 per cento. La situazione peggiore si registra a Novara: nel 2014 il 65% dei residenti non aveva problemi ad avere un vicino musulmano, mentre oggi solo il 35% continua a confermare questo orientamento. A Torino si è passati dal 64,7% al 40,9. Purtroppo questo movimento regressivo verso una maggiore diffidenza nei confronti della differenza non è isolato; alla domanda: “Non hai problemi ad avere un gay o una lesbica come vicino?” dal 75,8% di “no” del 2014 si è scesi al 63,5%.
Se abbiamo un’emergenza, è qui di fronte a noi e non si chiama immigrazione. Le emergenze si chiamano guerra e povertà. Lo dice Emma Bonino in un’intervista al Manifesto: “Quello migratorio è un fenomeno strutturale e anche se ci sono delle punte emergenziali nei vari continenti, convive da sempre con l’umanità”. Per inciso – la politica estera europea ha avuto spesso un ruolo non da poco nel provocare queste “punte”. L’Alto commissario per i Rifugiati, António Guterres, ha definito “terrificante” il fatto che “da un lato coloro che fanno scoppiare i conflitti risultino sempre i più impuniti, e dall’altro sembri esserci una totale incapacità da parte della comunità internazionale a lavorare insieme per costruire e mantenere la pace”. Mentre la politica sull’immigrazione a livello nazionale e comunitario stenta a superare timidezze, cinismo, egoismi e inadeguatezze, montano paura, rabbia, diffidenza e razzismo.
In un contesto in cui, nel giro di un solo anno, stanno tornando maggioranza le persone che provano disagio nei confronti del diverso, non possiamo sentirci tranquilli, non possiamo “stare sereni”. Servirebbe un’analisi non sbrigativa di come ciò sia avvenuto, ma è chiaro che il perdurare della crisi e della sofferenza sociale da un lato e l’attecchire di un messaggio di rancore, che attribuisce le cause del disagio, delle diseguaglianze, delle ingiustizie, alla presenza di rom e migranti, hanno inciso. Gli organi di informazione, i meccanismi dell’audience e della rappresentazione dello scontro politico hanno una grande responsabilità nella diffusione di questo messaggio. Negli anni ’50 Vasilij Grossman scrisse che l’antisemitismo era “lo specchio dei difetti del singolo, della società civile e del sistema statale”, “l’espressione dell’ignoranza delle masse che non sanno trovare una ragione a disgrazie e patimenti” e la cercano fra gli ebrei, anziché “nello Stato o nella società”. Con i necessari distinguo, temo che qualcosa di analogo si possa dire del razzismo oggi dilagante.
Da qualche tempo in molti si chiedono come contrastare il populismo e l’ascesa delle nuove destre xenofobe. Il franchising dell’odio ha ormai affiliati ad ogni angolo di questo paese. La realtà ci dice che stanno già vincendo, prima che sul piano elettorale su quello culturale. I benzinai della paura sanno di vendere un prodotto low cost in tempi di crisi. Questi rivenditori sanno che è più comodo prendersela con gli ultimi che con i potenti. I dati che avete letto lo dimostrano. Bisogna stare attenti. Nessun movimento può fermare questa ascesa se non si contrasta alla radice il germe della paura. Spesso invece la tentazione di molti politici di fronte a un arretramento da parte della società civile è di assecondarlo. Questo realismo cinico è determinante nei tentennamenti sulle politiche migratorie da parte dei Paesi dell’Unione, che si pongono il problema di rispondere a elettori e opinione pubblica.
Noi però non possiamo accettare questa dinamica. La nostra azione civile deve essere più forte, più visibile. Quelli di noi che lavorano nelle amministrazioni, nelle regioni, devono fare di più, non di meno, per l’accoglienza, per l’avanzamento dei diritti, per la piena cittadinanza di tutte e tutti. Proposte più coraggiose, più generose, in direzione ostinata e contraria. Per questo vogliamo nel contempo i corridoi umanitari e il reddito di autonomia, politiche per il diritto alla casa e i matrimoni egualitari. Solo facendo questo, facendo di più, e mostrando che non inciderà negativamente sulle vite di tutti e tutte, potremo invertire la rotta.
fonte: Huffington Post
http://www.huffingtonpost.it/marco-grimaldi/come-profondo-il-male_b_7611004.html?utm_hp_ref=cronaca