Quando gli antifascisti salvarono la nostra democrazia

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SAVERIO FERRARI3 LUGLIO 2020DIRITTIIN EVIDENZAPOLITICASOCIETÀ

Nei primi giorni di luglio del 1960 l’antifascismo vecchio e nuovo, i partigiani e i giovani con le “magliette a strisce” bloccarono le mire eversive del governo Tambroni e del Msi

Gli avvenimenti del luglio 1960 segnarono, sessant’anni fa, un indubbio momento di svolta per l’Italia. Presero avvio a seguito della costituzione del governo di Fernando Tambroni con l’appoggio determinate del Movimento sociale italiano, il partito neofascista. Un monocolore democristiano che ottenne il 9 aprile di quell’anno 300 voti favorevoli alla Camera a fronte di 293 contrari. L’Msi poteva allora contare su 24 seggi, e risultò decisivo. L’iter parlamentare si concluse al Senato il 29 aprile con 128 voti favorevoli e 110 contrari. Solo pochi giorni prima, il 25 aprile, nell’anniversario della Liberazione, gli stessi senatori del Msi si erano rifiutati di partecipare alla commemorazione ufficiale.

Non era la prima volta che i missini facevano confluire i propri voti a sostegno di monocolori democristiani o ne avevano favorito l’insediamento. Era già accaduto con Giuseppe Pella nel 1953, quando si astennero al Senato, e con Adone Zoli nel 1957 quando lo sostennero esplicitamente. Per la cronaca, nell’agosto del 1957 Adone Zoli contraccambiò l’appoggio ricevuto consentendo il trasferimento dei resti di Benito Mussolini a Predappio, suo luogo di nascita. Ma nel 1960 fu la prima volta che un governo arrivava a reggersi solo grazie ai voti del partito neofascista.

Il passato di Fernando Tambroni
Fernando Tambroni, iscrittosi nel 1926 al Partito nazionale fascista, nonché camicia nera nella Milizia volontaria con il grado di centurione, era stato ministro dell’Interno dal 1955 al 1959. Non sono molte le fonti per una sua biografia, ma sappiamo, quasi un presagio, che già nell’aprile 1955 era stato proprio lui a trattare col Msi i voti per fare eleggere Giovanni Gronchi Presidente della Repubblica e che Gronchi gliene ne fu sempre riconoscente intervenendo personalmente affinché diventasse ministro. Tambroni in un suo libro, pubblicato proprio nel 1960, e dedicato in gran parte al «problema del comunismo», manifestò concezioni da “Stato forte” asserendo la necessità dell’intransigenza «verso chiunque volesse violare le leggi», prendendosela in particolare con «gli strati più umili» colpevoli di aver poco «senso dello Stato». Diversi furono su questa linea anche i suoi discorsi in Parlamento, dove, tra l’altro, intervenne compiaciuto nel 1958 per commentare l’arresto di Carla Capponi (medaglia d’oro della Resistenza), fermata a Roma per aver partecipato a una manifestazione non autorizzata.

La convocazione del congresso missino a Genova
Con l’intento di incassare i frutti politici dell’appoggio dato al monocolore democristiano, l’Msi decise il 14 maggio di tenere dal 2 al 4 luglio il suo sesto congresso nazionale a Genova, città medaglia d’oro della Resistenza. Circolò anche la notizia, apparsa sul «Secolo d’Italia» (il quotidiano missino), che il congresso sarebbe stato presieduto dall’ex prefetto repubblichino Carlo Emanuele Basile, collaboratore dei nazisti proprio a Genova nella feroce repressione del 1943-1945, con la fucilazione di numerosi partigiani e la deportazione di quasi 1.500 operai in Germania. Trapelò anche la voce che sarebbe stato presente Junio Valerio Borghese, il famoso comandante della X Mas. Oltretutto la sala prescelta per il congresso, il Teatro Margherita, si trovava a meno di 50 metri dal sacrario dei caduti partigiani. Fu l’inizio della rivolta.

Sale la tensione
Vi erano già state alcune avvisaglie, fuori Genova, del crescere della tensione. A Livorno, dal 18 al 21 aprile, si ebbero pesanti e ripetuti scontri, solo in apparenza originati da futili motivi, tra giovani e folti gruppi di paracadutisti della locale caserma; a Bologna, il 21 maggio, un comizio di Giancarlo Pajetta, uno dei massimi dirigenti del Pci, venne interrotto da violente cariche della polizia, mentre a Milano, il 7 giugno, la sede del Partito radicale venne devastata da una squadraccia fascista capitanata da un noto esponente missino…per continuare a leggere cliccare: https://left.it/2020/07/03/quando-gli-antifascisti-salvarono-la-nostra-democrazia/